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sabato 3 gennaio 2015

Uno sguardo che parla

Sono circa le ore 15 del 2 marzo 1996.
Sono solo, disperato, la mia esistenza non ha più nessun senso. 
Ho litigato per l’ennesima volta con la mia amica, e sono nauseato della vita e delle sue numerose sofferenze.
Sono sul lavoro, e mi comunicano che qualcuno desidera parlarmi. 
È mio fratello Oliviero, da poco convertito a Gesù Cristo. 
Anch’io ho ascoltato l’Evangelo, ma non sono credente.
Sento il bisogno di parlare, e non esito a dire ad Oliviero ciò che mi pesa sul cuore. 
Egli mi ascolta e mi guarda. 
Il suo sguardo è pieno di compassione e di speranza. 
Desidererei che mi dicesse qualcosa, una parola di conforto, ma non mi dice nulla e continua a guardarmi con la stessa espressione. 
Un’espressione carica di affetto che non è la sua, ma quella del suo Salvatore.
Poi mi dice che deve andare via. 
Non lo trattengo, benché avrei tanto piacere che rimanesse ancora un po’.
Mi ritrovo nuovamente solo, pensando a quello sguardo che m’invita a rivolgermi a Gesù.
Sono le 18. 
Toccato dalla grazia di Dio mi metto in ginocchio, confesso i miei peccati a Lui e accetto col cuore il suo Figlio Gesù come il mio Salvatore e Signore.

Gesù, guardatolo l’amò”  (Marco 10:21).

Per voi che languite
In mezzo al peccato,
c’è il sangue versato
di Cristo, il Signor.
Voi tutti che udite
apritegli il cuor!