Se, riflettendo sulla morte della giovenca rossa avvenuta per il fuoco, esaminiamo questo mistico ammasso di cenere, che cosa scopriremo? Possiamo ben rispondere: Vi troviamo i nostri peccati. Difatti, grazie siano rese a Dio, e al Figlio del suo amore, troviamo i nostri peccati, le nostre iniquità, i nostri falli, la nostra profonda colpevolezza, tutto ciò ridotto in cenere.
Ma, non vi è altro? Certamente,
vi vediamo pure la natura in ogni periodo della sua esistenza — dal più alto
fino al più basso punto della sua storia. Vi vediamo anche la fine di tutta la
gloria di questo mondo. Il cedro e l’issopo rappresentano la natura in tutta la
sua estensione, da ciò che essa ha di più infimo a ciò che racchiude di più
elevato. Salomone «parlò degli alberi, dal cedro del Libano all’issopo che
spunta dalla muraglia» (1 Re 4:-33).
Lo «scarlatto» è considerato, da
coloro che hanno accuratamente esaminato la Scrittura, come il tipo o
l’espressione dello splendore umano, della grandezza mondana, della gloria di
questo mondo, della gloria dell’uomo. Vediamo dunque nelle ceneri, residuo
dell’incenerimento della giovenca, la fine di ogni grandezza mondana, di ogni
gloria umana, e la messa a parte della carne con tutto ciò che le appartiene.
Questo rende profondamente significativo l’atto di bruciare la giovenca, ed
espone una verità troppo poco conosciuta e troppo presto dimenticata quand’è
nota — verità proclamata in quelle parole memorabili dell’Apostolo: «Ma
quanto a me, non sia mai che io mi vanti di altro che della croce del nostro
Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso e
io sono stato crocifisso per il mondo» (Galati 6:14).
Pur accettando la croce come base
della liberazione da tutte le conseguenze dei nostri peccati, e della nostra
completa accettazione da Dio, noi siamo tutti, purtroppo, inclinati a
rifiutarla come base della nostra completa separazione dal mondo. Tuttavia la
croce ci ha separati per sempre da tutto ciò che appartiene al mondo che
attraversiamo. Sono i miei peccati aboliti? Sì, sia benedetto il Dio di ogni
grazia! In virtù di che cosa? In virtù della perfezione del sacrificio
espiatorio di Cristo secondo la stima di Dio stesso. Ora è precisamente nella
stessa misura che troviamo, nella croce, la nostra liberazione da questo
presente secolo malvagio, dalle sue massime, dalle sue abitudini, dai suoi
principii. Il credente non ha assolutamente nulla in comune con questa terra
appena realizza il significato e la potenza della croce del Signore Gesù
Cristo. Questa croce ha fatto di lui un pellegrino e uno straniero in questo
mondo. Ogni cuore devoto vede l’ombra cupa della croce librarsi al di sopra di tutto
lo splendore, di tutte le vanità, di tutte le pompe di questo mondo. Questa
vista rendeva Paolo capace di stimare come fango il mondo, le sue dignità più
elevate, le sue forme più attraenti, le sue glorie più brillanti: «Il mondo,
per me, è stato crocifisso» dice egli, «e io sono stato crocifisso per
il mondo». Tale era Paolo; tale dovrebbe essere ogni cristiano — uno
straniero sulla terra, un cittadino del cielo, e ciò non soltanto in principio
o in teoria, ma di fatto e in realtà; poiché, tanto sicuramente la nostra
liberazione dall’inferno è più che un semplice principio od una teoria,
altrettanto sicuramente la nostra separazione da questo presente secolo
malvagio è un fatto che dobbiamo realizzare.