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venerdì 31 gennaio 2025

I princìpi del radunamento cristiano (3)

1.1.2 I propositi di Dio

Non temiamo di approfondire un tale soggetto. Non si può avere una giusta visione di tutto ciò che è in rapporto con la Chiesa se non si presta attenzione a quello che le Scritture rivelano del disegno di Dio verso di essa, per la Sua gloria.

La Chiesa è nei consigli eterni di Dio destinata a condividere la gloria di Cristo, che è divenuto il Figlio dell’uomo per morire per noi, che è risuscitato dai morti, ed ora è seduto alla destra di Dio nel cielo. Ben presto «secondo il mistero della sua volontà» Dio riunirà in uno tutte le cose in Cristo, «tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra» (Efesini 1:10).

La Chiesa sarà associata a questo Re. Gli è data perché Egli sia capo di tutte le cose e perché gli sia unita come il suo stesso corpo, «il compimento (o la pienezza) di Colui che porta a compimento ogni cosa in tutti» (Efesini 1:23). Per un tale avvenire essa è stata formata!

 

1.1.3 La sua precisa posizione

Da quanto considerato si comprende la particolare posizione assegnata quaggiù alla Chiesa. Il credente, benché nel mondo, non è del mondo, perché Cristo non lo è (Giovanni 17:14).

La «chiamata fuori» dalla comunità ebraica di Gerusalemme la troviamo descritta in Atti 2:47 e Atti 5:14; quella di Atti 18:7 e Atti 19:9 fa uscire i credenti dal giudaesimo in generale; quanto alla separazione dei pagani, era ovvia (Galati 1:4; 1 Corinzi 12:2).

In 1 Corinzi 10:32 troviamo la più netta distinzione possibile: «Non siate motivo di intoppo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio». I Giudei erano il popolo terreno di Dio, in procinto di essere rigettati, i Greci rappresentavano il rimanente degli uomini; la «Chiesa di Dio» è formata da coloro che non sono più né Giudei né Greci, ma «uno in Cristo Gesù» (Galati 3:28).

 

1.1.4 La sua composizione

La Chiesa è formata unicamente da coloro che posseggono la vita nuova di Cristo, la vita di Dio. «Noi tutti abbiamo ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi, e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito» (1 Corinzi 12:13). Questi «noi» sono evidentemente, con l’apostolo, coloro ai quali si indirizza la sua epistola, cioè i santificati in Cristo Gesù, «chiamati ad essere santi» (1 Cor. 1:2). Essi appartengono a Cristo, Egli è il «Signore loro e nostro». Li ha acquistati a Dio per mezzo del suo sangue e il suo Spirito dimora in loro. Essi «sono di Cristo» (Galati 3:29). Sono tutti accettati da Dio come figli. La loro posizione davanti a Lui è la stessa di Cristo; potrebbe Dio accettare qualcuno che non sia «in Cristo»?

Tutti i credenti senza distinzione fanno parte per sempre della Chiesa: la loro posizione relativa alla salvezza è sicura. Quando, però, dei non credenti si vantano di far parte della Chiesa cristiana, o quando una «chiesa» che si nomina cristiana annovera tra i suoi membri e associa alla sua vita persone palesemente inconvertite, la responsabilità è molto grave. Non sono i riti o le formalità esteriori, come il battesimo, che salvano, ma la fede personale in Gesù Cristo. Lo Spirito Santo mette il suo sigillo su questa fede e la manifesta.

La Chiesa è formata da tutti i credenti, dal giorno della discesa dello Spirito Santo alla Pentecoste, fino alla venuta del Signore. Questo insieme, completo, Cristo lo presenterà a se stesso come Chiesa gloriosa, senza macchia, né ruga, né alcuna cosa simile (Efesi 5:27). Sino a quel glorioso momento, gli insegnamenti dati dalla Parola riguardano la Chiesa sulla terra, formata dai credenti viventi e di cui Cristo si prende cura (v. 26), cioè la Chiesa come insieme dei credenti esistenti sulla terra nello stesso momento. Non possono conoscersi tutti, ma Dio conosce tutti i suoi figli; essi sono tutti allo stesso titolo membri della sua Chiesa. L’unità proviene dal fatto che hanno tutti la stessa vita, quella di Cristo risuscitato.


(segue)

31 gennaio - Quale futuro?

“Io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza”.

Geremia 20:11

 

 

Il movimento “punk”, che comparve negli anni settanta del secolo scorso, aveva un motto che si poteva leggere sui muri di alcune città: “No future” (nessun futuro). Esprimeva l’amarezza e la delusione della gioventù che non vedeva davanti a sé un futuro, se non quello di “esistere senza vivere”.

Sono trascorsi quarant’anni e l’espressione “no future” non è più utilizzata; ma qualcosa della sua sostanza resta: un’angoscia profonda di fronte ad un avvenire incerto. Al di là di un indiscutibile progresso tecnologico, cosa si vede? Ingiustizia, disoccupazione, conflitti sociali, corruzione, terrorismo, droga, malattie inguaribili... Si va alla ricerca di compensazioni, di qualcosa che riscaldi il cuore e aiuti a superare le difficoltà. Il materialismo non riempie il cuore; la religione, per come la si presenta, è superata e non più credibile. Così si diventa agnostici, o si aderisce alle credenze più strane... Ma che delusione!

Dunque, niente futuro? Nessuna speranza? No! C’è un futuro di felicità per ogni uomo che si rivolge a Dio tramite Gesù Cristo, un futuro che dà alla vita tutto il suo vero significato. Dio non è cambiato dall’epoca in cui si rivolgeva al profeta Geremia (vedi il versetto di oggi) e non cambierà mai. Egli è vero, è amore. Salva ogni persona che lo cerca e gli dà fiducia: “Mi cercherete e mi troverete”, dice Dio (Geremia 29:13,14). Egli, ancora oggi, apre le braccia per ricevere chi è nell’angoscia; vuole dargli un domani, un futuro di vita che non finirà!

 

giovedì 30 gennaio 2025

I principi del radunamento cristiano (2)

 

1.1 La Chiesa secondo il pensiero di Dio

1.1.1 Il suo prezzo

Non mediteremo mai abbastanza su quanto la Parola ci dice circa il valore che la Chiesa ha per Cristo e per Dio. Cristo la chiama «la mia Chiesa» (Matteo 16:18), e questa espressione è sufficiente per evidenziare la presunzione degli uomini nel momento in cui vogliono fondare la loro propria Chiesa. Essa è la Chiesa di Cristo; ed è Lui che la edifica. Ha tutti i diritti su di essa; è di sua proprietà. Il versetto ben conosciuto di Efesini 5:25 descrive questi diritti, che sono dettati dall’amore; ci dice a quale prezzo Egli l’ha acquistata: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei». Il mercante della parabola ha venduto tutto ciò che aveva per comperare la perla di gran valore, ma Cristo ha pagato molto di più: ha dato la sua vita per la Chiesa.

 La Parola usa l’espressione «Chiesa di Dio» più frequentemente che «Chiesa di Cristo», e questo fa risaltare ancora di più il valore elevato che ha nei pensieri e nelle affezioni divine, perché il «Capo di Cristo è Dio» (1 Corinzi 11:3). Paolo raccomanda agli anziani di Efeso di «pascere la Chiesa di Dio» e aggiunge subito dopo: «La quale Egli ha acquistata col proprio sangue» (o «col sangue del suo proprio Figliuolo») (Atti 20:28).

