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mercoledì 6 marzo 2024

Frutti e semi

Da tutti noi che abbiamo creduto, il Signore vuole ottenere del “frutto”. Lo richiede con amore e con fermezza. Ne ha parlato in parabole, e il Nuovo Testamento ne fa un insegnamento basilare. C’è in gioco la Sua gloria e la manifestazione concreta e visibile a tutti della Sua opera in noi.


Pensieri, parole, opere

Il termine “frutto” ha molte accezioni. Oltre a indicare il prodotto di una pianta è anche il risultato di un’attività, l’esito di un procedimento, la rendita di un capitale…

Sono frutti per il Signore i nostri pensieri, i sentimenti, le disposizioni interiori motivati e prodotti dallo Spirito Santo. Lo sono le nostre parole e i nostri atti in linea con la volontà di Dio e che producono in noi la gioia di saperci approvati, l’entusiasmo per annunciare il Vangelo, la pazienza per sopportare le avversità della vita nell’attesa del ritorno del Signore.

Sono un frutto le “buone opere”, l’aiuto che portiamo ai fratelli perseguitati, agli operai del Signore, ai bisognosi, agli afflitti, ai malati; opere che dimostrano la realtà della nostra fede (Giacomo 2:19) e spingono quelli che le vedono a glorificare il Padre nostro che è nei cieli (Matteo 5:16). “Imparino i nostri a dedicarsi a opere buone per provvedere alle necessità, affinché non stiano senza portar frutto” (Tito 3:14).

Ai servi della parabola di Matteo 25:14-15 il padrone consegna dei “talenti”, dieci, due, uno, secondo le loro capacità. Quelli di Luca 19:13 ricevono una “mina” ciascuno. Devono farli fruttare. Capiamo bene l’insegnamento. Tutti noi riceviamo un dono, una capacità, una possibilità, un’occasione per servire il Signore. Nessuno è escluso. E’ un atto di fiducia che ci onora. Non temiamo di essere impreparati o di non avere i mezzi necessari. In Lui abbiamo tutte le risorse per adempiere i nostri doveri.

 

Il frutto contenitore del seme

In botanica il frutto è lo stadio successivo del fiore. E’ il prezioso contenitore del seme che propagherà la specie. Tutte le piante, se non sono ibridi, fanno fiori, e se fanno fiori fanno anche frutti. Se facessero soltanto foglie e fiori la specie si estinguerebbe. Il frutto contiene il seme, lo protegge e lo diffonde. E’ uno dei tanti miracoli della creazione del nostro Dio! “Poi Dio disse: «Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra»… Dio vide che questo era buono” (Genesi 1:11-12).

 “Ogni albero si riconosce dal proprio frutto”, ha detto il Signore (Luca 6:43). Due alette secche e traslucide con dentro il seme, ad esempio, fanno riconoscere il Faggio. Una sola aletta l’Olmo.  Un’aletta allungata il Frassino, e così via. Ciliegie, prugne, albicocche, col nocciolo legnoso, sono Drupe. Pomodori, melanzane, uva, coi semi immersi nella polpa, sono Bacche… Un credente si riconosce da come parla, da come agisce, dalla pace che ha, dalle priorità che mostra di avere, dall’amore che manifesta verso il Signore e verso gli altri.

E’ il seme che interessa. Il seme trasmette la vita. Fa sì che la specie a cui la pianta appartiene si propaghi e si conservi nel tempo.

 

I tralci della vite

In Giovanni 15 il Signore fa l’esempio della vite. La “vera vite” è Lui. Nella linfa che scorre nella pianta e arriva nei tralci possiamo vedere una figura dello Spirito Santo. La Sua presenza in noi è la prova che c’è la vita.

Ma i tralci possono avere i canali della linfa ostruiti, come avviene purtroppo spesso nella nostra vita. Come avveniva nei tempi passati quando si usavano lampade a olio e candelabri, ed era indispensabile lo “smoccolatoio”. Con quell’arnese si toglievano i residui che impedivano all’olio di arrivare allo stoppino per bruciare e fare luce.

Se ci sono impedimenti, lo Spirito non “scorre” più liberamente. I nostri pensieri non ne sono permeati. Indifferenza, freddezza, assenza di testimonianza, ignoranza della Parola, peccati non confessati, cattive abitudini, ostacolano la Sua azione.

“Lo Spirito che Egli ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia” (Giacomo 4:5). Questo è molto bello. Eppure, a volte, in certi angoli nascosti della nostra mente non gli permettiamo di entrare. In certe decisioni che prendiamo, evitiamo di consultare il Signore. Certi modi di fare non compatibili con la nostra professione di fede non sempre vengono giudicati e abbandonati. Lo Spirito è rattristato. O addirittura “spento” quando deliberatamente si ostacola la Sua manifestazione nella chiesa.

Allora il Padre, come un saggio vignaiuolo, deve potare. Gli agricoltori tagliano il tralcio, ma non del tutto. Se il tralcio è vivo, ne lasciano un pezzetto attaccato alla vite. E sarà quello che l’anno successivo crescerà e si caricherà di grappoli.

