Questa parabola presenta, prima di tutto, ciò che Dio si propone nel regno
dei cieli: glorificare il Suo Figliolo, visto qui in figura come un invito alle
nozze.
& Venite alle nozze (1/7)
Dio manda i Suoi servi a portare gli inviti, ma non trovarono che
rifiuti. È da notare che è chiaramente detto, degli invitati, che “non vollero”: fu una scelta consapevole.
Questi primi invitati rappresentano il Suo popolo che, però, mostrò di avere un
cuore insensibile (Mt 13:15).
È rivolto un secondo invito e le parole sono ancora più significative: “tutto è pronto, venite”. L’opera di Dio
è fatta, completa, attraverso il sacrificio di Cristo. È bello notare che non
si fa pesare la colpevolezza del crimine di cui questo popolo si macchia, ma si
sottolinea la grazia di Dio che si rivolge agli stessi invitati.
Sarà inevitabile l’ira di Dio su coloro che hanno rifiutato l’invito ed i
primi a portarne le conseguenze sono stati proprio i Giudei (7) che ha portato,
per quasi duemila anni, come conseguenza di questo rifiuto la distruzione della
nazione.
Se questi invitati non accettarono l’invito mostrando, così, la loro indegnità,
allora l’invito sarà rivolto ad altri e dovrà essere fatto verso tutti senza
nessun criterio di scelta particolare: “quanti
troverete”. Tutti furono radunati, buoni e cattivi finché la sala fu piena
(10).
& L’abito delle nozze (8/14).
Solo più tardi, il re, che ha preparato questa festa, entra e prende in
considerazione il reale stato delle cose. Ai tempi del Signore era uso per chi
faceva una festa provvedere anche agli abiti con cui presentarsi. Comprendiamo
così lo stupore nel notare che un uomo non aveva l’abito che il re aveva
certamente fornito anche agli altri. “Egli
(Dio) mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello
della giustizia” (Is 61:10); quella dell’uomo non ha alcun valore (Mt 5:20
– Fl 3:9).
Il re aveva provveduto all’invito ed al vestito per parteciparvi, non
averlo significava avere disprezzato un Suo dono. In figura quest’uomo
rappresenta coloro che fanno una professione esteriore di fede ma che, nella
realtà, non sono rivestiti di Cristo (Ro 13:14). Per tali persone non vi è che
un destino eterno “nelle tenebre di fuori”.
D.C.