“L’uomo, nato di donna, vive pochi giorni” Giobbe 14,1.
Così si esprime il libro di Giobbe; e non è detto che vive pochi anni o pochi mesi o alcune settimane, ma che “vive pochi giorni”.
Fermiamoci un istante e riflettiamo su quanto è minuscolo e insignificante il tempo che è accordato ad ogni uomo. Giobbe dichiara che l’uomo nato di donna vive pochi giorni e poi aggiunge anche questa colpente parola : "è sazio d’affanni”. Già, non sazio di piaceri, di gioie, di soddisfazioni, di riposo, ma d’affanni ed è pervaso da un’arsura, un’arsura persistente. E’ alla continua ricerca di un’acqua che possa dissetarlo ma non ne trova. I luoghi in cui la ricerca non possono fornirne.
“Spunta come un fiore, poi è reciso; fugge come un’ ombra e non dura” (v.5).
Il fiore è l’espressione della fragilità per eccellenza; la sua bellezza non sussiste e la distanza fra la culla e la bara è davvero breve. L’uomo passa fugace come un’ombra e non dura “i suoi giorni sono fissati”.
Questa è la sorte che tocca ad ogni uomo.
Se c'è un argomento che eviteremmo volentieri di parlare questo è la morte. Eppure le siamo costantemente vicino; e non sarà sempre quella degli altri.
“E poi morì”.
Questo ritornello si ripete per ben otto volte nel capitolo cinque della Genesi.
E poi morì...E poi morì...E poi morì...E poi morì...E poi morì...E poi morì...E poi morì...E poi morì.
Quante volte questa breve frase è stata ripetuta nel corsi dei secoli.
“E poi morì”.
Sembra di assistere alla marcia funebre delle varie età, perché troviamo i nomi dei patriarchi da Adamo in poi, ed ad ogni nome è seguito dalla solenne dichiarazione, simile al rintocco d'una campana funebre, “poi morì”. Ma la campana suona sei volte e poi manca un rintocco quando leggiamo di Enoc “Dio lo prese”. Solo Dio può fermare la processione della morte. Solo Lui può intervenire nel destino dell'uomo.