Se poi il tralcio non porta nessun frutto, vuol dire che la linfa non scorre per nulla. E’ un ramo secco, senza vita. Quel tralcio è tolto via e finisce nel fuoco. Come avverrà a chi si dice cristiano, ma non ha lo Spirito.

Il frutto proviene dalla nostra fede. E’ la nostra fedeltà nelle cose che il Signore ci richiede e nei compiti che ci affida (i risultati appartengono a Lui). Lo Spirito Santo che Dio ha messo in noi è una potenza attiva nella testimonianza che dobbiamo rendere. E’ lo Spirito che, contrastando gli impulsi della nostra natura umana (“lo Spirito ha desideri contrari alla carne, sono cose opposte fra di loro”, Galati 5:17) orienta i nostri pensieri verso le cose “vere, onorevoli, giuste, pure, di buona fama” (Filippesi 4:8-9). La sola conoscenza della Bibbia non basta. Non bastano la “pietà” né l’assiduità alle funzioni religiose. Non bastano nemmeno i comportamenti onesti, moralmente irreprensibili, né l’amore per il prossimo, l’altruismo, la dedizione, la rinuncia… Se non c’è la nuova nascita, se non c’è il “sigillo” dello Spirito, non c’è la vera fede e non ci potrà essere nessun frutto.

 

L’annuncio del Vangelo. La propagazione dei semi

Bisogna che la Parola del Signore, la Verità, sia portata a conoscenza del maggior numero possibile di persone. L’annuncio del Vangelo è un compito imprescindibile. E’ propagazione di un seme di vita che a sua volta potrà produrre altri semi e altra vita. Questo è senza dubbio il primo frutto che Dio ci richiede. Ha ben poco valore presentarci agli altri come persone serie e che conoscono Dio. Se la nostra testimonianza non contiene il messaggio del Vangelo come punto centrale, abbiamo compreso ben poco della nostra missione.

In natura, la propagazione dei semi è un fenomeno straordinario. In molti casi il frutto maturo cade a terra, si decompone e i semi fuoriescono. Di solito restano lì, nei pressi della pianta, e altri getti compaiono a perpetuare la specie. E’ la nostra testimonianza nella famiglia, nel luogo dove abitiamo. Se poi gli uccelli o altri animali li raccolgono o se ne cibano, quei semi vengono portati lontano, a distanze a volte incredibili. Così può avvenire che un opuscolo di evangelizzazione o una copia del Vangelo o un foglietto di calendario cristiano, distribuiti sotto casa, siano buttati via senza neppure essere letti. Ma ecco che in luoghi lontani, e sovente a distanza di tempo, qualcuno li trova, li raccoglie, li legge e crede… E’ così che in alcuni casi quel seme ha prodotto la vita!

“Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai. Fanne parte a sette e anche a otto, perché tu non sai che male può avvenire sulla terra” (Ecclesiaste 11:1-2).

Altri semi sono trasportati dal vento, o anche dal mare sospinti dalle correnti. Attraversando oceani e continenti sono andati a formare foreste ed oasi in zone desertiche, su isole sperdute e atolli sabbiosi. Mi fa pensare al modo con cui lo Spirito lavora nel mondo. “Quando sarà venuto convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (16:8).

In certe foreste dell’oriente vi sono alberi d’alto fusto i cui frutti si aprono e lasciano cadere i semi solo ad altissime temperature. Ci vogliono gli incendi. Provocati quasi sempre dai fulmini, questi fanno sì che i semi cadano, e su quel terreno, reso fertile dalla cenere, producano nuove piante. Non avviene forse così nelle prove, nelle persecuzioni, nei drammi della vita? A volte il Signore li utilizza perché i frutti si aprano e lascino cadere i semi della Sua conoscenza per il bene di altri, per la salvezza di molti.

“Io vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Giovanni 15:16). L’ha detto il Signore ai discepoli, i Suoi “apostoli” che avrebbero portato nel mondo il glorioso messaggio dell’Evangelo. Noi spesso applichiamo questo passo ai missionari che vanno a predicare in paesi lontani, spesso inospitali. Ma proviamo ad applicarlo a noi. “Perché andiate…”. Non è sempre in regioni lontane che bisogna “andare”. Andiamo dal nostro vicino di casa per invitarlo a una lettura della Bibbia. Andiamo nei negozi che conosciamo, all’ufficio postale, in farmacia, per offrire un Calendario Cristiano. Andiamo nell’ospedale della nostra città a regalare al personale una copia del Vangelo, magari all’occasione della visita ad un malato… Si può spandere il seme della Parola di Dio anche senza fare molta strada!

Frutti che “rimangono”. Prodotti “con perseveranza” (Luca 8:15). Durevoli (Giovanni 15:16). Così li vuole il Signore. Prodotti non una volta tanto, ma sempre. Come quelli di certe piante che, in climi favorevoli, fanno fiori e frutti in continuazione, tutti i mesi dell’anno. Facciamo in modo di creare, nella nostra famiglia e nelle nostre assemblee, ma prima di tutto nella nostra vita di figli di Dio, quel “clima spirituale” favorevole, condizione indispensabile perché i frutti che il Signore richiede non cessino mai. Perché i nostri giorni sulla terra siano luminosi, pieni di gioia e di riconoscenza.


di Alfredo Apicella