 Ciascuno di noi consideri tali espressioni. Il soggetto della Chiesa non è lasciato alla nostra personale valutazione, non è un argomento di controversie inutili. Ecco quanto la Chiesa è stimata da Cristo e da Dio. Informiamoci attentamente su ciò che essa è, sul modo in cui noi dobbiamo condurci in essa, sul ruolo e sulla posizione che la Parola le assegna quaggiù, sulla sua speranza, sul suo avvenire. Hanno diritto gli uomini di plasmarla a loro piacere?

 È grave disprezzare «la Chiesa di Dio» (1 Corinzi 11:22, Apocalisse 3:9). Ogni leggerezza, ogni indifferenza a questo riguardo sarebbe un deplorevole disinteresse perciò che Dio ama, per ciò che Cristo ama. Il sangue del Figlio di Dio, il sacrificio di Cristo, l’amore di Cristo non ci toccano? O ci accontenteremmo egoisticamente di sapere che siamo salvati, senza considerare caro e prezioso al nostro cuore ciò che ha grande valore per il Signore?


    (segue)

2. Beati quelli che sono afflitti

Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.

Matteo 5:4

 

(Dio) ci consola in ogni nostra afflizione.

2 Corinzi 1:4

 

 

In questa “beatitudine” l’afflizione (che qui significa anche lutto) è la tristezza provata in tutte le circostanze che comportano delle rotture, delle perdite irrimediabili, dei dolori. Essa non esclude però la gioia che i credenti hanno “nel Signore”, perché questa tristezza, accettata con umiltà, non ha niente a che fare con quella dovuta a desideri inappagati, che mina la persona nell’interiore e distrugge la speranza. “La tristezza del mondo produce la morte”, scrive l’apostolo Paolo. Ma poi aggiunge: “la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c’è mai da pentirsi” (2 Corinzi 7:10). La tristezza provocata dalla scoperta della nostra natura malvagia è utile e positiva perché conduce chi la prova a distogliersi dal male e a volgersi verso Dio. Non abbiamo mai avuto lo spirito contristato a causa di peccati commessi? Quelli che piangono sulle proprie colpe sono confortati dall’unica consolazione che può calmarne l’angoscia: il perdono di Dio.

Quando ci sentiamo come sommersi di fronte a tanta ingiustizia e tanta sofferenza, l’unico percorso che ci può liberare dall’influenza del male è parlarne al Signore, con uno spirito di intercessione per quelli che ne sono coinvolti. Allora, oltre a dare una bella testimonianza, proveremo noi stessi qualcosa delle consolazioni di Dio, nell’attesa del giorno in cui la morte, “l’ultimo nemico”, sarà vinta (1 Corinzi 15:26). In quel giorno, la consolazione di Dio sarà completa: “Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” (Apocalisse 7:17). 

(il seguito al prossimo lunedì)

mercoledì 29 gennaio 2025

I principi del radunamento cristiano (1)

Le istruzioni e le esortazioni del Nuovo Testamento considerano raramente il cristiano da solo, ma lo vedono come facente parte di un insieme, quello dei «santi» (Romani 1:7; 1Corinzi 1:2, 14:33, 16:40; Giuda 4, ecc…). La qualifica di «santi» non è dovuta a meriti propri, ma dipende dall’appello di Dio, in virtù dell’opera perfetta di Cristo. I riscattati del Signore sono tutti «fratelli santi», partecipi di una celeste vocazione (Ebrei 3:1).

La portata di questi insegnamenti è generalmente collettiva. Quando Paolo ordina a chiunque nomina il nome del Signore di ritirarsi dall’iniquità, o quando esorta Timoteo ripetendogli «ma tu», egli orienta i pensieri del fedele verso un insieme con il quale deve fedelmente servire il Signore. I termini dell’ingiunzione di 1 Timoteo 6:11 «fuggi… ricerca…» si ritrovano in 2 Timoteo 2:22 dove però sono seguiti, essendo per un tempo di maggior rovina, da questa preziosa indicazione: «… con quelli che invocano il Signore con un cuore puro». È dunque molto importante sapere perché, dove, come, con chi, dobbiamo radunarci secondo Dio. Troppo spesso si seguono a questo riguardo le abitudini della propria famiglia, del proprio ambiente e del proprio paese.

Il mondo cristianizzato è formato da numerosi raggruppamenti che si qualificano cristiani, alcuni dei quali si nominano ufficialmente «chiesa» con una collocazione caratteristica: chiesa cattolica, chiesa anglicana, riformata, luterana, presbiteriana, metodista, libera, battista, ecc… l’elenco di tutte le denominazioni cristiane sarebbe molto lungo.

Molti credenti sinceri, rattristati da queste divisioni, lavorano attualmente per ricostruire l’unità della Chiesa, cercando di riunire membri di «chiese» diverse ma in accordo su un certo numero di punti comuni; purtroppo questi punti non sono sempre essenziali, cioè verità dottrinali. Gli stessi promotori più convinti di questo movimento ecumenico (altrimenti detto universale), già non sarebbero d’accordo nel definire cosa significa essere «cristiano». Che dire delle divergenze d’opinione sull’ispirazione delle Scritture, sulla divinità di Gesù, sulla realtà della sua risurrezione? Ci sarà una concezione di Dio valevole per tutti?

Ci rallegriamo per tutto ciò che viene fatto per avvicinare pacificamente gli uomini. Umanamente riconosciamo apprezzabile il proclamare un comune attaccamento agli insegnamenti di Cristo nella speranza di migliorare il mondo (ammesso che sia migliorabile). Siamo felici di pensare che molti di coloro che lavorano in quest’opera siano dei veri e cari figli di Dio. Ma in tale campo la buona volontà non basta. Questi generosi sforzi applicati ad elaborare compromessi che preservino le convinzioni profonde dei vari adepti, e ad edificare una chiesa lasciando sussistere chiese diverse, non si basano minimamente sugli insegnamenti della Parola di Dio intorno alla vera unità cristiana e al radunamento secondo il Signore. È a questa Parola che dobbiamo riferirci.

Un’iniziale ed essenziale constatazione è che la Parola non tratta mai di diverse chiese tra le quali i credenti si trovano divisi e che bisogna riunire. Essa parla di loro come facenti parte di una sola e medesima Chiesa, di cui possono esistere un gran numero di espressioni locali, cioè di radunamenti in vari luoghi. La Parola non riconosce altra Chiesa all’infuori di questa.

Gravi confusioni provengono dall’esistenza di punti di vista molto differenti. Da un lato c’è la Chiesa tale quale è agli occhi di Dio, e dall’altro la forma che sulla terra gli uomini hanno dato a questa Chiesa. Il disegno e il pensiero di Dio da un lato, e dall’altro la responsabilità dell’uomo e i risultati del suo lavoro.

Per sapere come dobbiamo condurci in seno alla Chiesa oggi esistente sulla terra, bisogna avere innanzitutto un’idea giusta di quello che essa è agli occhi di Dio.


(segue domani)

29 gennaio - Dio, l’unico

“A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?”

“Io sono Dio, e non ce n’è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me”.

Isaia 40:18; 46:9

 

 

Voi e io cominciamo ogni giorno bisognosi di qualcosa. Sono i bisogni primari a spingerci fuori del letto. Ma per Dio non è così. Dio non è una creatura, è autosufficiente sufficiente a Se stesso. Non dipende da niente e da nessuno.

