1.3.4 Le caratteristiche permanenti di un’assemblea di Dio
Per quanto concerne il radunamento, ci è prescritto di non
abbandonarlo, «tanto più che vedete avvicinarsi il giorno» (Ebrei 10:25). Non
dobbiamo pretendere di ricostruire la Chiesa o essere la Chiesa; è però
necessario che siamo convinti di quanto in tutti i tempi il Signore ha
richiesto alla Chiesa, ovvero l’adempimento delle funzioni precedentemente
ricordate con la consapevolezza dei privilegi che Egli le ha conferito. Anche
se non ha adempiuto fedelmente la missione affidatale, essa non è stata esonerata
da questa missione: glorificare Cristo, testimoniare dell’unità che Cristo ha
fatto, attendere il Signore, far conoscere la Sua grazia.
Perché una riunione di «due o tre» nel nome del Signore
porti ben evidenti le caratteristiche di un’assemblea di Dio, bisogna che
ciascuno di questi due o tre sia individualmente convinto di ciò che il Signore
richiede in merito. Se essa non manifesta queste caratteristiche, perché
riunirsi? Ma se le manifesta, allora la Chiesa di Dio, che è diventata
invisibile nel suo insieme, per colpa degli uomini, sarà resa visibile là dove
questi due o tre sono radunati. Un tale radunamento è un’assemblea di Dio. È importante
non il numero delle persone riunite, ma i caratteri del loro radunamento
Da quali caratteri un radunamento può e deve essere
riconosciuto come un’assemblea di Dio?
Riassumiamo i caratteri che ci sembrano essere
indispensabili:
1°) DEVE ESSERE COMPOSTA SOLO DA VERI CREDENTI (2 Corinzi 6:14-18)
2°) DEVE RIUNIRSI NEL NOME DEL SIGNORE GESÙ (Matteo 18)
3°) DEVE SOTTOMETTERSI ALLA SOLA AUTORITÀ DEL SIGNORE
(Apocalisse 1)
4°) DEVE SOTTOMETTERSI ALL’UNICA GUIDA DELLO SPIRITO SANTO
(1 Corinzi 12:14)
5°) DEVE SOTTOMETTERSI ALL’INSEGNAMENTO DELLA PAROLA
ACCETTATA NELLA SUA GLOBALITÀ
6°) NON DEVE TOLLERARE CHE IL NOME DEL SIGNORE SIA ASSOCIATO
AL MALE (1 Corinzi 5:5-9, 2 Timoteo 2).
Questi caratteri possono essere mantenuti solo se i cuori
sono ripieni di quell’amore che procede da un cuore puro, da una buona
coscienza e da una fede non finta (1 Timoteo 1:5). E non devono essere soltanto
esteriori.
1.3.5 Posizione conseguente a questi caratteri
I caratteri sopra descritti implicano una presa di posizione
che potrebbe anche essere mal compresa e mal giudicata dagli altri cristiani;
ed essa ha valore solo se dettata dall’obbedienza, nell’umiltà e in un profondo
amore per tutta la Chiesa.
Questa posizione si trova necessariamente al di fuori delle
prime due categorie ecclesiastiche precedentemente considerate, in quanto la
prima pretende, a torto, di monopolizzare la vera Chiesa, e la seconda di fatto
la fraziona. È necessario proclamare l’unità di tutta la Chiesa e nello stesso
tempo separarsi da ogni sistema, anche se in esso vi sono dei membri del corpo
di Cristo.
Il principio di tale radunamento è quello dell’unità del
corpo di Cristo, il solo che sia approvato dalla Parola. Questa unità è
manifestata alla tavola del Signore, secondo 1 Corinzi 10:16-17. Si partecipa
ad un solo pane perché tutti i credenti sono un solo pane, un solo corpo. Il
fatto che tutti i credenti siano o non siano effettivamente presenti, non
esclude il privilegio e il dovere di coloro che son radunati di pensare a tutti
i santi. La tavola del Signore non appartiene certamente soltanto a coloro che
l’attorniano realmente, ma è rizzata per tutti i veri credenti.
In caso contrario essa diverrebbe la tavola di una setta o
di una confessione particolare e negherebbe l’unità del corpo. Tutti dovrebbero
essere presenti, e coloro che vi si trovano dovrebbero sentire dolorosamente il
vuoto degli assenti.
Quando parliamo di un convertito che «chiede il suo posto»
alla tavola del Signore, l’espressione è corretta, mentre non è esatto dire che
lo si fa membro di una o di un’altra assemblea, perché si intenderebbe con
questo un gruppo indipendente dalle altre assemblee locali.
Non mettiamo in dubbio che molti credenti godano della Cena
come memoriale della morte del Signore nelle varie confessioni nelle quali essa
viene celebrata, ma «la tavola del Signore» non può sussistere che sul
riconoscimento dell’unità del corpo di Cristo, di cui tutti i figli di Dio sono
ugualmente membri.
Di conseguenza i radunamenti formati in località diverse
dove la tavola è stabilita su questo principio, sono uniti perché posti nella
medesima «comunione» del corpo e del sangue di Cristo. Ognuno è l’espressione
dell’assemblea locale, inserita nella grande unità della Chiesa universale.
Infatti l’apostolo Paolo si indirizzava alla Chiesa di Corinto, di Efeso, come
se parlasse all’intera Chiesa di Dio.
L’assemblea è chiamata a tener lontano dalla tavola del
Signore ogni forma di male. Essa, per questo scopo, possiede l’autorità del
Signore e la esercita perché Egli è presente. Se non fosse presente essa non
sarebbe nemmeno l’assemblea del Signore.
Secondo l’insegnamento di 1 Corinzi 11:28-34, coloro che
mangiano il pane e bevono al calice alla tavola del Signore sono tenuti a
giudicare se stessi, e l’assemblea ha la responsabilità di «togliere il vecchio
lievito» nel momento in cui, se è stato trascurato il giudizio individuale, si
manifesti e permanga uno stato di peccato, malgrado gli avvertimenti e la
disciplina fraterna.
Non si esercita un generico diritto a giudicare (che
tristezza sarebbe!), ma si rende al Signore ciò che gli è dovuto, nella
preoccupazione dell’onore del suo nome e del bene della sua assemblea.
D’altronde, il medesimo principio dell’unità del corpo per
cui la decisione di un’assemblea locale è valevole ovunque, impedisce di avere
comunione con radunamenti dove questa disciplina non è osservata e dove un male
morale o dottrinale è tollerato. (Questo fu una delle cause delle «divisioni»
avvenute fra coloro che si erano inizialmente radunati al di fuori dei sistemi
religiosi). «Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta». Senza dubbio
manchiamo di pazienza e di spirito di sopportazione, rischiamo continuamente di
sostituire le nostre vedute personali al pensiero del Signore e di lasciare
agire la nostra propria volontà, ma Egli non potrebbe mai sopportare che si
associ al male il suo Nome.
(segue)