LA QUESTIONE DEL DIGIUNO
“I discepoli di Giovanni e i farisei erano
soliti digiunare. Alcuni andarono da Gesù e gli dissero: Perché i discepoli di
Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?
Gesù disse loro: Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con
loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare. Ma verranno i giorni
in cui lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; altrimenti la toppa
nuova porta via il vecchio, e lo strappo si fa peggiore. Nessuno mette vino
nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino fa scoppiare gli otri, e il vino si
perde insieme con gli otri; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi” (2:18-22).
Nei primi tre
Vangeli la domanda sul digiuno segue subito
pasto in casa di Levi. Entrambi gli eventi sono probabilmente molto vicini nel tempo. I discepoli di
Giovanni avevano l'abitudine di digiunare (Luca 5:33);
In questo seguivano il loro maestro che “non mangia pane né beve vino” (Lc 7:33). Anche i farisei digiunavano spesso e amavano
vantarsene in pubblico (Luca 18:12). Perciò i farisei
rivolgono al Signore la loro domanda insieme ai discepoli di Giovanni. Quali
sono state le motivazioni che hanno portato entrambi i gruppi a farla?
Sicuramente i
farisei speravano di trovare qualcosa nella risposta del Signore da poter usare
contro di Lui. Nel caso dei discepoli di Giovanni che pongono la domanda in Matteo 9:14, possiamo
supporre che le loro motivazioni fossero diverse. Avevano visto il
Signore e i discepoli al banchetto in casa di Levi mentre tutti digiunavano.
Inoltre il loro maestro Giovanni era stato messo in prigione. Avrebbero dovuto
abbandonare ciò che avevano imparato da lui? Ma nel loro imbarazzo fanno
l'unica cosa giusta: si rivolgono direttamente al Signore.
La risposta
che il Signore dà mostra ancora una
volta la Sua saggezza nel trattare con chiunque andasse a Lui. Egli si presenta
qui come lo sposo del Suo popolo Israele. Così facendo utilizza un' espressione
che i discepoli di Giovanni avevano già sentito dal loro Maestro. In Giovanni 3:29,30 il Battista aveva già applicato
l'immagine dello sposo al Signore Gesù, ma probabilmente i discepoli non lo avevano ancora capito. Pertanto il
Signore conferma, ancora una volta, che
era di Lui che Giovanni parlava. Ora c’era Lui, lo Sposo, Colui che è venuto a
portare benedizione e abbondanza “per mettere, per dare agli afflitti di
Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello
di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di
giustizia, la piantagione del Signore, per mostrare la sua gloria” (Is 61:3). Bisognava dunque rallegrarsi, come avevano
fatto con le loro lodi le schiere
celesti e i pastori alla nascita del Signore (Lc
2:13-20).
Ma anche i
farisei sono costretti a ricredersi. Se Egli era lo sposo di cui è parlato
spesso nell'Antico Testamento (Is 54:5-7; 62:4,5; Os 2:16-20), quale doveva essere il loro atteggiamento
nei suoi confronti?
Il Signore
usa la domanda che Gli viene posta per annunciare un grande cambiamento nelle
circostanze. Qui comincia ad avvertire gli ascoltatori che la Sua presenza con
loro sarebbe stata solo temporanea,
perché sarebbe stato rifiutato e ucciso; quello sarà il momento del pianto. Ma in altri momenti il
Signore ha anche detto ai discepoli che la loro tristezza sarebbe diventata
gioia (Gv 16:20-22). E questo si compì per i discepoli
tristi quando Egli si unì a loro nel cammino verso Emmaus e si rivelò loro (Luca 24:30-31). Questa gioia provata dai discepoli
davanti al Signore risorto dovrebbe caratterizzare anche noi oggi (Fil 4:4). Ma la nostra vita dovrebbe anche essere caratterizzata dall'ubbidienza, come un
nazireo (Numeri 6). Potrebbero esserci momenti
particolari nei quali rinunciamo
consapevolmente a cose che non sono malvagie in sé, ma che possono distrarci
dall’impegno con il Signore o dai compiti del Suo servizio.
Per quanto
riguarda il digiuno, non troviamo alcun comandamento diretto nella Scrittura,
ma vediamo da molti esempi che si trattava di un'abitudine ben nota e spesso
praticata, che il Signore non condannò mai. Mosè digiunò sul monte prima che
gli fosse data la legge, e così fecero ad esempio Elia, Daniele, Neemia e anche
il Signore quando era nel deserto. Il digiuno è menzionato anche nel libro
degli Atti (13:3; 14:23). Ma quando digiuniamo, dovremmo farlo in segreto
davanti a Dio e con cuore sincero. Il Signore lo dice chiaramente ai discepoli
in Matteo 6:16-18.
Nei versetti
21 e 22 il Signore approfondisce il pensiero dei versetti precedenti.
Utilizzando due esempi di facile comprensione, Egli chiarisce la differenza tra
il periodo che sta finendo e l’età della grazia che verrà. Il passaggio dal
tempo della legge al tempo della grazia era imminente, e in entrambi gli esempi
il Signore mostra chiaramente che le due cose non possono essere mescolate
insieme. Il vecchio è ciò che l'uomo dovrebbe essere per Dio; il nuovo è ciò
che Dio fa per l'uomo. Il vecchio e il nuovo sono completamente diversi per
natura e carattere, sia esternamente (vestito, toppe) che internamente (vino
negli otri).
“Una pezzo
di stoffa nuova su un vecchio vestito”:
se un pezzo di tessuto nuovo viene cucito su un vecchio vestito consumato, la
stoffa vecchia non potrà reggere e lo strappo si farà più grande. Allo stesso
modo, l'ebraismo, caratterizzato da forme esteriori, non può essere mescolato
con le rivelazioni del cristianesimo, entrambi ne verrebbero rovinati..
“Vino
nuovo in otri vecchi”:
se del vino nuovo, non ancora completamente fermentato, viene messo in vecchi
otri di pelle, resi rigidi dal tempo, la
pressione causata li farà esplodere. Allo stesso modo, la verità del
cristianesimo non può essere unita al giudaismo. Il sistema di riti e la
potenza dello Spirito Santo non possono andare insieme.
Questi
contrasti sono evidenziati dottrinalmente in vari parti del Nuovo Testamento.
Ne viene parlato soprattutto in alcuni passi di Romani, Galati ed Ebrei. Il
fatto che questo argomenta venga trattato più volte significa che esiste ancora
oggi la tendenza a collegare il messaggio del cristianesimo con forme rituali e
opere esteriori. Ciò è mostrato anche in Luca 5:39.
L’uomo preferisce fare qualcosa piuttosto che accettare la grazia di Dio, lo
vediamo spesso nelle conversazioni con i non credenti.