“Il Padre ha vita in se stesso”, ha detto il Signore Gesù (Giovanni 5:26).

Non è semplicemente vivo, ma Egli stesso è vita.

Dio era prima che qualsiasi cosa venisse all’esistenza.

Ma la maestà e la santità di Dio sono una buona notizia per noi?

Quando il profeta Isaia ebbe una visione di Dio e della Sua gloria non poté fare a meno di dire: “Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il SIGNORE degli eserciti” (Isaia 6:5).

La maestà e la santità di Dio non sono una buona notizia per noi peccatori, ma le parole che Egli ci ha lasciato nel Vangelo, quelle lo sono. Ascoltale:

“Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è venuto in terra a morire per noi, a subire al nostro posto il castigo che Dio doveva far cadere su noi per i nostri peccati. In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12).

Non per niente la parola Evangelo significa buona notizia.

martedì 28 gennaio 2025

Determinato consiglio

“quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto” Atti 2:23-24.

La croce non fu un incidente, la croce di Cristo non fu la conseguenza di avvenimenti inaspettati, non fu una tragica sorpresa e non fu neppure una misura straordinaria di emergenza. La morte del Signore fu tutt'altro che un rischio imprevisto ma fu dovuto al determinato consiglio e alla prescienza di Dio.

Faceva parte di un piano straordinario, un piano di pura misericordia. Nel momento in cui il frutto proibito toccò le labbra di Eva, apparve all'orizzonte l'ombra della croce.

Il Signore venne sulla terra per una ragione: per dare la sua vita come riscatto per me, per te, per tutti noi. Sacrificò se stesso per aprirci una strada incredibile, una strada che conduce alla vita eterna. Si sarebbe abbassato fino ad una posizione impensabile e lo fece: “Abbassò se stesso fino alla morte e alla morte della croce”.

Andò alla croce dove la disperazione dell'uomo si scontrò con la smisurata grazia di Dio.

Il Dio che barattò la sua regalità celeste con la povertà terrestre, il suo letto divenne un giaciglio, dipendeva dalle donazioni, sapeva che vuol dire non avere casa  “E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo»” Luca 9:58. Fu schernito, i suoi concittadini cercarono di gettarlo giù da una rupe “E levatisi, lo cacciaron fuori della città, e lo menarono fin sul ciglio del monte sul quale era fabbricata la loro città, per precipitarlo giù” Luca 4:29.

I suoi cercarono di dissuaderlo, fu accusato di un crimine che non aveva mai commesso, furono assoldati falsi testimoni, un giudice fu influenzato dal popolo ed emise una condanna a morte, lo uccisero, perché?

Per il dono che soltanto Lui poteva dare.

Lui che era perfetto diede a noi la sua fedina perfetta e prese su di se le nostre imperfezioni.

28 gennaio - Cristiani d’un tempo e di oggi

Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi.

1 Pietro 4:14

 


Nel terzo secolo dell’era cristiana, Cipriano, futuro vescovo di Cartagine, scriveva al suo amico Donato: “Questo mondo è malvagio, Donato, incredibilmente malvagio. Ma io vi ho scoperto della gente amabile e santa che ci ha insegnato un grande segreto. Essi hanno trovato una gioia che è mille volte superiore a tutti i piaceri d’una vita di peccato. Sono disprezzati e perseguitati, ma questo non li scoraggia. Questa gente, Donato, sono i cristiani... e ormai anch’io sono uno di loro”.

Non ci stupiamo se il mondo di allora era malvagio come quello dei nostri giorni. Ma in quel mondo vivevano delle persone che, dopo aver lasciato i piaceri di una vita di peccato, avevano trovato la loro felicità in Gesù Cristo. Erano perseguitati, ma sapevano che “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Timoteo 3:12).

Questa testimonianza resa ai credenti del primo secolo ci chiama in causa. Altri, prima di loro, erano imprigionati, denutriti e maltrattati (Ebrei 13:3), e avevano “accettato con gioia” di essere privati dei loro beni, sapendo di avere altre ricchezze nei cieli (10:34).

Oggi, molti cristiani subiscono l’oppressione, i maltrattamenti, la prigione. Preghiamo per i nostri fratelli e sorelle perseguitati. Che la fede di tutti i credenti ci stimoli, ci strappi dall’indolenza e faccia di noi dei testimoni più viventi, che non si vergognano dell’Evangelo di Dio!


lunedì 27 gennaio 2025

Nel regno

“In quell'ora i discepoli si accostarono a Gesù e gli chiesero: Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli? E Gesù, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli” Matteo 18:1-3.

La domanda dei discepoli inizia con questo termine “chi dunque” o “allora”. Le parole del Signore Gesù (17:25-26) avevano aperto un nuovo orizzonte parlando di ciò che fanno i re della terra e ben sappiamo che le società umane trattano le questioni di rango con molta serietà; come devono essere trattate queste nella società di Dio?

La risposta del Signore è radicale e in questa è subito evidente un rovesciamento totale delle scale di valori umane. Un bambino era un essere senza importanza nella società giudaica, uno di cui doversi curare, non uno da rispettare. 

“Cambiare” e “diventare come i bambini” è perciò un riordinare radicalmente la propria mentalità passando dalla corsa al successo all'accettazione della mancanza di valore.

Il regno dei cieli, cioè la sfera nella quale Cristo regna, può essere vista dalla nostra carne come un'opportunità e perciò aprire una corsa a posizioni privilegiate, di supremazia  verso gli altri. Il Signore invece dichiara che in questo regno i principi sono diversi.

“Chi dunque si umilierà come questo piccolo fanciullo, sarà il più grande nel regno dei cieli” v.4.

La vera grandezza nel “regno dei cieli” la si deve ricercare nell'essere piccoli, la vera importanza nell'essere umili, semplici, innocenti, sensibili, avendo fiducia nel Padre.

27 gennaio - L’amore cristiano in azione

Siate tutti concordi, compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi e umili; non rendete male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedite; poiché a questo siete stati chiamati affinché ereditiate la benedizione.

1 Pietro 3:8-9

 


 

Fin dalla nascita del cristianesimo, la Chiesa di Dio è stata costituita da credenti di tutte le lingue e di ogni nazione. Quei cristiani di diversa origine etnica, sociale, culturale erano chiamati a vivere insieme nelle loro assemblee.

Uniti al loro comune Salvatore e Signore mediante lo Spirito Santo, essi lo amavano, gli ubbidivano e cercavano di mettere in pratica qualcuno dei Suoi gloriosi caratteri. In questo senso l’apostolo Pietro li incoraggia dicendo:

– “Siate tutti concordi”, cioè di un unico sentimento, lo stesso che animava il Signore quand’era sulla terra: dimenticare se stessi per poter servire gli altri (Filippesi 2:1-8).

– “Compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi”: è l’amore in azione, che prende a cuore i problemi degli altri per venire loro in aiuto.

– Rimanete “umili”, non dimenticando che tutto è dovuto alla grazia di Dio.

– “Non rendete male per male”: il discepolo di Cristo deve seguire l’esempio del suo Maestro che “oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui (Dio) che giudica giustamente” (1 Pietro 2:23).

Anche l’apostolo Paolo fa delle esortazioni simili: Rivestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione... La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente” (Colossesi 3: 14-16).

Che anche noi possiamo avere sempre il desiderio di mostrare al Signore, con la pratica dell’amore e dell’ubbidienza, che lo amiamo e siamo felici di averlo conosciuto.


domenica 26 gennaio 2025

Il nome di Dio

“Non pronunciare il nome del SIGNORE, Dio tuo, invano”  Esodo 20:7.

