Questa
parabola parla di due figli che sono inviati dal padre per lavorare nella sua
vigna. Dio è il Padre di tutti gli uomini (Ef. 4:6), che lascia in questo mondo
affinché compiano la Sua
volontà lavorando per Lui. Chi sarà il servitore che obbedirà in modo perfetto?
Uno solo: Gesù Cristo, il figlio diletto del Padre.
I due
figli della parabola rappresentano, dunque, l’umanità intera, eccetto Gesù!
& “Vado signore” (29)
È la
risposta data dal primo dei figli che dà la sua disponibilità, ma poi mostra la
sua disobbedienza non andando affatto al lavoro. Questo primo figlio
rappresenta tutti coloro che affermano di obbedire a Dio, ma in realtà non si
sottomettono alla Sua volontà. Essi seducono se stessi, abusano degli altri ma
non potranno evitare di incontrare il giudice che li condannerà mettendo in
evidenza tutta la loro responsabilità (31).
& “Non ne ho voglia” (30)
È la
risposta del secondo figlio, che afferma di non voler obbedire, ma poi, preso
dal rimorso, cambia attitudine. Questo secondo figlio rappresenta tutti i
peccatori che, toccati dalla grazia di Dio, si convertono e ricevono la forza
di compiere la volontà di Dio mettendosi al Suo servizio.
& “L’ultimo”
Il
Signore obbliga i Suoi interlocutori a trarre da soli delle conclusioni. La
risposta è giusta ed il Signore pone, allora, ognuno al proprio posto. Aveva
già affermato che “gli ultimi saranno i primi” (20:16) ora afferma che quelle persone
che loro disprezzavano di più sarebbero entrate nel regno di Dio per prime
(31).
Sono
molti coloro che, come queste persone, si ammantano della propria giustizia, ma
rimangono fuori della porta nel giorno che viene offerta loro la grazia.
Professano di conoscere Dio (Tt 1:16) e sono, forse, anche in grado d’insegnare
“la via della giustizia” (32), la
strada per la salvezza, ma non hanno applicato tutto questo a loro stessi.
Vedranno
passarsi davanti una schiera di miserabili (così hanno pensato di loro), ma che
hanno ottenuto il perdono di Dio.
Resteranno là, rifiutando di credere e
di obbedire e saranno, per sempre, “nelle
tenebre di fuori” (Mt 8.12).
D.C.