“Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto”
2 Timoteo 4:5.
L'apostolo Paolo scrive per l'ultima volta a Timoteo. Commovente è l'affetto profondo che prova per il suo figlio nella fede. Impressionante è lo sguardo chiaro col quale, condotto dallo Spirito, vede il suo tempo come anche il futuro fino ai nostri giorni. Notevole è la sua sobrietà.
Quando, come Paolo, si va verso il martirio e ci si vede già pronti a “servire da libazione”, i grandi discorsi d'addio non trovano spazio. È il momento di compiere gli ultimi passi della corsa, con lo sguardo chiaro e in linea retta. Tuttavia, questo genere di “sobrietà” non ha niente di freddo: è l'espressione di colui che sa su quale fondamento si appoggia, che sa in Chi ha creduto. Sul terreno solido in cui si trova, Paolo può con amore consigliare, aiutare, insegnare il buon cammino e addirittura esprimere la speranza che potrà ancora una volta rivedere Timoteo.
L'ottimista spera che le cose non saranno poi così gravi come potrebbero sembrare; il pessimista teme che il peggio stia per avvenire. Questi non sono gli atteggiamenti del credente. La sobrietà vigilante, il giusto equilibrio, ci preserva da questi due estremi. Si sente dire, a volte: la ragione calcola, la fede no, si fida. Certo, la fede si fida! Cionondimeno, ragiona, ma ragiona con Dio. Ecco il punto importante.
Ci sono situazioni nelle quali dobbiamo avere una fiducia cieca, per esempio nel corso di malattie o altre prove permesse da Dio, alle quali siamo esposti in quanto creature; non fiducia di guarire, ma di sapere che i nostri giorni sono nelle mani di Dio (cfr Salmo 31:15) e che nulla può accaderci senza che Lui non l’abbia comandato o permesso. Se però si tratta della parte attiva della nostra vita di fede, del compimento dei nostri incarichi, del serbare il buon deposito che ci è stato affidato e del cammino della fede che stiamo percorrendo, allora abbiamo bisogno di vegliare, abbiamo la necessità di questo sobrio e corretto calcolo della fede che conta su Dio.
Uno sguardo sull’insegnamento generale di 2 Timoteo 4 mostra che l’esortazione “ma tu, sii vigilante in ogni cosa” riguarda prima di tutto il rischio delle “favole” che conducono alla deviazione dal sano insegnamento della Parola di Dio. Questo pericolo è al giorno d'oggi altrettanto attuale quanto ai giorni di Timoteo: le correnti carismatiche (io metterei prima “certe”), gli spiriti seduttori, le dottrine di demoni (1 Timoteo 4:1), le alterazioni del testo biblico ne sono degli esempi. Timoteo doveva essere sobrio, vegliare su tutto questo. Pietro esprime qualcosa di simile quando dice “Perciò, dopo aver predisposto la vostra mente all'azione, state sobri, e abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata al momento della rivelazione di Gesù Cristo” (1 Pietro 1:13). Non dobbiamo lasciare i nostri pensieri svolazzare qua e là come un vestito senza cintura ma, nella sobrietà, dobbiamo contare sulla grazia. Questo dev’essere il nostro atteggiamento di fondo. Paolo viveva così. Questo era manifesto nei momenti di “guerra”: in occasione della sua difesa davanti al re Agrippa, al rimprovero di Festo “Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuori di senno”, aveva potuto rispondere in totale buona coscienza “Pronunzio parole di verità, e di buon senno”(Atti 26: 24, 25).
Sobrietà e ponderazione significano essere sereni e riflessivi nel nostro spirito, esenti da passioni e da sbalzi d'umore, con la loro influenza negativa. Alcuni dicono: “L’uomo non è mai così ingiusto come quando pensa di lottare per la giustizia”. Ci auguriamo che non abbiano ragione per quanto riguarda noi credenti. Dio si aspetta da noi un combattimento, ma un combattimento diverso: quando Giuda esorta “a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre”, fa certamente appello a tutta la nostra determinazione, ma questo non corrisponde ad avere uno “spirito combattivo”. Non dimentichiamoci che, laddove ci sia un combattimento dello Spirito, la carne cerca sempre di prendervi parte. Allora, la battaglia spirituale degenera in difesa di punti di vista e gli interessi del Signore restano in secondo piano. Purtroppo, ci si accorge delle conseguenze solo quando è ormai troppo tardi.
Quando guardiamo indietro, siamo portati a riflettere. Pensiamo alle molte cose che purtroppo vanno male nel popolo di Dio, e che il tempo passato non ha portato con sé la stabilità tanto desiderata. Allora, quanto bene ci fa quest’altra parola rivolta a Timoteo: “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d'amore e di autocontrollo”(2 Timoteo 1:7). Che dono è questo! La forza di Dio per il servizio e l'amore come motore di un sobrio buon senso, come virtù.
Ci dia il Signore di essere “pronti all’azione”, come dice Pietro, per avanzare sul cammino che ci sta davanti e per lavorare per Lui. Se ci basiamo sulle Sue preziose promesse, facciamolo nella sobrietà. È pur vero che il Signore promette la Sua presenza in mezzo a coloro che sono radunati al Suo nome, anche fossero solo due o tre, ma facciamo attenzione a non imitare Elia che pensava “Sono rimasto io solo”(1 Re 19:14). Se accade che, da qualche parte, non ci siano più di due o tre persone che si radunano insieme, è una cosa triste di cui non c’è da vantarsi; ma il fatto che, nonostante questo, il Signore mantenga la promessa della Sua presenza è una testimonianza particolarmente colpente della Sua fedeltà.
Davide disse: “Con te io assalgo tutta una schiera, con il mio Dio salgo sulle mura” (Salmo 18:29). Diamo fiducia a Dio anche in ciò che sembra impossibile. Prendiamolo in parola e incoraggiamoci l’un l'altro a farlo.
E. E. Hücking