Spesso viene citato questo comandamento quando udiamo qualcuno maledire il suo nome o bestemmiare, ma questo ordine ha un estensione ben più vasta.

In primo luogo era rivolto a Israele suo popolo. Oggi il suo popolo siamo noi cristiani.

Il nome di Dio rappresenta ciò che Egli è, la Sua natura. Anche nel “Padre nostro” la Bibbia ci insegna a avere questo rispetto verso il nome di Dio, infatti preghiamo che il Suo nome venga santificato. 

Possiamo profanare il Suo nome con un linguaggio licenzioso, ma nominare questo nome non è soltanto una questione di parole, quanto anche di pensieri e di azioni.

Noi lo nominiamo quando siamo raccolti in chiesa, nelle nostre conversazioni fra credenti ma ogni qualvolta il nostro comportamento non è coerente con il nostro credo, o quello che facciamo contraddice l'uso di questo nome, lo nominiamo invano. 

Chiamare Dio “Signore” e disobbedirlo significa nominare il Suo nome invano. Chiamare Dio “Padre” e avere il cuore ripieno delle cose di questo mondo, di ciò che gli è contrario, significa negare il Suo nome.

26 gennaio - Il momento opportuno

“Il nostro Dio, che noi serviamo, ha il potere di salvarci e ci libererà dal fuoco della fornace ardente e dalla tua mano, o re. Anche se questo non accadesse, sappi, o re, che comunque noi non serviremo i tuoi dèi.”

Daniele 3:17-18

 

 

Non sempre il Signore ci libera dalla prova, ma la attraversa con noi. Leggendo il racconto di Daniele 3 possiamo comprenderlo meglio.

Il momento opportuno è il momento che Dio ritiene adatto, utile, appropriato, per rispondere alle nostre preghiere. Il problema dei tre amici di Daniele non era tanto di essere liberati dalla fornace, quanto che Dio fosse glorificato nella loro prova, e la loro fiducia è stata ricompensata dalla presenza di un quarto uomo, un angelo, il cui aspetto era “simile a quello di un figlio di Dio” (3:25)!

La nostra libertà è di poterci mettere in preghiera davanti a Dio in ogni momento, ma Lui si riserva di risponderci quando riterrà che sia giunto il momento adatto. E la Sua risposta potrebbe essere:

– “Sì”, quando ci dà quello che chiediamo.

– “No”, quando non ci dà quello che abbiamo chiesto.

– “Aspetta”, quando ci darà più tardi quello che abbiamo chiesto, e vuole che aspettiamo il momento che Lui ritiene opportuno.

“La mia grazia ti basta” (2 Corinzi 12:9), quando ha un piano per noi che oggi non possiamo capire ma che, al momento opportuno, comprenderemo, e vuole che siamo pazienti nell’attesa, con la ferma convinzione che Egli fa ogni cosa per il nostro bene.

sabato 25 gennaio 2025

Chi sono?

(Gesù disse:) “A chi vince io darò… un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve”. Apocalisse 2:17

“Nessuno conosce il mio nome!” Questa frase è il titolo di un best seller americano. Non ci stupisce che abbia riscosso un grande successo! Chi non ha mai sperimentato in qualche momento della vita la solitudine e il senso di anonimato? La sensazione di essere incompresi è molto comune, e forse anche noi qualche volta ci siamo chiesti: “Ma in fondo, chi sono?”

La Bibbia ci parla di un nome che “nessuno conosce, se non colui che lo riceve”. Questo nome sarà dato come ricompensa ai credenti vincitori che scopriranno la loro vera identità. Essi conosceranno come sono stati conosciuti da Dio stesso. Si renderanno conto dell’opera che Egli ha compiuto in loro per renderli “conformi all’immagine del Figlio suo”, e comprenderanno il perché di tante prove quando ne contempleranno i gloriosi risultati.

Fin da ora, il Signore desidera comunicare coi suoi che sono ancora sulla terra. Vuole farmi conoscere chi sono. Certo, una creatura fragile, ma anche una persona unica per Lui, che Egli ama personalmente e per l’eternità. Più gusto il suo amore, più scompare il senso di solitudine. Proseguendo nella vita, realizzo meglio la mia nuova identità in Cristo e riconosco che per lui ho un grande valore. Egli “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20) e desidera avermi con sé per sempre (Giovanni 17:24). Vivendo in comunione con Lui, posso seguirlo passo passo, guardando a Lui e cercando di piacergli.

25 gennaio - “Non c’è posto!”

(Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.

Luca 2:7

 

 

Forse te l’hanno detto quando sei andato in cerca di lavoro: “Mi dispiace, non c’è posto per te in questa azienda”. O in una società sportiva: “Non c’è posto in questa squadra”. O te lo ha detto un intollerante: “Non c’è posto per gente come te”. Oppure qualcuno che ami: “Non c’è posto per te nel mio cuore”!

Gesù conosceva il suono di queste parole. Poco prima della Sua nascita, i Suoi genitori non avevano trovato “posto” nell'albergo. E quando pendeva dalla croce, non era forse quello un messaggio di rifiuto estremo? “Non c’è posto per te nel nostro mondo”.

Ancora oggi Gesù riceve sovente lo stesso trattamento. Passa di cuore in cuore chiedendo il permesso di entrare. Ma il più delle volte si sente rispondere con le parole dell’albergatore di Betlemme: “Mi dispiace. Troppo affollamento, non c’è posto per te.”

Comunque, di tanto in tanto riceve il benvenuto. Qualcuno spalanca la porta del proprio cuore e lo invita ad entrare! E a persona chi fa questo il Signore fa una promessa: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore” (Giovanni 14:1-2).

Dio ha abbondanza di spazio per te. Che cosa meravigliosa!

Se gli facciamo spazio nel nostro cuore, Lui ci fa spazio nella Sua casa.

venerdì 24 gennaio 2025

Ebrei

L’inizio di questa lettera è meraviglioso. Ci mette davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, il quale, come Figlio di Dio, fu esaltato al di sopra degli angeli, e come uomo divenne un po' inferiore agli angeli, e per la sua obbedienza ricevette un nome più eccellente di loro. Chi può essere paragonato a Lui? Mosè e Aronne, gli uomini dell'antico patto, non possono reggere il confronto con Lui. In Lui, Dio stesso è apparso sulla terra e ha rivelato i pensieri del suo cuore, non attraverso i suoi servi, ma con la sua stessa voce. 

“Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti” Ebrei 1,1. 

Il principale intento dello scrittore è quello di mostrare l'assoluta superiorità del vangelo che è stato rivelato in Cristo, questo rispetto alla rivelazione parziale e incompleta data tramite i profeti. Non potevano, i profeti, dare una rivelazione così chiara e completa come quella che che il Figlio stesso ha dato. Entrambe le rivelazioni ebbero la stessa origine divina ma adesso Dio rivela pienamente se stesso in modo che l'uomo lo possa conoscere e avvicinarsi a Lui. Le varie profezie, periodiche e parziali, sono ora adombrate dalla perfetta e definitiva rivelazione di Dio tramite il Figlio.

