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sabato 2 marzo 2024

Il frutto attraverso la Scrittura (1/2)

 “Alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra” (Genesi 1:11).

“L’albero della vita. Esso dà dodici raccolti all’anno, porta il suo frutto ogni mese” (Apocalisse 22:2).

La Parola di Dio si apre e si chiude con questi riferimenti al frutto, che ci mostrano l’importanza data da Dio al frutto. Nel terzo giorno della creazione udiamo Dio che parla del frutto, in stretto riferimento alla sua importanza botanica. È l’albero stesso che per sua natura è fruttifero, e Dio dice che la terra produrrà degli alberi in base alla loro semenza. Di conseguenza essi si riproducono secondo le loro caratteristiche; e questo è un principio di vita molto importante, in quanto questa terra ha tutte le capacità, in se stessa, per proseguire seguendo l’ordine che Dio aveva dato al momento della creazione. Ma questo non è tutto: il frutto che troviamo nell’albero, nella sua freschezza e dolcezza è anche cibo. Dio pianta un giardino in Eden, affinché l’uomo lo possa abitare e “fece spuntare dal suolo ogni sorta d’alberi, piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi” (Genesi 2:9). Inoltre comanda all’uomo: “mangia pure da ogni albero del giardino” (Genesi 2:16) con la sola eccezione del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (Genesi 2:17). Quindi i frutti degli alberi dimostrano la saggezza di Dio, alla creazione, che provvede del cibo alle proprie creature (Genesi 1:29). L’abbondante frutto che caratterizza il millennio, come descritto nel libro dell’Apocalisse, è inoltre caratterizzato dal fatto che le foglie dell’albero della vita sono per la guarigione delle nazioni. In quei giorni troveremo abbondanza di benedizioni, solo perché Colui che simbolizza l’albero ha glorificato Dio, in questo punto invece Adamo e i suoi discendenti avevano fallito.


Il frutto nel Vecchio Testamento

Nella creazione Dio, introduce tutti gli elementi necessari, affinché gli alberi possano portare il loro frutto; la luce, terreno nel quale le radici possono affondare e ricevere cibo, l’atmosfera nell’aria e l’umidità (Genesi 1:3, 9; 2:6). Ma Dio provvede anche a qualcosa di altro, le cure dell’uomo, al quale aveva affidato tutta la creazione, e che era in grado di gestire tutta la natura in quanto era stato creato ad immagine di Dio e a sua somiglianza (Genesi 2:15; Giacomo 5:7). Vi era nell’uomo un frutto morale, così come esisteva un frutto fisico nella natura che lo circondava, ma egli rinnegò la verità che gli era stata data, e attraverso il peccato e attraverso la disobbedienza e il peccato introdusse nel mondo la morte fisica e spirituale (Romani 5:12; I Corinzi 15:21). Dio è ancora alla ricerca di uomini che portino del frutto alla Sua gloria, ma il peccato ha reso l’uomo incapace di fare tutto questo. Tutto questo nel Vecchio Testamento è dimostrato sia da Israele che dai Gentili (Isaia 5:1-10; Daniele 4:19-27); Israele si è dimostrato una falsa vigna, mentre i gentili si avvantaggiano della loro posizione per dare dimostrazione della loro malvagità.

Anche se è un’eccezione, tutto sommato troviamo del frutto anche nel Vecchio Testamento. Troviamo un bellissimo esempio in Giuseppe, che poteva dire: “Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione” (Genesi 41:52). Giustamente il padre Giacobbe nelle ultime sue parole descrive Giuseppe come “un albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro” (Genesi 49:22). Egli temeva Dio e trovando piacere nel servirlo, e di conseguenza hanno usufruito della benedizione anche persone che non avevano nessuna affinità naturale con lui, ma che addirittura erano stati per lui causa di dolore. Indubbiamente Giuseppe è una figura del Signore Gesù, l’Unigenito Figlio del Padre che è stato inviato come “Salvatore del mondo” (I Giovanni 4:14).

 

Il frutto nel momento in cui il Signore Gesù si trovava sulla terra

Come Creatore, il Signore aveva tutto il diritto di pretendere del frutto quando è venuto in questo mondo. Lo ha cercato, ma non lo ha trovato, come ci mostra la ben conosciuta storia del fico: “E, vedendo un fico sulla strada, gli si accostò, ma non vi trovò altro che foglie; e gli disse: Mai più nasca frutto da te, in eterno” (Matteo 21:19). Le foglie simboleggiano solo una pretesa di religione e una vuota professione, e Colui che discerne esattamente che cosa sia la professione e la realtà non potrà mai essere ingannato.

In altre parole Egli ha trovato solo del frutto non buono, che dimostrava la cattiva qualità dell’albero (figura dell’uomo) che lo aveva prodotto (Romani 7:5). Il Signore si rivolge individualmente ad ogni uomo e donna: “Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l’albero cattivo fa frutti cattivi. Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti” (Matteo 7:16-20). Con l’andare del tempo, continuando a portare del cattivo frutto, si potrebbe essere tagliati alle radici, come è successo alla nazione giudaica: “ogni albero dunque che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco” (Matteo 3:10).

Ma il desiderio del Signore era che essi potessero portare del frutto per Dio. Egli lavorò in mezzo a loro con energia, pazienza e grazia per tre anni. Nonostante il concime e le cure degli ultimi anni essi erano rimasti infruttuosi (Luca 13:6-9). Ed infine essi crocifissero Colui che in se stesso era la vera vite ed il solo in grado di portare del frutto per la perfezione e la gloria di Dio e la benedizione degli uomini. Che solenne e considerevole considerazione.


(continua)

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