In Proverbi 30 leggiamo: “Ci son quattro animali fra i più piccoli della terra, e tuttavia pieni di saggezza: le formiche, popolo senza forza, che si preparano il cibo durante l'estate; i conigli, popolo non potente, che fissano la loro abitazione nelle rocce; le locuste, che non hanno re, e procedono tutte, divise per schiere; la lucertola, che puoi prender con le mani, eppur si trova nei palazzi dei re” (v. 24-28).
Agur, autore di questo capitolo dei Proverbi ricco di insegnamenti, si sofferma su quattro animali che lui ritiene “pieni di saggezza” pur essendo fra i più piccoli della terra. Possiamo subito rispecchiarci in questo versetto introduttivo: noi credenti siamo, o meglio dovremmo ritenerci, tra i più piccoli di questa terra; non dovremmo trarre da noi alcun vanto, ma trovare il nostro vanto e la nostra saggezza nel Signore.
Ben si addice a noi quello che l’apostolo Paolo scrive alla chiesa di Corinto: “Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; affinché, com'è scritto: Chi si vanta, si vanti nel Signore” (1 Corinzi 1:26-31).
La nostra saggezza quindi viene dall’alto, è divina; che privilegio per delle creature indegne come noi avere “lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che ci sono state donate da Dio” (1 Corinzi 2:12)! Sempre in questo capitolo Paolo dice, riprendendo un passo di Isaia: “Ma com'è scritto: ‘Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano’. A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1 Corinzi 2:9-10). Che possiamo ritenere queste meravigliose verità che il Signore ci ha dato di conoscere per poter camminare su questa terra secondo la Sua volontà (Giacomo 3:17), per esercitare le nostre facoltà a discernere il bene dal male (Ebrei 5:12-14) ed essere in grado di esortare i nostri fratelli o di convincere chi vuole contraddire (Tito 1:9 e Atti 6:10).
Ora ci soffermeremo su ciascuno dei quattro animali riportati in questo breve brano.
Le formiche
“Va’, pigro, alla formica; considera il suo fare, e diventa saggio!” (Proverbi 6:6).
Le formiche sono un grande esempio di saggezza per noi; nel corso dell’estate raccolgono le riserve che serviranno da nutrimento nelle altre stagioni. Nel v. 25 le formiche sono definite “un popolo senza forza”, eppure sappiamo che sono in grado di portare un peso pari al doppio della loro massa corporea. Anche noi ci ritroviamo ad essere molto spesso senza forza, ma con l’aiuto del Signore siamo in grado di sopportare anche i più grandi pesi che le circostanze della vita talvolta ci pongono sul cammino. Il Signore ci vuole aiutare a portare i pesi che ci opprimono ed è solo facendo affidamento su di Lui che potremo liberarci da tutto ciò che ci affatica (Matteo 11:28).
Inoltre la formica ci dà un insegnamento contro il pericolo della pigrizia spirituale. Come le formiche preparano il cibo durante l’estate, anche noi dovremmo essere accorti nel prepararci “una riserva” di cibo spirituale per poter affrontare al meglio le situazioni difficili. Quanto ci nutriamo e quanto desideriamo nutrirci della Parola di Dio, il nostro vero cibo spirituale? L’invito non è a nutrirci della Parola di Dio solo nell’arco di un periodo dell’anno, come nel caso della formica. Sappiamo quanto è utile nutrirci della Parola e cercare una relazione stretta con Dio anche attraverso la preghiera sin dal mattino, per poter affrontare al meglio il resto della giornata con le risorse che Lui ci ha dato.
Anche il popolo d’Israele era invitato a raccogliere la manna al mattino e in quantità necessaria per il nutrimento quotidiano (Esodo 16:15-21). La manna è una figura della Parola di Dio e del Signore, il pane della vita (Giovanni 6); noi ci nutriamo di Cristo tramite la sua Parola. Ricerchiamo anche noi questo “pane” tutti i giorni sin dal mattino? Nel resto della giornata sopraggiungono gli impegni, le distrazioni e la stanchezza, che possono rendere meno efficace la lettura e impoverire il nutrimento delle nostre anime.