Dio aveva parlato molte volte, in differenti modi e in molteplici maniere ma le rivelazioni profetiche erano frammentarie. Aveva parlato tramite sogni, visioni e profeti, qui ci è detto “anticamente” questo perché Malachia, l'ultimo nell'elenco dei profeti, era morto da più di 400 anni. Tale rivelazione venne data ai padri, cioè il popolo ebreo, perché a loro erano stati affidati gli oracoli di Dio.

La persona e la gloria del Figlio vengono portati a testimoniare di questa superiorità.

“in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi” ver.2. 

La definitiva e completa rivelazione di Dio è giunta a noi per mezzo del Figlio (letteralmente in Figlio) questo per sottolineare la suprema grandezza di colui che è venuto a rivelarcela.

I profeti erano stati solo dei canali che comunicavano la Parola da parte di Dio ma Cristo era la Parola stessa e la Sua rivelazione è unica.

“Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere” Giov. 1:18. 

Il Signore Gesù dichiarò: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” Giov. 14:9. Cristo non parlò solamente per conto di Dio ma in qualità di Dio. L'antica rivelazione  è dunque inferiore alla nuova, essa era stata data tramite uomini mortali e soggetti al peccato e non possedevano ne l'autorità ne la dignità del Figlio e per mettere in ancor più in risalto l'infinità superiorità del Figlio, lo scrittore lo presenta come “L'erede di tutte le cose”. L'universo stesso gli appartiene ed è per mezzo di Lui che Dio ha creato i mondi. 

“Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi”  ver.3.

Cristo è la perfetta rappresentazione del Padre. Tutte le perfezioni divine sono presenti in Lui. Questo non si può dire di nessun altro. Ecco perché vediamo Dio in Lui in tutto ciò che dice e fa. In Lui si vede la gloria di Dio; In Lui si esprime la natura di Dio, tanto che Egli può dire: “Chi vede me vede colui che mi ha mandato” (12,45).  Giovanni dice: La vita eterna che era presso il Padre ci è rivelata. E Paolo dice: Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito, il capo di tutta la creazione. Di conseguenza, Egli sostiene tutte le cose con la parola della Sua potenza. E' Lui che sostiene ogni cosa, non vi è nulla di statico, è Cristo che con la Sua onnipotenza sostiene tutte le cose. L'universo stesso si muove con ordine proprio perché sostenuto dal Signore. Tutta la creazione trova il Lui il proprio sostegno. Se vediamo del disordine e della rovina la vediamo solo in questo mondo che è soggetto all'uomo. Egli è presentato come: “ lo splendore della sua gloria e impronta della sua essenza”

Ma la gloria successiva è la più stupefacente “dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi” Il creatore e il governatore dell'universo si è fatto carico dei peccati. Per creare l'universo non dovette fare altro che parlare, ma per togliere i peccati una volta e per sempre Egli dovette morire sulla croce del Golgota. E' straordinario l'amore di Dio, guardando a Cristo che sceglie di abbassarsi, divenendo il mezzo di salvezza per tutti gli uomini e ora possiamo contemplare la Sua esaltazione quale Signore seduto su di un trono “alla destra della Maestà nei luoghi altissimi”, posizione di onore e privilegio datagli da Dio che lo ha sommamente esaltato (Isaia 52:13). Questa gloria è stupefacente; una gloria divina, ma rivelata nel figliolo dell'uomo. 

“Così è diventato di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro” ver.4.

Lo scrittore della lettera mostra ora che il Signore Gesù sta al di sopra degli angeli, delle creature celesti definite: “potenti e forti” Salmo 103:20. Queste creature potenti e forti sono chiamate ad obbedire cioè ad essere sottomesse alla Sua voce e questo lo fa per mostrare la superiorità della rivelazione cristiana rispetto a quella ebraica. Gli angeli avevano avuto un considerevole ruolo in quest'ultima, era quindi necessario che una comparazione degli angeli con il Figlio fosse fatta. Dio si è avvalso spesso del ministero degli angeli nei suoi rapporti con il popolo di Israele e con i suoi padri. Gli ebrei avevano "ricevuto la legge promulgata dagli angeli" e se ne vantavano (Atti 7:53; Eb 2:2 ; Gal 3:19); e apparizioni di esseri angelici furono frequenti nell'arco della storia del popolo di Dio.

Prima della Sua elevazione Egli era stato fatto a motivo dell'incarnazione, un poco inferiore agli angeli ma  con la sua resurrezione, Dio, lo ha esaltato e posto sul trono nella gloria altissima.

24 gennaio - Morire ed essere con Gesù

Siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore.

2 Corinzi 5:8

 

Ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio.

Filippesi 1:23

 

 

Da ciò che la Parola di Dio ci rivela, possiamo dire che dopo la morte il credente è in uno stato di felicità cosciente. La sua anima aspetta ancora la risurrezione del corpo, è vero, ma è cosciente e felice alla presenza del Signore.

Questa era la certezza dell’apostolo Paolo. Egli scriveva che quando “partiamo (o siamo assenti) dal corpo”, “abitiamo (o siamo presenti) con il Signore”. Quand’era sulla croce, il Signore non disse al malfattore pentito, crocifisso al Suo fianco, che avrebbe dovuto aspettare il Suo regno per essere con Lui; anzi, gli disse: “Oggi tu sarai con me in paradiso” (Luca 23:43).

Prima di morire sotto i colpi pietra delle pietre, Stefano ha pregato: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” (Atti 7:59). Lui sapeva che sarebbe andato subito in cielo dove aveva appena visto “la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra” (v. 55-56). Per il credente, dice ancora Paolo, la morte è un “guadagno” perché essere col Signore è “molto meglio”.

La speranza del credente è il ritorno del Signore; allora, i morti in Cristo risusciteranno e quelli ancora in vita saranno chiamati all’incontro con Lui (1 Tessalonicesi 4:16-17). “Tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d'occhio” (1 Corinzi 15:51-52). In questa attesa, noi “gemiamo – scrive l’apostolo Paolo – desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione celeste” (2 Corinzi 5:2). Ma prima che questo si realizzi il credente morte può morire, ma è come se si addormentasse (Giovanni 11:11); il suo corpo diventa inerte, ma è pronto per il “risveglio” per essere, per sempre, alla presenza del suo Signore!


giovedì 23 gennaio 2025

La sapienza

Il libro dei proverbi  benché sia scritto a tutti è dedicato in particolare modo ai giovani. Sì questo libro è stato scritto per te, giovane amico credente. Non sei più un fanciullo spensierato e disattento. Eccoti nell'età della riflessione e delle scelte personali di cammino. I consigli dei tuoi genitori e la loro compagnia ti hanno condotto fin qui ora però tocca a te. E' il momento di sapersi orientare e quindi e quello della massima importanza per te.

Adesso è la sapienza stessa a fare udire la sua voce e grida. Purtroppo sono molti quelli che rifiutano di ascoltarla.

La sapienza non è data all'uomo alla sua nascita. Al contrario: “La follia è legata al cuore del bambino” Prov 22:15. La sapienza, quindi è tutta da acquistare. “il principio della saggezza è: Acquista la saggezza” Prov 4:7. E' Dio che la dà “Il SIGNORE infatti dà la saggezza” Prov. 2:6. Ma non la dà se non a quelli che la cercano con impegno. “se la cerchi come l'argento e ti dai a scavarla come un tesoro” Prov 2:4. 

La sapienza non è data una volta e per sempre, ma in modo progressivo: “Il saggio ascolterà e accrescerà il suo sapere” Prov. 1:5.

