Sono circa le ore 15 del 2 marzo 1996.
Sono solo, disperato, la mia esistenza non ha più nessun senso.
Ho litigato per l’ennesima volta con la mia amica, e sono nauseato della vita e delle sue numerose sofferenze.
Sono sul lavoro, e mi comunicano che qualcuno desidera parlarmi.
È mio fratello Oliviero, da poco convertito a Gesù Cristo.
Anch’io ho ascoltato l’Evangelo, ma non sono credente.
Sento il bisogno di parlare, e non esito a dire ad Oliviero ciò che mi pesa sul cuore.
Egli mi ascolta e mi guarda.
Il suo sguardo è pieno di compassione e di speranza.
Desidererei che mi dicesse qualcosa, una parola di conforto, ma non mi dice nulla e continua a guardarmi con la stessa espressione.
Un’espressione carica di affetto che non è la sua, ma quella del suo Salvatore.
Poi mi dice che deve andare via.
Non lo trattengo, benché avrei tanto piacere che rimanesse ancora un po’.
Mi ritrovo nuovamente solo, pensando a quello sguardo che m’invita a rivolgermi a Gesù.
Sono le 18.
Toccato dalla grazia di Dio mi metto in ginocchio, confesso i miei peccati a Lui e accetto col cuore il suo Figlio Gesù come il mio Salvatore e Signore.
“Gesù, guardatolo l’amò” (Marco 10:21).
Per voi che languite
In mezzo al peccato,
c’è il sangue versato
di Cristo, il Signor.
Voi tutti che udite
apritegli il cuor!