Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

domenica 3 marzo 2024

Il frutto attraverso la Scrittura (2/2)

Frutto nella cristianità

Che conforto sapere che Dio invece di giudicare opera in grazia (Matteo 13:1-8). Egli ha iniziato un’opera sulla nuova creazione basata sulla morte e la resurrezione del Signore Gesù. C’è ancora la necessità del pentimento, seguito da dei buoni frutti che dimostrino la realtà, “frutti degni del ravvedimento” (Luca 3:8). Ma adesso il portare del frutto è qualcosa di più di tutto questo ed ha inizio avendo fede in Colui che è venuto, è morto ed è risorto (Atti 20:21; Romani 4:23-25).

Sulla via per il giardino del Getsemani, nella notte che fu tradito, il Signore disse le seguenti parole ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite, e il Padre mio è il vignaiuolo” (Giovanni 15:1). Dopo averli confortati nella stanza di sopra sulla prospettiva di dimorare nella casa del Padre per sempre, adesso mostra loro l’importanza vitale di dimorare in Lui durante la vita terrena. Comportandosi così proveranno la realtà del loro legame con il Signore portando del frutto, e le cure del Padre che è alla ricerca di questo tipo di frutto “affinché ne dia di più” (Giovanni 15:2); “molto frutto” (Giovanni 15:5); “il vostro frutto rimanga” (Giovanni 15:6). Come le sue parole hanno portato alla formazione del frutto, così non sarà per gli uomini. Dovranno mostrare il Signore in ogni giorno della loro vita, in pensieri, parole e fatti, rispettando i suoi comandamenti e in modo particolare amando gli uni e gli altri. Questo è il frutto della vigna che troviamo in ogni grappolo così come è descritto dall’energia divina, e risponde alle cure amorevoli del celeste vignaiolo (Ebrei 12:11) e non occasionalmente o scarsamente, ma costantemente e abbondantemente. Queste parole sono più che certe per noi.

Paolo insiste sul frutto da portare, come pratica conseguenza della nostra salvezza. Prendiamo questi brani dalle sue lettere: “Così, fratelli miei, anche voi siete stati messi a morte, quanto alla legge mediante il corpo di Cristo, per appartenere a un altro, cioè a colui che è risuscitato dai morti, affinché portiamo frutto a Dio” (Romani 7:4); “poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità” (Efesini 5:9); e infine “ricolmi di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Filippesi 1:11). Il frutto rappresenta la pienezza del cristianesimo.

Per mostrare il Signore Gesù nella nostra vita, è necessario che ci nutriamo della Sua Parola e che viviamo in una buona atmosfera di comunione cristiana. Noi dobbiamo essere in comunione con Lui come se Egli fosse vivente oggi, dimorare in Lui come Egli ha esortato i propri discepoli. Tristemente, a causa delle pressioni della vita che viviamo, noi abbiamo solo un breve periodo per la preghiera e la meditazione. Spesso noi tendiamo a sottovalutare la pace che noi troviamo alla presenza del Signore, perché questo vuol dire sacrificare del tempo che non possiamo utilizzare per altre cose (Luca 10:40-42). Tutto ciò indebolisce la nostra capacità nel produrre del frutto, e correre il rischio di portare del frutto disgustoso, perfino del frutto che potrebbe appartenere ad un altro ed è ciò che capita se noi utilizziamo in modo sbagliato il nostro tempo. Tutto ciò è inconsistente e innaturale (Giacomo 3:12). Se questo fosse il caso, il Padre che si prende cura di noi, ci frena e ci libera, ma Egli esercita le sue cure su di noi affinché possiamo portare del frutto (Giovanni 15:2; Ebrei 12:5-11).

Ma da dove proviene l’energia che permette di convertire, le meditazioni della Parola, la comunione e la preghiera, in questo tipo di frutti? Abbiamo la vita spirituale, ma chi ci fornisce la potenza per mostrare nella nostra vita Cristo? Sicuramente tutto questo proviene dallo Spirito Santo che dimora in noi e desidera occuparci con sé stesso (Giovanni 16:13-14). E così come un fiore che si rivolge verso il sole per crescere, noi contemplando il Signore “siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria” (II Corinzi 3:18).

I Galati erano stati ingannati con degli insegnamenti secondo il quale si sarebbe dovuto continuare a preservare nella legge. Essi pensavano che ciò che gli sforzi umani iniziati con l’offerta di Caino (Genesi 4:3) e che erano risultati inutili, potessero invece piacere a Dio. Paolo li ammonisce senza mezzi termini contro queste cose, mostrandogli ciò che il popolo terreno di Dio aveva fatto. Li ammonisce: “Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?” (Galati 3:3). Si rivolge a loro come: “Figli miei, per i quali sono di nuovo in doglie, finché Cristo sia formato in voi” (Galati 4:19). Li istruisce: “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù… camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne” (Galati 5:1, 16). Dal momento che essi si lasceranno dirigere nella loro vita dallo Spirito Santo, Esso produrrà in loro stessi quello che essi non saranno in grado di produrre con la loro propria forza. E Paolo mostra loro il frutto dello Spirito attraverso una gloria nona: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22-23). Questo è Cristo che si mostra a noi in questo mondo esattamente come Egli era. Ogni parte di questo frutto è preziosa. Dio cerca se vi è qualcosa della perfetta espressione del suo Amato Figlio: amore, gioia e pace in relazione con Dio; pazienza, benevolenza e bontà in relazione con coloro che ci stanno attorno; e fedeltà, mansuetudine e autocontrollo in relazione con noi stessi.

Perché in questo passo non viene menzionata la santità, la giustizia e la verità? Essendo seguaci di Gesù Cristo essi dovrebbero essere caratteri della nostra vita, e come notato in precedenza Paolo in altre epistole li collega con i frutti per Dio. Forse è perché in questa epistola li aveva già trattati in precedenza, per esempio collegando la fede alla giustificazione e alla giustizia “il giusto vivrà per fede” (Galati 3:11) e camminando per lo Spirito non acconsentirà ai desideri della carne. Ma adesso sembra concentrarsi su un frutto che germoglia velocemente in qualsiasi circostanza, internamente per Dio ed esternamente per gli altri. Mantenersi sotto la legge non è porre Dio al centro, non rappresenta un sacrificio vivente disinteressato, ma il desiderio di far “bella figura nella carne” (Galati 6:12). Tutto il frutto dello Spirito è qualcosa di reale, di positivo e pratico ed è collegato con qualunque Scrittura attraverso le nostre parole (Ebrei 13:15), opere (Colossesi 1:10), nelle nostre vie, e addirittura nei pensieri della nostra vita (Giacomo 3:17-18).