Da prova di saggezza chi, vedendo il male teme di cadere e lo evita: “Il saggio teme, ed evita il male” Prov. 14:16. Chi è lento all'ira: “Il senno rende l'uomo lento all'ira” Prov. 19:11. Chi mette un freno alla sua lingua e pondera bene le sue parole: “La lingua del giusto è argento scelto” Prov. 10:20. “La bocca del giusto è una fonte di vita” Prov. 10:11.

Quindi queste parole piene di amore sono per te giovane credente. “Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento, e il tuo cuore custodisca i miei comandamenti” Prov.3:1. 

E' ben triste leggere ciò che è scritto in Ebrei :“Voi ... avete dimenticato l'esortazione rivolta a voi come a figli” Ebrei 12:4-5.

Pondera bene dunque i consigli contenuti in questo libro e ricordati chi te li rivolge.

23 gennaio - 1. “Beati i poveri (umili) in spirito”

“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli”.

Matteo 5:3

 

Beato chi ha cura del povero! Nel giorno della sventura il SIGNORE lo libererà.

Salmo 41:1

 

 

Le Beatitudini, insegnate dal Signore Gesù nel Vangelo di Matteo (cap. 5) ci fanno pensare ai tanti credenti dell’Antico Testamento che sono definiti beati. Sono delle promesse che il Signore ha fatto ai discepoli, ma sono valide per tutti quelli che mettono la loro fiducia in Lui.

Queste promesse di beatitudine ci sorprendono e forse ci sconcertano. Come si può essere felici quando si è malati, o nel lutto, o perseguitati perché si pratica la giustizia? Gesù, che è stato l’esempio perfetto di tutto ciò, comprende le nostre sofferenze. Non disprezza le nostre lacrime, ma ci promette una felicità duratura, addirittura eterna, perché ci fa realizzare già fin d’ora qualcosa del cielo.

“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli”. Questa promessa del regno dei cieli non è annunciata a quelli che si credono importanti o che sono orgogliosi e soddisfatti di se stessi, ma agli umili, a quelli che non hanno nulla da far valere, né tante buone intenzioni, né particolari atti generosi. Vengono a Dio con le mani vuote, per accogliere mediante la fede il Suo perdono ed entrare così nel Suo regno.

Questo “regno di Dio” indica una realtà inaugurata dalla venuta di Gesù; si manifesta dove non dominano più la rivalità, la gelosia, ma dove regnano giustizia, pace, gioia (Romani 14:17). Esso si realizza in primo luogo nel nostro cuore, quando riconosciamo la signoria di Cristo e la Sua autorità sulla nostra vita.

 (il seguito nei prossimi 7 lunedì)

mercoledì 22 gennaio 2025

Missionario

Ecco una domanda per gli appassionati di indovinelli. Chi fu il primo missionario inviato da Gesù?

Certo sarà stata una persona colta, preparata. 

Qualcuno ben addestrato, vero?

Un seguace devoto. Qualcuno con una profonda conoscenza della Scrittura, non pensate?

Tutto sbagliato.

“Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Geraseni.  Appena Gesù fu smontato dalla barca, gli venne subito incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale aveva nei sepolcri la sua dimora; nessuno poteva più tenerlo legato neppure con una catena. Poiché spesso era stato legato con ceppi e con catene, ma le catene erano state da lui rotte, e i ceppi spezzati, e nessuno aveva la forza di domarlo. Di continuo, notte e giorno, andava tra i sepolcri e su per i monti, urlando e percotendosi con delle pietre....” Marco 5: 1:5.

Questo è il primo missionario della chiesa.

La Palestina non sapeva che fare con lui. Era una minaccia per la società.

Assolutamente di nessuna utilità. 

Nessuno aveva un posto per lui, nessuno tranne Gesù.

“Com'egli saliva sulla barca, l'uomo che era stato indemoniato lo pregava di poter stare con lui. Gesù non glielo permise, ma gli disse: «Va' a casa tua dai tuoi, e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fatte, e come ha avuto pietà di te». Ed egli se ne andò e cominciò a proclamare nella Decapoli le grandi cose che Gesù aveva fatte per lui. E tutti si meravigliavano” v. 18-20.

Eccola lì. L'ordinazione del primo missionario. Un attimo prima un pazzo, un attimo dopo “sedeva ai piedi di Gesù, vestito e sano di mente” (Luca 5:35). Nessun addestramento. Nessun insegnamento. L'unica cosa che sapeva era che il Signore lo aveva liberato, “trasformato” e ciò era sufficiente. 

Cristo si compiace di usare ancora oggi dei messaggeri indegni.

Dopotutto se state leggendo questo articolo vuol dire che ne avete appena trovato un altro.

22 gennaio - Né forma né bellezza

Non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci.

Isaia 53:2

 

Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza.

Colossesi 3:12.

 


Come potremmo dichiarare di essere discepoli del Signore Gesù se non portiamo i Suoi stessi caratteri?

La forma, la bellezza, l’apparenza, non è forse ciò che l’uomo ricerca nelle relazioni umane e che ha introdotto anche nella “sua” religione? Perché nella cristianità si sono edificati monumenti sontuosi e si sono stabilite cerimonie fastose? Perché chi officia certe funzioni lo fa in ricche vesti e mettendo in mostra ornamenti esteriori che niente hanno a che fare con ciò che piace a Dio? Con queste “magnificenze” si è in disaccordo coi caratteri di Colui che noi adoriamo e che è venuto per salvarci e lasciarci un esempio, un modello da seguire di umiltà e di amore.

Abbiamo ammirato il Signore Gesù nel Suo abbassamento, nella Sua povertà, nella Sua umiltà, che lo hanno caratterizzato dalla mangiatoia alla croce? Le autorità religiose del nostro mondo pensano di onorare con il lusso e lo sfarzo quel Dio che è venuto per insegnarci a vivere e a comportarci diverso nella semplicità e nell’equilibrio.

È un astuzia del nemico quella di mescolare, per quanto riguarda il culto a Dio, ciò che è da Lui con ciò che è umano, ciò che è santo con ciò che proviene dall’orgoglio e dalla vanità.

martedì 21 gennaio 2025

Predicazione

Il mondo contemporaneo è decisamente mal disposto verso la predicazione. Le parole sono state in gran parte sostituite dalle immagini e i libri dallo schermo. Perciò la predicazione viene considerata una forma obsoleta di comunicazione che qualcuno ha definito: “l'eco rimasto di un passato lontano”.

Chi vuole ormai ascoltare dei sermoni?

La gente è attirata dalla televisione, ostile all'autorità e sospettosa delle parole. Di conseguenza in alcune comunità cristiane, la Parola di Dio viene relegata ad un ruolo di secondo piano, cercando altre forme di interesse.

Il Signore Gesù, citando un passo del Deuteronomio, aveva detto: “Sta scritto: Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio” Matteo 4:4. Se questo è vero di ogni uomo tanto più è vero per la chiesa. La chiesa vive, cresce e prospera grazie alla Parola di Dio senza la quale langue e perisce.

Predicare è come tessere. Ci sono i due fattori dell'ordito e della trama. C'è l'elemento fisso e inalterabile, l'ordito, che per noi è la Parola di Dio, e c'è poi la trama per mezzo della quale si può formare un disegno sulla stoffa e questo è variabile. Sta al “predicatore” con gli esempi  o con il modo  caratteristico di parlare di dare forma al disegno ma questo avviene sempre sull'ordito che è “fisso”.

