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lunedì 17 marzo 2025

Solitudine

Una decina di anni fa ero nei pressi di un'azienda che dovevo visitare per motivi di lavoro, ma essendo arrivato in forte anticipo presi l'occasione per fare due passi. La mia attenzione fu subito attirata da un piccolo cimitero monumentale che sorgeva lì vicino.

Un vecchio cancello arrugginito dava accesso al cimitero le cui tombe, poche, forse una cinquantina, erano tutte ricavate da una strana roccia tagliata in modo irregolare ma gradevole. La lapide più recente risaliva al 1941. La singolarità di quelle lapidi era che ognuna, oltre alla data di nascita e morte, riportava una frase d'accompagnamento.

Il diciottenne Arrigo morto nel 1902, giaceva sotto queste parole: “Dormi dolcemente stanco giovane pellegrino”. Mi chiesi cosa poteva averlo stancato tanto.

Il piccolo Duilio era nato e morto nello stesso anno, il 1899. 

Poi la vidi. La pietra indicava l'ultima dimora del corpo di Evelina e sotto la data di morte aveva questo epitaffio: “Dorme ma non riposa. Ha amato ma non è stata amata. E' morta come è vissuta...sola.”

Parole che esprimono inutilità.

Mi chiesi se era stata lei ad aver voluto scrivere quelle parole sulla lapide. Mi chiesi come poteva essere stata la sua vita. Mi chiesi se era amarezza la sua o se si fosse sentita ferita, persa. Mi domandai se fosse stata triste o abbattuta se era insignificante o era bella.

Ha amato ma non è stata amata.

Lunghe notti. Nessun conforto durante la sua vita. Nessun affetto in cambio di quello che dava.

E' morta come è vissuta: sola.

Guardando il cimitero, mi chiesi anche: Chi sa quante Eveline ci sono qui?

Quante persone moriranno nella stessa solitudine nella quale stanno vivendo. Chissà quante persone si chiedono se il mondo abbia bisogno di loro. Il senza tetto, l'alcolizzato, la donna poco appariscente, coloro che si trovano brutti, sono tante le persone convinte di non interessare realmente a nessuno.

E a meno che non intervenga qualcuno, a meno che non accada qualcosa, l'epitaffio di Evelina sarà il loro. 

Si può concludere che nella vita di ogni uomo esistono due lapidi. La prima è la sua, la più solitaria e può benissimo riportare una scritta come quella di Eveline: E' morto solo.

Poi vi è la seconda. E' una lapide aperta, perché la tomba è vuota. Riporta anche essa una scritta: Egli non è qui, è resuscitato. 

Questa tomba ci parla di vittoria non di sconfitta. Ci parla di speranza non di delusione.

 Soltanto “un uomo” nel corso di tutta la storia, ha affermato di avere una risposta per tutto questo. Egli sta ancora davanti a tutti le Eveline del mondo con la stessa promessa:

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” Matteo 11:28.

“perché il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto” Luca 19:10.