Questo capitolo ci porta a considerare la persona del Signore come “il
buon pastore”, colui che è stato valutato trenta sicli d’argento (12). Coloro
che lo hanno stimato così hanno pensato forse che fosse un buon prezzo, ma
quello divino è: “gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo!” Dio non sa
che farsene di siffatte stime!
Il profeta passa in rassegna una serie di personaggi (5) che ci
presentano, col loro modo di agire, coloro che tengono sotto il loro giogo le
pecore che il Signore, il Buon Pastore, vuole raccogliere e pascere.
I compratori sono coloro che le
possiedono. È il mondo che opprime e uccide, che tiene schiavo ogni uomo e
senza che per questo nessuno lo ritenga colpevole;
i venditori sono coloro che da questo commercio trovano non solo del
lucro, ma che spacciano la loro presunta ricchezza come una benedizione di Dio;
i pastori sono quei conduttori religiosi che non si prendono cura delle
pecore e lasciano che questa compra/vendita sia cosa normale. Il Signore li
definirà “mercenari” (Giovanni 10:12) che al primo rischio per la loro vita
lasceranno il gregge in balia del pericolo.
A fronte di questi c’è il Signore che è stato mandato in questo mondo a
“pascolare le pecore destinate al macello” (7). Non eravamo tali tutti noi? Quale
grazia abbiamo trovato in colui che ha preso il nostro posto “come l’agnello
condotto al mattatoio” (Isaia 53:7).
Questa consapevolezza ci dia di sapere esporre a tutti gli uomini qual è
il loro vero stato in questo mondo e presentare l’unica persona che può salvare
da questa condizione: il buon pastore!
D.C.