Anche il “mattino” della vita, quando si è giovani e nel pieno delle facoltà mentali e della memoria, è il tempo adatto per fare “provvista” di conoscenza della Parola; sarà molto utile nell’età avanzata oltre che nei periodi difficili.
I conigli
Il coniglio è un esempio di consapevole debolezza e di umiltà. Quanti di noi si ritengono deboli? L’orgoglio spesso ci induce a crederci potenti, più forti delle circostanze che incontriamo sia nel cammino terreno sia nel nostro percorso spirituale. Quando tendiamo ad innalzarci sopra gli altri, a “volare alto”, dimentichiamo il fondamento sul quale dovremmo essere ben saldi e sul quale invece spesso dovremmo tornare per cercare il nostro rifugio. Il nostro fondamento è Cristo, la rocca nella quale trovare rifugio. “Il Signore è la mia rocca, la mia fortezza, il mio liberatore; il mio Dio, la mia rupe, in cui mi rifugio, il mio scudo, il mio potente salvatore, il mio alto rifugio” (Salmo 18:2). Siamo invitati a condividere anche noi questa meravigliosa certezza del salmista e a fondare “la nostra dimora” sulla roccia (Matteo 7:24-27). Evitiamo di guardare a noi e di alimentare il nostro orgoglio, ma volgiamo umilmente il nostro sguardo a Cristo, ricerchiamo il suo aiuto in tutte le circostanze, anche in quelle che riteniamo più semplici da risolvere.
Dio nella sua infinita benevolenza ci ha dato il privilegio di “far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo”, ma che questo “tesoro” è stato riposto “in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio anziché a noi” (2 Corinzi 4:6-7). Pertanto, essendo consapevoli di essere vasi fragili, riponiamo tutta la nostra fiducia nella grazia e nella potenza di Dio. Talvolta il Signore può darci qualche “lezione” per abbassare il nostro orgoglio, per invitarci a riporre la nostra piena fiducia in Lui e nelle Sue risorse e farci capire che senza di lui non possiamo fra nulla (Giovanni 15:5).
L’apostolo Paolo ha sperimentato sulla propria pelle l’intervento divino in tale direzione: “E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me; ed Egli mi ha detto: ‘La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza’. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:7-10).
Le locuste
Le locuste sono un esempio di ordine e di unità. Agur ne parla come di un popolo che procede per schiere pur non avendo re. Noi credenti non dovremmo avere capi sulla terra, perché il capo è Cristo, glorificato nel cielo alla destra di Dio Padre. Il popolo di Israele doveva riconoscere Dio come l’unica autorità, ma l’infedeltà e il desiderio di essere simili alle nazioni confinanti l’aveva spinto a chiedere a Samuele un re: “A Samuele dispiacque questa frase: ‘Dacci un re che amministri la giustizia in mezzo a noi’. Perciò Samuele pregò il SIGNORE. Allora il SIGNORE disse a Samuele: ‘Da' ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi non hanno respinto te, ma me, affinché io non regni su di loro’” (1 Samuele 8:6-7). Dio aveva a più riprese comandato a Israele di non imitare ciò che facevano le altre nazioni, ma, nella Sua onniscienza, sapeva che il popolo avrebbe un giorno chiesto un re e nella Sua benevolenza aveva già dato delle predisposizioni in proposito (Deuteronomio 17:14-20). Com’è confortante sapere che il Signore conosce in anticipo le nostre mancanze e le nostre debolezze, e ha provveduto a darci indicazioni anche su delle scelte sbagliate, sempre attraverso la Sua Parola.
“Queste cose avvennero loro per servire d’esempio” a noi “affinché non siamo bramosi di cose cattive, come lo furono costoro” (1 Corinzi 10:6, 11). Non “guardiamoci intorno” e non cerchiamo di assomigliare alle persone che ci stanno intorno, né nella nostra vita individuale né nelle nostre adunanze, dove l’unica autorità è quella del Signore esercitata per mezzo dello Spirito Santo: “È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo”(Efesini 4:11-13); “Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune… ma tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole” (1 Corinzi 12:6-7,11).