Il predicatore, quando si appresta a farlo, ha dei limiti ben precisi . Non è affatto libero di inventare o di scegliere la sostanza del messaggio, ma deve stare ben attento ad avere prima ascoltato quello che lo Spirito vuole comunicare alla chiesa.

Spero che siamo d'accordo sul fatto che tutta la predicazione cristiana sia predicazione biblica. Non lo facciamo per presentare delle nostre teorie o per compiacere a chi ci ascolta ma la predicazione è essenzialmente un'esposizione della Parola di Dio e proprio come chi fabbrica tessuti; collega il testo al contesto in modo tale da essere sia fedele al testo biblico sia sensibile al contesto moderno nel quale viviamo.

21 gennaio - Gioia di credere, gioia di amare

Per fede comprendiamo.

Ebrei 11:3

 

... affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

1 Corinzi 2:5

 

La cultura occidentale attuale propone una visione della vita, del pensiero e della morale che non lascia spazio per ciò che supera la nostra comprensione. Si presuppone che tutto debba essere sotto il controllo della ragione garantendo l’assoluta libertà individuale.

Ma non pensiamo che la ragione e la libertà siano in contraddizione con la fede. Anzi, la fede ci apre delle prospettive nuove sul senso della vita; solo essa può liberarci dalle cose di cui siamo schiavi. La fede ci fa scoprire che non viviamo in un universo chiuso, che c’è qualcuno che è molto al di sopra di noi, che c’è un Dio. “Dio è più grande dell'uomo... Dio è potente, ma non respinge nessuno” (Giobbe 33:12; 36:5).

La fede non deriva dai nostri sforzi personali. È la risposta libera e gioiosa alla chiamata di Dio. “Dio... vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2:4). Forse siete esitanti nei confronti delle rivelazioni del Vangelo e sollevate delle questioni... Portate questi vostri pensieri a Dio, chiedetegli di rispondervi.

Ciò che fa nascere la fede e la fortifica è ascoltare e ricevere la Parola di Dio. Dio ci viene incontro quando leggiamo la Bibbia, ma non si impone. La fede è un incontro personale con Dio, una relazione nuova e felice. E’ condivisione, fraternità, gioia di credere, gioia di amare Dio e il prossimo.

lunedì 20 gennaio 2025

20 gennaio - Capire Dio

Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c'è Dio».

Salmo 53:1

 

Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere?

Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen.

Romani 11:34, 36

 

 

«Perché due fiocchi di neve non sono mai perfettamente identici? Perché ogni piccolo cristallo di ghiaccio sarà per sempre unico? E se nessun fiocco è simile ad un altro, perché hanno tutti in comune la forma di una stella con sei ramificazioni? Perché non cinque o sette? E perché una margherita può avere cinque, otto o tredici petali, ma mai dieci o undici? Ponendoci questi interrogativi, non possiamo non ammettere che la terra è organizzata, calcolata, regolata, “pensata”. Ma per mezzo di chi o di che cosa?» (I. e G. Bogdanov, scienziati).

La risposta a questi interrogativi genera spesso delle controversie, sia fra gli scienziati sia fra la gente comune. Ma tutti dovrebbero ammettere di non riuscire a trovare da soli una risposta accettabile. L’intelligenza di cui l’uomo è dotato dovrebbe fargli capire che c’è un Creatore e che gli uomini non possono essere scusati se non credono in Lui (Romani 1:20).

La testimonianza della creazione è davanti a tutti, come pure quella della Bibbia. Credere nell’esistenza di Dio è dunque una prova di riflessione intelligente da parte dell’uomo. Dare fiducia a Dio, credergli ricevendo il messaggio che ci rivolge tramite la Bibbia è l’unico modo per entrare in una vera relazione con Lui. Dio vuole far conoscere la Sua grandezza in tutto ciò che ha creato, persino in un piccolo fiocco di neve, ma vuole anche rivelare il Suo amore perché gli uomini siano salvati e diventino Suoi figli.


domenica 19 gennaio 2025

Cose che si lasciano e cose che si portano via

“Non sapete quel che succederà domani! Che cos'è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce” Giac. 4:14. 

La nostra vita è così come Giacomo la descrive: “un vapore che appare per un istante e poi svanisce”. E' vero. Quando si è giovani, “l'alba” della nostra esistenza è appena iniziata, abbiamo un avvenire davanti, siamo pieni di entusiasmo e abbiamo sete di scoperte. Sembra che il tempo non passi mai, ma negli anni successivi si mette a volare, inesorabile e “la sera” sopraggiunge cogliendoci quasi di sorpresa e spesso trovandoci impreparati.

In generale nessuno accoglie con entusiasmo l'idea di invecchiare; la Parola di Dio descrive la vecchiaia come: “i cattivi giorni e giungano gli anni dei quali dirai: Io non ci ho più alcun piacere” Eccl. 12:3. 

Sono gli anni del deterioramento del proprio corpo. Dei malanni, delle forze che diminuiscono poco a poco. Soprattutto sono quelli che preludono il momento nel quale lasceremo il nostro corpo mortale alla terra mentre lo spirito salirà a Dio che lo ha dato (Eccl. 12:9).

Ricordo che molti anni fa un ricco imprenditore che abitava in una splendida villa proprio difronte a casa mia venne a mancare. Era noto oltre per le sue ricchezze anche per la sua vita piena di imbrogli e di affari poco “trasparenti”. Nonostante ciò il suo nome spiccava in prima fila nei consigli d'amministrazione delle più importanti società locali pubbliche e private. 

Una signora, parlando con mia madre, della sua morte affermava: Se n'è andato rapidamente lasciando tutto dietro di se: le sue case, le sue ricchezze, i suoi onori.

Mia madre rispose: No, non ha lasciato tutto. Ciò che proprio avrebbe voluto lasciare ha dovuto portarlo con sé.

- Che cosa vuoi dire? Cosa avrà mai dovuto portare via?-

- I suoi peccati-

Sappiamo che fra gli uomini, sia la questione del peccato che quella della morte non siano argomenti graditi. La cosa strana è che “la religione”, volendo mitigare queste paure, è andata loro incontro con insegnamenti tali da lasciare ancora  speranza come se dopo la morte ci fossero delle possibilità di salvezza per il peccatore. Ma la Bibbia fa tabula rasa di queste false speranze. Il Signore stesso dichiarerà: “affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra il potere di perdonare i peccati” Luca 5:24.

E' scritto proprio così: “sulla terra”, ovvero, durante la nostra vita.

“Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” Romani 10:9. Dove potremmo “confessare” e “credere” se non sulla terra?

19 gennaio - La donna con la brocca

(Gesù disse:) “Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna”.

Giovanni 4:14

 

 

Gesù era in cammino dalla Giudea verso la Galilea. La strada più diretta passava per la Samaria, ed era lì che il Signore voleva incontrare una persona di cui conosceva i problemi e i bisogni. A un certo punto, Gesù si ferma; è stanco. Seduto sul bordo d’un pozzo, aspetta qualcuno.

Ed ecco che giunge una donna; la sua vita è complicata e difficile. Il suo cuore è vuoto, e lei si aggrappa alle sue uniche e piccole certezze: la brocca per attingere l’acqua ogni giorno, il pozzo di Giacobbe, la religione... Com’è difficile per lei liberarsi dalla sue opinioni e dalle sue credenze!

