Alcuni giorni fa un mio collega ex giocatore di basket, alto poco più di due metri, stava tentando di insegnare al figlio di sei anni a giocare. Il piccolo prendeva la palla con entrambe le mani e lanciava il più forte possibile verso il canestro, ma non riusciva mai a raggiungerlo. E ogni volta il padre prendeva la palla e la lanciava verso il canestro dicendo qualcosa come: “Fallo così, figliolo. E' facile”.
Allora il bambino riprovava e falliva di nuovo. Il mio collega riprendeva la palla, faceva un altro canestro e incoraggiava suo figlio a tirare con più forza.
Dopo svariati minuti e molti colpi mancati, il bambino, gettando via la palla, rispose stizzito: “Sì, ma è facile per te che sei lassù.”.
Tu ed io non potremmo mai dire la stessa cosa di Dio.
“Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” Ebrei 4:15.
Lo scrittore dell'epistola agli Ebrei è irremovibile e come se anticipasse le nostre obiezioni. E come se sapesse che avremmo detto a Dio ciò che quel bambino disse a suo padre.
Esaminiamo le parole di questo versetto:
Egli stesso. Non un angelo. Non un sostituto. Non un emissario, ma Gesù stesso.
Ha condiviso pienamente. Non parzialmente. Non a grandi linee. Non in gran parte. Interamente! Gesù ha condiviso pienamente.
Tentato in ogni cosa. Ogni ferita. Ogni dolore. Ogni tensione e ogni preoccupazione. Nessuna eccezione. Perché? Affinché potesse comprendere la nostra debolezza.