“Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù…”
(Ebrei 10:19).
È un dolce privilegio poter entrare alla presenza del nostro Dio e Padre per godere del suo amore, per adorarlo e benedirlo per ciò che Egli è, per tutto quello che ha fatto per noi e per ricordare le sofferenze del suo diletto Figlio. E’, in un certo senso, un’anticipazione del cielo dove la nostra lode sarà senza fine e adeguata alla santità e alle perfezioni divine.
Ma ogni privilegio comporta una responsabilità. La Parola ci insegna che alla presenza di Dio occorre essere separati dal male per godere della sua comunione. Per entrare nel “luogo santissimo” come adoratori “in spirito e verità” (Giovanni 4:23-24), dobbiamo ricordarci che il nostro Dio è luce; e “se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo” (1 Giovanni 1:6).
Nulla di contaminato entra nel cielo. Dio ha gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e tutte le cose sono nude e scoperte davanti a lui. Ma allora, noi che inciampiamo e manchiamo così facilmente, come possiamo presentarci davanti a Dio per offrirgli le nostre lodi? La sua grazia ha provveduto a tutto: “Avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell'aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura” (Ebrei 10:20-21).
Se la Parola c’invita ad entrare in piena libertà alla presenza di Dio, ci presenta anche un “grande Sacerdote” che purifica le nostre offerte, che svolge un servizio di prevenzione e di aiuto. E’ vero che “Egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” (Ebrei 10:14), ma in questo mondo di peccato noi corriamo il rischio di essere contaminati, e il nostro cammino manifesta a volte i frutti della carne; per questo i nostri “piedi” hanno bisogno di essere lavati, come insegnò il Signore quando lavò i piedi dei discepoli (Giovanni 13:2-15).
Due cose sono dunque necessarie per la nostra purificazione:
1° la confessione completa e sincera dei nostri errori, sapendo che “se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9);
2° l’azione sui nostri cuori e sulle nostre coscienze della Parola di Dio, quella spada a due tagli che penetra in noi e “giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4:12).
Lasciamo agire questa Parola sulle anime nostre, lasciamo che la luce di Dio penetri nelle nostre coscienze; saremo condotti a giudicare i nostri atti carnali, ma troveremo anche la sua grazia che incoraggia, la sua misericordia che risolleva; troveremo “il soccorso al momento opportuno” (Ebrei 4:16). La Parola vivente ed operante taglia e giudica il male fin dalla radice, il sacerdozio di Cristo ci preserva da cadute e ci guarisce. Prendiamo l’abitudine, se siamo caduti in un peccato, di confessarlo immediatamente al Signore, giudicandolo alla sua santa presenza e alla sua luce. E’ lui che ci purifica, ci ristabilisce nella sua comunione e nel godimento del suo amore, e ci rende allora capaci di adorarlo.
Quanto siamo colpevoli se trascuriamo questo prezioso giudizio su noi stessi! Facendo così ci attiriamo i colpi della sua verga paterna che ci corregge e ci castiga per fare di noi dei figli fedeli e felici. Non dovremmo mai entrare alla presenza di Dio, per lodarlo e ringraziarlo, con del peccato non giudicato.
Affinché possiamo godere delle benedizioni derivanti dalla presenza del Signore quando, alla domenica, ci raduniamo per adorarlo e ricordarci della sua morte, bisogna che abbiamo camminato con lui durante tutta la settimana. Non si può essere mondani dal lunedì al sabato, e cristiani la domenica!
Se abbiamo trascorso la settimana con Dio, nella sua comunione, facendo tutto con lui e per lui, o se in qualche occasione abbiamo commesso una mancanza, ma l’abbiamo subito giudicata e confessata, saremo pieni di gioia e potremo ringraziare Dio con sincerità. Se però siamo stati trascinati nel turbine degli affari, o siamo stati poco fedeli nel nostro lavoro, e non abbiamo trovato il tempo di occuparci del Signore, andremo alla riunione col cuore vuoto e arido; se poi la contemplazione della grazia di Dio e il ricordo delle sofferenze di Cristo, tocca la nostra coscienza e ci spinge a giudicare le nostre incoerenze, possiamo offrire la nostra lode, nonostante la nostra debolezza.
Se per mancanza di vigilanza e di preghiera o presi dalla mondanità, dall’amore per il denaro o da altre cose, andassimo alla riunione per abitudine, col cuore lontano da Dio, l’azione dello Spirito Santo sarebbe ostacolata, e si respirerà una atmosfera pesante, a riprova del fatto che Dio non può avere comunione col male. “Offriamo a Dio un culto gradito, con riverenza e timore! Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante” (Ebrei 12:28-29).
Purtroppo, vi sono dei credenti che non hanno a cuore le riunioni della chiesa, e si accontentano di sapere che sono salvati e che entreranno nel cielo al termine del loro cammino terreno. Essi si privano del grande privilegio di ricordare la morte del Signore, di essere edificati dalla Parola, e commettono una disubbidienza in quanto il Signore prevede che i suoi si ritrovino insieme. “Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza, come alcuni sono soliti fare” (Ebrei 10:25).
Se amiamo la luce e la santità di Dio, e siamo pronti a giudicare i frutti della carne, possiamo godere della sua comunione; e quando ci troveremo coi nostri fratelli e sorelle potremo lodare Dio con cuori sinceri e ricordare la morte del Signore con riconoscenza; e godendo della sua presenza saremo noi stessi edificati.