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sabato 21 novembre 2015

La porta stretta - Luca 13:22/30

Il Signore prosegue il viaggio verso Gerusalemme e insegna in ogni città e villaggio che attraversa. Momento solenne per chi ascolta: forse è l’ultima volta che il Signore passa di là e uno degli ascoltatori chiede, forse preoccupato, se i salvati saranno pochi.

La domanda fatta al Signore è molto opportuna ma ciò che è ancora più importante è di sapere chi sarebbe salvato e come lo sarebbe stato. Egli risponde dicendo che per entrare occorre uno sforzo, perché la porta è stretta, che qualcuno cercherà di entrare ma non potrà, che la porta non rimarrà aperta all’infinito  perché arriverà il momento in cui, il padrone di casa, si alzerà e la chiuderà.

Allora non si tratterà di avere privilegi, di avere goduto qualche attimo della compagnia del Signore (26) ma della realtà del cuore e il solo che li legge sentenzia: “io non so da dove venite” (25), allontanatevi da me … malfattori” (27). Occorre che ogni uomo creda col cuore riconoscendo il suo stato di peccato perché la porta è stretta e non si può passare attraverso di essa con il fardello dei peccati, ma solo spogliati di tutto ciò che fa l’orgoglio dell’uomo naturale.

Buone opere, religiosità, sapienza umana e mille altre cose possono sembrare, in apparenza, un ingresso più facile, ma la porta stretta di un Cristo crocifisso non dà accesso a chi non si è sbarazzato di queste cose. Possiamo frequentare dei credenti, partecipare a delle riunioni cristiane, essere nati da genitori credenti, ma nessuno di questi privilegi ci permetterà di entrare per quella porta.

Non ci sono due porte come non ci sono due modi per entrare prima che la porta sia chiusa. Pietro lo ricorda ai Giudei: “in nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (At 4:12).

Questa porta è ancora aperta. È il Signore che ha aperto questa porta e  nessun altro potrà chiudere ma, quando la chiuderà, nessuno potrà aprirla di nuovo (Ap 3:7).


D.C.