E' molto facile parlare di umiliazione, ma è difficile realizzarla davanti a Dio in modo profondo e con vera tristezza. Il profeta Zaccaria dice al popolo ribelle e ai sacerdoti: "Quando avete digiunato e fatto cordoglio il quinto e il settimo mese durante questi settant'anni, avete forse digiunato per me, proprio per me?" (7:5).
Chiunque considera le cose con Dio, alla sua presenza, deve sentire profondamente che c'è bisogno di umiliarsi, oggi più che mai. Il giudizio di Dio incomincia sempre dalla sua casa, da chi gli è più vicino. Per questo leggiamo in l Pietro 4:l7: "E' giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio"; e in Ezechiele 9:6: "Passate per la città dietro a lui, e colpite... Cominciate dal mio santuario"; e ancora in Amos 3:2: "Voi soli ho scelti fra tutte le famiglie della terra; perciò vi castigherò per tutte le vostre trasgressioni".
Se consideriamo lo stato di cose nei vari radunamenti che triste declino vediamo! Gelosie e contese provocano quasi ovunque delle divisioni, e sono una vergogna per noi, un disonore per Cristo e un danno alla testimonianza. Si potrebbe veramente dire: "Dato che ci sono tra di voi gelosie e contese non siete forse carnali, e non vi comportate come qualsiasi uomo?" (l Cor. 3:3). Quando c'è orgoglio e soddisfazione di sé, quando si è occupati di se stessi quasi come se si facesse parte di un corpo speciale, si perde l'interesse per Cristo e per la sua Chiesa. Prevale l'orgoglio, la presunzione, proprio come fra la gente del mondo, e a volte anche peggio.
C'è stata, in certi casi, una severità esagerata nell'occuparsi gli uni degli altri, un atteggiamento troppo critico, senza fiducia e, a volte, anche senza rispetto. Abbiamo rivolto accuse ingiuste e false, manifestando uno spirito di parte. In altri casi, triste a dirsi, sono state tollerate dottrine errate o peccati di immoralità.
Un male pressoché generale è il conformarsi al mondo, sotto molti aspetti, e ciò denota che si è lasciato il primo amore e si è persa la devozione per Cristo.
"Esaminiamo la nostra condotta, - come scriveva Geremia nelle Lamentazioni - valutiamola, e torniamo al Signore" (3:40). Potremmo negare che la sua mano sia a volte su di noi in castigo? Riconosciamo allora che questo castigo è meritato, e ciò produrrà pentimento e vera umiliazione.
Nei tempi passati, non pochi uomini di Dio hanno manifestato un vero spirito di umiliazione. Hanno giustificato Dio, riconoscendo la sua giustizia nel giudicare e, anche se non erano loro direttamente colpevoli, hanno confessato il peccato del popolo includendo anche se stessi. Daniele, benché persona eccezionale per la sua grande pietà, dice: "Noi abbiamo peccato, ci siamo comportati iniquamente... A te, o Eterno, la giustizia; a noi la confusione della faccia... ai nostri re, ai nostri principi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te" (9:5-8).
Esdra dice: "Signore, Dio d'Israele, tu sei giusto, e perciò oggi noi siamo ridotti a un residuo di scampati. Eccoci davanti a te a riconoscere la nostra colpa" (9:l5). E dopo di lui anche Nehemia: "Tu sei stato giusto in tutto ciò che ci è accaduto, poiché tu hai agito fedelmente, mentre noi abbiamo agito da malvagi" (9:33).
Non è che il Signore ci chieda di confessare i peccati degli altri come se fossero nostri, ma è bene avere sempre il pensiero che, forse indirettamente, anche noi possiamo aver contribuito al declino, e che, comunque, se siamo rimasti in piedi, è per pura grazia e non per nostra forza personale. Perché, se ci dissociamo da tutta la Chiesa, coi nostri desideri, le nostre preghiere, le nostre confessioni, ci chiudiamo in noi stessi e finiamo per occuparci solo di noi stessi, senza riuscire a vedere i nostri errori.
Investighi ognuno le proprie vie e veda in quale misura, con le sue parole o i suoi atti, ha contribuito personalmente allo stato attuale delle cose.
E' serio e solenne avere a che fare con Dio; ma, sia benedetto il suo nome, le sue compassioni sono grandi e noi possiamo dire: "E' una grazia del Signore che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà! Il Signore e la mia parte, io dico, perciò spererò in lui!" (Lamentazioni 3:22-24).
In Apocalisse 2:3, il Signore, rivolgendosi ad alcune chiese, dice: "Ravvediti!". Ricordiamoci che hanno poco effetto le sole parole o le belle espressioni. Occorre un pentimento profondo e reale, che provenga dal cuore; occorre giudicare se stessi, e poi manifestare praticamente i frutti che accompagnano questo pentimento. Questo sarà il primo passo verso un ristoramento individuale e collettivo.
Tratto dal Messaggero Cristiano