Fare delle domande può essere segno di
un buono stato spirituale e manifesta il desiderio di essere istruiti per
piacere a Dio.
In questi versetti, però, assistiamo,
al contrario, a domande che sono il frutto dell’incredulità o, quanto meno, della
semplice curiosità intellettuale.
La ragione umana trova delle difficoltà
a comprendere ciò che la fede afferra in un istante. Quest’ultima, infatti,
riconosce la potenza di Dio. L’intellettualismo è un grande ostacolo per il
credente, perché egli corre il pericolo di appoggiarsi alla sua intelligenza
naturale senza lasciarsi prima investigare dalla Parola di Dio per poi essere
portato in presenza del Signore.
Alcuni dei credenti di Corinto potevano
non avere conoscenza di Dio (34), dimenticando che Dio ha “reso pazza la sapienza di questo mondo” (1 Co 1:20) e che le cose
profonde di Dio sono conosciute solo per lo Spirito di Dio (1 Co 2:12).
Paolo, che conosce bene le speculazioni
dell’essere umano, definisce il suo interlocutore un: “insensato” (36) e risponde alle sue domande attraverso delle
immagini tratte dalla natura stessa e mettendo in contrasto le differenze
fondamentali che esistono tra il corpo terreno e quello spirituale (40), fra
Adamo e Cristo, fra il primo uomo ed il secondo (47).
v Come risusciteremo?
(37/41)
Il Signore aveva già usato la stessa
similitudine per parlare della Sua morte e della Sua risurrezione. Qui Paolo usa
la stessa analogia facendone un’applicazione un po’ diversa. Un seme è gettato
nella terra così com’è, ma quando esce fuori di nuovo è completamente un’altra
cosa: da un chicco di grano ne esce una spiga e questo piccolo esempio dimostra
la sovranità di Dio (38). Nella creazione, sia che osserviamo l’infinitamente
piccolo che l’infinitamente grande non possiamo che scorgervi il dito di Dio,
potrebbe essere diversamente in risurrezione?
v Con quale corpo? (42/44)
Il corpo attuale del credente è
corruttibile, ignobile, debole e naturale, cioè
adatto alla vita sulla terra, ma risusciterà incorruttibile, glorioso,
potente e spirituale cioè adatto alla vita del cielo. Sarà trasformato in
conformità al corpo glorioso del Signore (Fl
3:21) per essere simili a Lui (1 Gv 3:2).
In risurrezione noi porteremo
l’immagine del celeste (48/49), ma già in questo mondo dobbiamo realizzarne i
caratteri, perché: “quale Egli è, tali
siamo anche noi in questo mondo” (1 Gv 4:17).
Accettiamo
dunque questa realtà meravigliosa e tutte le implicazioni e le esigenze che ne
derivano. Facciamo attenzione a non svilire questa verità con una condotta
mondana che non conviene a coloro che sanno di essere del cielo!
D.C.