Nella mia angoscia invocai il SIGNORE, gridai al mio Dio. Egli udì la mia voce… il mio grido giunse a lui, ai suoi orecchi.
Salmo 18:6
In pace mi coricherò e in pace
dormirò, perché tu solo, o SIGNORE, mi
fai abitare al sicuro.
Salmo 4:8
Si chiamava “Dolore”
Un bambino è appena nato. Il
parto purtroppo è stato difficile, con grandi sofferenze per la mamma. Lei lo
chiama “Iabes” poiché, dice, “l’ho partorito con dolore” (1 Cronache 4:9). Un
nome che ha segnato l’infanzia di questo ragazzo.
Diventato adulto, Iabes fa una
preghiera, apre il suo cuore a Dio e gli espone tutta la sua preoccupazione:
“Benedicimi, ti prego; allarga i miei confini; sia la tua mano con me e
preservami dal male in modo che io non debba
soffrire”. Non esita a chiedere molte cose, tanto è segnato dal
problema della sofferenza; forse si augura di troncare con questo “dolore”
legato al suo nome. Così si affida alla bontà di Dio che può liberarlo e
benedirlo. Come risponde Dio? “Dio gli concesse quanto aveva chiesto” (1
Cronache 4:10). Il testo biblico aggiunge: “fu più onorato dei suoi fratelli”.
Se la nostra infanzia ha lasciato
delle cicatrici dolorose, invochiamo Dio e diciamogli tutto il nostro dolore. Il Creatore che ci ha formati, e ci ha amati ancor prima del nostro
concepimento, non ci deluderà. Avviciniamoci a Lui con fede e
apriamogli il cuore. Egli desidera liberarci dall’amarezza e dal risentimento;
vuole donarci una pace che supera ogni comprensione. Gesù ha detto: “Colui che
viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37).