Gesù si mette alla sua portata, con umiltà e dolcezza. Si è seduto lì, ha sete e le chiede da bere... Ma è Lui che dà l’acqua viva, quella che calma la sete dell’anima, che esamina il cuore a fondo. Il Signore sa tutto di lei e mette a nudo il suo misero stato morale. “Egli mi ha detto tutto quello che ho fatto”, dirà poco dopo ai suoi concittadini.

Gesù fa prendere coscienza dei veri bisogni, ed è venuto per soddisfarli. Egli presenta a quella donna il dono di Dio, il dono della vita, una sorgente d’acqua “che scaturisce in vita eterna”, lo Spirito Santo come un fiume d’acqua viva (Giovanni 7:38). Le dà la convinzione che Dio la cerca per perdonarla e farla entrare nella relazione meravigliosa di “figlia” di Dio. Quel Dio che la ama, il Padre, desidera essere adorato “in spirito e in verità” (Giovanni 4:23). Da persone come quella donna, come noi! Anche da te!


sabato 18 gennaio 2025

18 gennaio - Seguire Cristo

Gesù disse... : “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi”.

Matteo 19:24, 21

 

 

Il primo versetto di oggi ci dice che due sono le priorità nel cammino di chi desidera seguire Cristo:

– “Rinunciare a se stessi”, che significa mettere la propria vita nelle mani del Signore e utilizzare le proprie facoltà nella Sua totale dipendenza. Io devo essere “nulla” perché Lui possa essere “tutto”.

– “Prendere la propria croce”; non significa dare valore alle nostre sofferenze per trarne un vanto o dei meriti, ma accettare giorno dopo giorno il disprezzo e l’incomprensione che il mondo ha verso i credenti. Seguire Cristo significa quindi essere pronti anche a soffrire per Lui.

Quali sono i legami del nostro cuore che ci impediscono di seguire il Signore? Nel secondo versetto che abbiamo letto, per quel giovane era la ricchezza, ma per ognuno di noi può essere anche altro. Tutte le cose che ci legano a questo mondo e che ci impediscono di condurre una vita di rinuncia al male e al peccato per seguire Cristo, sono cose di cui dobbiamo disfarci.

Quest’azione responsabile presume un attento esame di noi stessi alla luce della Parola di Dio che penetra nel cuore e nella coscienza per risvegliare i nostri sentimenti, correggere i nostri pensieri, ristabilire nella nostra mente e nella pratica di ogni giorno una corretta scala di valori.


venerdì 17 gennaio 2025

In quale stadio siete?

Per sette anni essi furono conquistatori imbattibili. Più di trenta re sconfitti. Sette anni di successo straordinario. Furono in minoranza ma non superati in potenza. Sotto equipaggiati ma non sopraffatti. Furono gli indiscussi conquistatori di alcuni fra i più barbari popoli della storia. Popoli, armati, schierati, equipaggiati, protetti da mura. Fino a quel momento, il popolo d'Israele, non aveva brillato per conquiste. Non durante i giorni difficili dell'esodo né lo farà durante gli anni bui dei Giudici. Poi quei sette anni durante i quali il popolo si mise a seguire Dio e a ubbidire alla sua voce. “Solo sii molto forte e coraggioso; abbi cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai” Giosuè 1:7. 

Questo popolo attraversò tre “fasi” di cammino che hanno molto in comune con quello di ogni cristiano.

Primo: la liberazione dalla schiavitù d'Egitto. Chiamati fuori da esso per servire e adorare il loro Dio. Abbiamo anche noi percorso questo itinerario. L'Egitto rappresenta i nostri giorni prima della salvezza.  Eravamo schiavi e siamo vissuti in una specie di simbiosi con il peccato, trascinando ai piedi le catene della colpa e della morte. Sembrava di non poterne fare a meno che fosse tutto naturale ma, poi venne il liberatore, Gesù Cristo. Tu non hai nulla da offrire a Dio esattamente come uno schiavo non ha nulla da offrire al suo liberatore. Chi è vissuto così a lungo nelle tenebre morali non ha niente da offrire al Dio di luce. Eppure, per sua grazia, attraversammo il mar rosso. Ci liberò dalla vecchia vita e ci offrì una vita completamente nuova in Canaan. Nonostante questo non sono pochi coloro che essendo liberati sono rimasti in Egitto, alle fornaci di mattoni, ancora schiavi di vecchie passioni che hanno continuato a dominare la loro vita.

Secondo: il deserto. Dopo la liberazione dall'Egitto doveva esserci la liberazione da noi stessi, dai nostri pensieri, dalle nostre convinzioni. E' lì che si doveva sperimentare l'assoluta dipendenza da Dio. Invece, mormorii, dispute, mancanza di fede. Questa seconda tappa è un'altra “area” nella quale si muovono molti cristiani. Non vi sono conquiste, solo un vagare girando intorno per poi tornare indietro e poi avanti. Una vita di routine con poca gloria e tanti rimpianti. Monotonia, grigiore, noia. Quarant'anni passati così per mancanza di fiducia in Dio.

Terzo: Le conquiste di Canaan. Seicentomila uomini sulla ventina, inesperti che non erano mai passati di lì prima, potevano attraversare un grande fiume? Aprire le mura di Gerico?  Dichiarare guerra ad un esercito di barbari assetati di sangue al di là del fiume? I Ferezei erano storicamente famosi per i loro arcieri a cavallo, la fanteria degli Ittei per la loro abilità nel maneggiare le lunghe picche, i Cananei per i loro carri di ferro. Eppure il Giordano si aprì, le mura di Gerico caddero, il sole si fermò. Una nazione di pastori, male equipaggiata affrontò eserciti di “giganti” di fronte ai quali sembravano locuste... e vinsero.

Alcuni credenti, iniziando dal 2007, hanno intervistato i membri di circa un migliaio di chiese fra l'America e l'Europa. Volendo determinare la percentuale di coloro che oltre ad andare in chiesa si sentono realmente spinti a servirlo. La risposta? L'undici per cento.

Gli altri? Salvati? Molto probabilmente sì. Conquisteranno quello che Dio aveva preparato per loro? No! Sono rimasti indietro, alcuni in Egitto, altri stanno vagando ancora nel deserto.

Undici per cento! Se un ospedale guarisse solo l'undici per cento dei suo pazienti, se un costruttore completasse solo l'undici per cento dei suoi progetti che cosa penseremo?

Però anche in Canaan è presente un morbo, una specie di virus molto contagioso che può rallentare, limitare le azioni di quanti vi sono entrati. Attacca la nostra mente, ci sussurra alle orecchie. E' il virus dei “ma” o dei “non scacciarono”, dei “non poterono”.

“Ma i figli d'Israele non scacciarono i Ghesuriti e i Maacatiti; e Ghesur e Maacat abitarono in mezzo a Israele fino a oggi.” (13:13).

“Essi non scacciarono i Cananei che abitavano a Ghezer; e i Cananei hanno abitato in mezzo a Efraim fino a oggi”  (16:10).

“Ma i figli di Manasse non poterono impadronirsi di quelle città; i Cananei erano decisi a restare in quel paese”  (17:12).

C'è la carriera: “Non posso, devo trattenermi a lavoro”, c'è l'autocontrollo: “Non posso ci devo andare”, c'è il nostro cuore: “lascialo fare ad altri”.

Dobbiamo interrogarci su quale tipo di “terreno” siamo. Forse siamo rimasti in  Egitto con le sue prigioni,  o nel deserto con i suoi mormorii o forse in Canaan, ma se siamo lì stiamo attento al “morbo” dei “ma” o dei “non posso”.