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martedì 17 novembre 2015

Gioia o vergogna? - Luca 13:10/17

Il Signore si trova in una Sinagoga, un luogo dove ci si aspetterebbe di trovare persone timorate di Dio interessate ad ascoltare le Scritture per conoscere l’amore di Dio e disponibili le une verso le altre nel praticare il bene.
In quella circostanza è presente una povera donna inferma da diciotto anni. Curva, incapace di raddrizzarsi, come rischiamo di essere noi quando i nostri sguardi sono rivolti verso le cose della terra o quando ci ostiniamo a portare dei pesi che il Signore vorrebbe portare per noi. Tuttavia, “il SIGNORE rialza gli oppressi” perché vuole che “camminiamo a testa alta” (Sl 146:8 – Le 26:13).

Il Signore la chiama a Sé e la guarisce incurante delle reazioni che tale fatto  susciterà. Ancora una volta un miracolo serve da pretesto ai Suoi avversari e, il capo della Sinagoga, è il primo ad indignarsi perché questo miracolo è stato fatto in giorno di Sabato.

Lo zelo esteriore per le ordinanze della legge, la mancanza di amore, l’ipocrisia avrebbero preferito che questa donna rimanesse ancora curva sotto il peso della sua infermità, ma Il Signore interviene cogliendo l’occasione per coprire di vergogna i Suoi avversari e rallegrare gli altri per le opere che compiva.

Facciamo attenzione a come reagiamo di fronte alla grazia di Dio. Essa interviene ed opera in ogni momento. Sappiamo sempre rallegrarci quando vediamo con quale cura il Signore interviene nella vita dei Suoi riscattati? Se qualche volta troviamo che l’intervento divino nella vita degli altri sia “inopportuno”, forse, non abbiamo il pensiero del Signore.

Facciamo attenzione dall’avere più cura di ciò che possediamo piuttosto che dell’amore verso le anime perché il Signore ci coprirebbe di vergogna, sappiamoci rallegrare della Sua infinita misericordia.


            D.C.