Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

lunedì 19 agosto 2024

Evangelo secondo Marco - Capitolo

LA QUESTIONE DEL DIGIUNO

 

I discepoli di Giovanni e i farisei erano soliti digiunare. Alcuni andarono da Gesù e gli dissero: Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano? Gesù disse loro: Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; altrimenti la toppa nuova porta via il vecchio, e lo strappo si fa peggiore. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino fa scoppiare gli otri, e il vino si perde insieme con gli otri; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi” (2:18-22).

Nei primi tre Vangeli la domanda sul digiuno segue subito  pasto in casa di Levi. Entrambi gli eventi sono probabilmente  molto vicini nel tempo. I discepoli di Giovanni avevano l'abitudine di digiunare (Luca 5:33); In questo seguivano il loro maestro che “non mangia pane né beve vino” (Lc 7:33). Anche i farisei digiunavano spesso e amavano vantarsene in pubblico (Luca 18:12). Perciò i farisei rivolgono al Signore la loro domanda insieme ai discepoli di Giovanni. Quali sono state le motivazioni che hanno portato entrambi i gruppi a farla?

Sicuramente i farisei speravano di trovare qualcosa nella risposta del Signore da poter usare contro di Lui. Nel caso dei discepoli di Giovanni che pongono la domanda in Matteo 9:14, possiamo  supporre che le loro motivazioni fossero diverse. Avevano visto il Signore e i discepoli al banchetto in casa di Levi mentre tutti digiunavano. Inoltre il loro maestro Giovanni era stato messo in prigione. Avrebbero dovuto abbandonare ciò che avevano imparato da lui? Ma nel loro imbarazzo fanno l'unica cosa giusta: si rivolgono direttamente al Signore.

La risposta che il Signore dà  mostra ancora una volta la Sua saggezza nel trattare con chiunque andasse a Lui. Egli si presenta qui come lo sposo del Suo popolo Israele. Così facendo utilizza un' espressione che i discepoli di Giovanni avevano già sentito dal loro Maestro. In Giovanni 3:29,30 il Battista aveva già applicato l'immagine dello sposo al Signore Gesù, ma probabilmente i discepoli  non lo avevano ancora capito. Pertanto il Signore conferma,  ancora una volta, che era di Lui che Giovanni parlava. Ora c’era Lui, lo Sposo, Colui che è venuto a portare benedizione e abbondanza “per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia, la piantagione del Signore, per mostrare la sua gloria” (Is 61:3). Bisognava dunque rallegrarsi, come avevano fatto con le loro lodi  le schiere celesti e i pastori alla nascita del Signore (Lc 2:13-20).

Ma anche i farisei sono costretti a ricredersi. Se Egli era lo sposo di cui è parlato spesso nell'Antico Testamento (Is 54:5-7; 62:4,5; Os 2:16-20), quale doveva essere il loro atteggiamento nei suoi confronti?

Il Signore usa la domanda che Gli viene posta per annunciare un grande cambiamento nelle circostanze. Qui comincia ad avvertire gli ascoltatori che la Sua presenza con loro sarebbe stata  solo temporanea, perché sarebbe stato rifiutato e ucciso; quello sarà  il momento del pianto. Ma in altri momenti il Signore ha anche detto ai discepoli che la loro tristezza sarebbe diventata gioia (Gv 16:20-22). E questo si compì per i discepoli tristi quando Egli si unì a loro nel cammino verso Emmaus e si rivelò loro (Luca 24:30-31). Questa gioia provata dai discepoli davanti al Signore risorto dovrebbe caratterizzare anche noi oggi (Fil 4:4). Ma la nostra vita dovrebbe anche essere  caratterizzata dall'ubbidienza, come un nazireo (Numeri 6). Potrebbero esserci momenti particolari nei quali  rinunciamo consapevolmente a cose che non sono malvagie in sé, ma che possono distrarci dall’impegno con il Signore o dai compiti del Suo servizio.

Per quanto riguarda il digiuno, non troviamo alcun comandamento diretto nella Scrittura, ma vediamo da molti esempi che si trattava di un'abitudine ben nota e spesso praticata, che il Signore non condannò mai. Mosè digiunò sul monte prima che gli fosse data la legge, e così fecero ad esempio Elia, Daniele, Neemia e anche il Signore quando era nel deserto. Il digiuno è menzionato anche nel libro degli Atti (13:3; 14:23). Ma quando digiuniamo, dovremmo farlo in segreto davanti a Dio e con cuore sincero. Il Signore lo dice chiaramente ai discepoli in Matteo 6:16-18.

Nei versetti 21 e 22 il Signore approfondisce il pensiero dei versetti precedenti. Utilizzando due esempi di facile comprensione, Egli chiarisce la differenza tra il periodo che sta finendo e l’età della grazia che verrà. Il passaggio dal tempo della legge al tempo della grazia era imminente, e in entrambi gli esempi il Signore mostra chiaramente che le due cose non possono essere mescolate insieme. Il vecchio è ciò che l'uomo dovrebbe essere per Dio; il nuovo è ciò che Dio fa per l'uomo. Il vecchio e il nuovo sono completamente diversi per natura e carattere, sia esternamente (vestito, toppe) che internamente (vino negli otri).

“Una pezzo di stoffa nuova su un vecchio vestito”: se un pezzo di tessuto nuovo viene cucito su un vecchio vestito consumato, la stoffa vecchia non potrà reggere e lo strappo si farà più grande. Allo stesso modo, l'ebraismo, caratterizzato da forme esteriori, non può essere mescolato con le rivelazioni del cristianesimo, entrambi ne verrebbero rovinati..

“Vino nuovo in otri vecchi”: se del vino nuovo, non ancora completamente fermentato, viene messo in vecchi otri  di pelle, resi rigidi dal tempo, la pressione causata li farà esplodere. Allo stesso modo, la verità del cristianesimo non può essere unita al giudaismo. Il sistema di riti e la potenza dello Spirito Santo non possono andare insieme.

Questi contrasti sono evidenziati dottrinalmente in vari parti del Nuovo Testamento. Ne viene parlato soprattutto in alcuni passi di Romani, Galati ed Ebrei. Il fatto che questo argomenta venga trattato più volte significa che esiste ancora oggi la tendenza a collegare il messaggio del cristianesimo con forme rituali e opere esteriori. Ciò è mostrato anche in Luca 5:39. L’uomo preferisce fare qualcosa piuttosto che accettare la grazia di Dio, lo vediamo spesso nelle conversazioni con i non credenti.