Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo.
Romani 2:16
Dio
infatti farà venire in giudizio ogni opera, tutto ciò che è occulto, sia bene,
sia male.
Ecclesiaste 12:16
La
coscienza: una facoltà fastidiosa?
L’essere
umano ha una “coscienza”. Quando fa il male si sente ripreso, e a volte si
vergogna, e quando si comporta bene è soddisfatto di sé. Qualcuno potrebbe dire
che il bene e il male sono concetti relativi, e nella cultura del mondo questo,
almeno in parte, è vero. Ciononostante, tutti noi possediamo quel metro di
misura interiore al quale, che lo vogliamo o no, il nostro agire è
continuamente confrontato.
La
coscienza permette di fare la
differenza tra il bene e il male. Quando commettiamo una cattiva azione essa ci
avverte, e la nostra memoria è sempre pronta a farci tornare in mente i fatti
più miserabili del nostro passato. Molti cercano di soffocare la “voce della
coscienza” con ogni sorta di attività e di pratiche religiose, ma i risultati
sono nulli. La coscienza non li lascia tranquilli, e provoca in loro una
sensazione di disagio, di turbamento; i loro sguardi s’incupiscono, il loro
sonno è disturbato… L’uomo comprende che c’è una “Giustizia” che lo supera, e
che dovrà, un giorno, rendere conto della propria condotta al suo Creatore.
La
coscienza ha sul piano morale lo stesso ruolo che ha il dolore sul piano
fisico: ci avverte che è urgente consultare il grande Medico dell’anima, cioè
Dio. Egli ci ha lasciato la Sua Parola, la
Bibbia, che è molto più affidabile
della nostra coscienza perché ci rivela la verità perfetta, divina,
immutabile, quella che viene dall’alto e non dal mondo (Giovanni 17:17). Per chi
la riceve con fede, essa è la luce che illumina, che “mette a livello” la
nostra coscienza per vedere le cose come Dio le vede, per giudicarle e
apprezzarle secondo il Suo pensiero.
La
coscienza, così illuminata, guida i nostri pensieri e le nostre azioni, e li
mette in armonia con Dio.