Dio... disse: «Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».
Ecco dietro a sé un montone, impigliato per le corna in un
cespuglio. Abraamo andò, prese il montone e l’offerse in olocausto invece di
suo figlio.
Genesi 22:1-2, 13
Questa scena è una
significativa immagine della croce di Cristo.
In questo capitolo 22 di Genesi
troviamo due straordinari simboli che prefigurano il Cristo.
Isacco è il primo. Il figlio
unico, amato dal padre e desideroso di fare la sua volontà. Come il Signore. I
due, lui e il padre, “ camminarono insieme” fino all’altare.
Il montone è il secondo. Una
vittima innocente che muore al posto di un altro. Il suo sangue è sparso.
Ma ci sono anche delle
distinzioni da fare. Isacco si è semplicemente sottomesso al padre, mentre il Signore Gesù si è presentato
spontaneamente dicendo “Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà”
(Ebrei 10:9); e, ancora, Isacco non sapeva quello che suo padre avrebbe fatto,
mentre del Signore ci è detto: “Gesù, ben
sapendo tutto quel che stava per accadergli, uscì...” (Giovanni 18:4).
Infine, in questa scena vi fu un grido che fermò la mano di Abraamo, ma nessuna
voce si fece udire al Golgota, perché ciò non era possibile.
“Bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché
chiunque crede in lui abbia vita eterna” (Giovanni 3:14-15).