Purtroppo in molte comunità cristiane vengono designati dei conduttori con sistemi umani, invece di riporre la fiducia nell’autorità che proviene dall’alto e che provvederà ai bisogni di tutti coloro che sono radunati. Il procedere “per schiere” delle cavallette ci ricorda l’unità di intenti e l’ordine e la disciplina che ci dev’essere nelle chiese, perché il nostro Dio non è un Dio di confusione, e perché ogni cosa si faccia per l’edificazione comune (1 Corinzi 14:26-33). Vi possono essere delle incomprensioni, ma Paolo scriveva agli Efesini: “Vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello Spirito con il vincolo della pace” (Efesini 4:1-3). Come cantiamo spesso:
Il frutto della nostra fede comune potrà moltiplicarsi solo se la nostra testimonianza è efficace, e lo sarà tanto di più se non permettiamo che si manifestino quelle incomprensioni che talvolta rendono difficile la vita d’assemblea.
Le lucertole
Il quarto animale di questo breve brano è per il credente un esempio della gloria futura. Nella prima parte del versetto è messa in rilievo la piccolezza di questo animaletto, tanto che può essere tenuto nel palmo della mano. L’uomo si crede grande, ma che cos’è nei confronti del grande Creatore di cui è scritto: “Egli è assiso sulla volta della terra, da lì gli abitanti appaiono come cavallette” (Isaia 40:12, 22). Quando pensiamo che il nostro pianeta è un minuscolo punto nell’universo e che noi, a nostra volta, siamo un minuscolo punto sulla terra, ci rendiamo conto di quanto siamo piccoli di fronte al nostro Creatore (Salmo 8: 3-4).
Ma alla nostra pochezza fisica si aggiunge la pochezza morale: “Come può dunque l’uomo essere giusto davanti a Dio? Ecco, la luna stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure agli occhi di Lui; quanto meno l’uomo che è un verme, il figlio dell’uomo che è un vermiciattolo” (Giobbe 25:4-6). Ma se siamo degli esseri ignobili, lontani da Dio, “per natura figli d’ira”, e paragonati a dei vermi, la Parola ci rivela l’insondabile mistero della grazia e della misericordia divina nei nostri confronti: “Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo (nei luoghi celesti) in Cristo Gesù” (Efesini 2:3-7).
Quando Davide si insediò come re a Gerusalemme, Mefiboset, un discendente di Saul (leggere 2 Samuele 9: 1-13) zoppo da entrambi i piedi, aveva tutti i motivi per aver paura di lui; Davide, a più riprese perseguitato da Saul, avrebbe potuto vendicarsi sulla sua discendenza. Ma qui c’è il trionfo dell’amore; Davide lo fa cercare e gli restituisce ciò che prima apparteneva a Saul. Di fronte a quest’atto di grazia, Mefiboset dice: “Che cos'è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?”. Il re Davide non solo non lo disprezza, ma subito dichiara che Mefiboset avrebbe mangiato per sempre alla sua mensa, nel palazzo del re, nonostante la sua menomazione.
Per quanto ci riguarda, il Signore si è interessato a noi, ci ha cercato, ci ha trovato e ci ha preparato un posto nella Casa del Padre. Quando ci siamo resi conto di essere dei peccatori perduti e abbiamo creduto al Suo sacrificio, il Signore ha fatto di noi dei figli di Dio, e ora “non si vergogna” di chiamarci fratelli (Ebrei 2:11).
“Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo” (Giovanni 17:24). Come sarà meraviglioso quel giorno in cui potremo apprezzare da vicino la gloria del nostro Re e Salvatore, rivestendo non più dei corpi ignobili, ma gloriosi, incorruttibili e potenti (1 Corinzi 15: 42-44). “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo… In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà, per essere a lode della sua gloria; noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo” (Efesini 1:3, 11-12).
Che queste verità possano scaldare i nostri cuori e portarci a servire il Signore con tutte le nostre forze, come si conviene, con saggezza, umiltà, disciplina e amore per gli altri, nell’attesa di entrare “nei palazzi del Re”!
G.L. Molinari