Dunque, la Parola di Dio ci segnala che anche nell’ambito familiare possono esserci dei motivi di cui vergognarci. Spesso non ci rendiamo conto come il nostro comportamento faccia vergognare il nostro coniuge o, come figli, facciamo vergogna ai nostri genitori. Abbiamo tutti da specchiarci nella Parola per trovare quelle cose che non vanno nei nostri rapporti familiari ed alla sua luce rivedere i nostri comportamenti gli uni verso gli altri. Se avremo di che vergognarci nelle nostre famiglie cosa potremo portare in assemblea? E quale sarà la nostra testimonianza davanti al mondo se nelle nostre case ci saranno azioni che disonorano il Signore? Rivediamo la nostra vita familiare, rivediamo i rapporti fra marito e moglie e fra genitori e figli e togliamo, con l’aiuto del Signore e della Sua Parola, tutto quello che potrebbe essere un motivo di vergogna.
Nel Nuovo Testamento la prima menzione di questo sentimento è in rapporto alla nostra testimonianza: “Perché se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli” (Marco 8:38) mentre quella perfetta del Signore produceva vergogna nei Suoi avversari: “Mentre diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, e la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute” (Luca 13:17). Luca usa questo termine per descrivere ciò che avrebbe caratterizzato colui che, invitato ad una cena, avesse preso un posto che non gli spettava e poi aveva dovuto spostarsi per lasciare il posto ad un altro su richiesta di colui che lo aveva invitato (Luca 14:9) e ancora nella parabola del fattore infedele che considerava il mendicare, una vergogna (16:3).
È nelle epistole, però, che troviamo una serie di motivi per cui il credente non si deve o si deve vergognare.
La prima menzione è in rapporto all’evangelo: “Non mi vergogno del vangelo” (Romani 1:16). Questo versetto è uno dei più conosciuti della Bibbia, ma possiamo dire che sia anche il più realizzato? Veramente, nella nostra vita, non c’è stato mai un’occasione in cui ci siamo tirati indietro dall’annunciare la buona novella a qualcuno? Paolo, ai Filippesi, dopo aver detto che non gli importava niente se qualcuno predicava Cristo per invidia o rivalità nei suoi confronti aggiungeva: “secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte” (Filippesi 1:20). Timoteo era esortato a: “Non aver dunque vergogna della testimonianza del nostro Signore, né di me, suo carcerato; ma soffri anche tu per il vangelo, sorretto dalla potenza di Dio” (2 Timoteo 1:8). Forse ci si può vergognare se veniamo incarcerati come malfattori ma Paolo poteva affermare che per lui non era un motivo di vergogna essere incarcerato per la testimonianza di Cristo: “È anche per questo motivo che soffro queste cose; ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto” (2 Timoteo 2:12) ed elogia Onesiforo “perché egli mi ha molte volte confortato e non si è vergognato della mia catena” (2 Timoteo 1:16).