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martedì 5 marzo 2024

Dimorate in me (1/2)

Nei capitoli 14 a 16 del Vangelo secondo Giovanni, il Signore, solo coi suoi discepoli, si congeda da loro, li conforta e indirizza loro le ultime raccomandazioni. Più volte insiste sulla grande necessità di dimorare in lui, poiché da questo scaturirà per loro la benedizione.

“Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla… Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto” (15:4-7).

L’apostolo Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”, avendo udito queste parole di commiato dalla bocca del Signore, ne ha capito l’importanza. Nella sua lettera leggiamo: “Chi dice di rimanere in lui, deve camminare com’egli camminò”. “E ora, figlioli, rimanete in lui affinché, quand’egli apparirà, possiamo aver fiducia e alla sua venuta non siamo costretti a ritirarci da lui, coperti di vergogna”. “Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l’ha visto, né conosciuto” (1 Giovanni 2:6, 28; 3:6).

Poiché questi versetti ci parlano delle benedizioni che potremo godere se “dimoriamo in Cristo”, è utile soffermarsi per esaminare il significato di questa condizione posta dal Signore: “Dimorate in me”. Comprendiamo bene che questo implica un cammino di vicinanza a Cristo e un’intimità tale che l’anima possa trovare la sua delizia nelle sue perfezioni morali.

“Dimorare in Cristo” presuppone un cuore in comunione con lui, che si compiace di confidare in lui e a imparare da lui. Vuol dire vivere con la consapevolezza della sua presenza, realizzata per fede. Se un credente, veramente pio, ci facesse una visita, la sua presenza non avrebbe forse un’influenza positiva su ogni membro della famiglia? Non controlleremmo un po’ più del solito le nostre parole e le nostre azioni? Ora, se la presenza di un uomo “sottoposto alle nostre stesse passioni” può avere un tale effetto, a maggior ragione l’avrebbe se fossimo coscienti ogni momento della presenza del Signore Gesù vicino a noi. Ognuno di noi ricorda con umiliazione di aver detto in qualche occasione delle parole dure e cattive, dettate dall’orgoglio o dalla gelosia. Chiediamoci come ci saremmo comportati se il Signore fosse stato presente in modo visibile. Quelle parole non le avremmo mai pronunciate! Invece l’abbiamo fatto perché, in quei momenti, non abbiamo tenuto conto della sua onnipresenza e della sua maestà.

E’ bene ricordare sempre che il Signore, benché invisibile ai nostri occhi, ascolta ciò che diciamo, vede ciò che facciamo, sa ciò che pensiamo. Il salmista lo sapeva, infatti dice: “Colui che ha fatto l’orecchio forse non ode? Colui che ha formato l’occhio forse non vede?… Il Signore conosce i pensieri dell’uomo” (Salmo 94:9, 11). Se siamo coscienti di questo, la nostra vita si svolgerà sotto l’influenza benedetta della sua presenza e noi dimoreremo in lui.


(continua domani)