Studiando gli ordinamenti e le cerimonie della economia levitica, niente colpisce di più della cura gelosa con cui il Dio d’Israele vegliava sul suo popolo, affinché fosse preservato da ogni influenza corruttrice. Di giorno o di notte, fossero svegli o dormissero, dentro o fuori, in seno alla famiglia o nella solitudine, i suoi occhi erano sopra loro. Egli vegliava sul loro nutrimento, sul loro vestimento, sulle loro abitudini e sui loro assestamenti domestici. Egli li istruiva accuratamente su ciò che potevano o non potevano mangiare, o indossare. Manifestava loro anche distintamente il suo pensiero per quel che concerneva il toccare o il maneggiare le cose. In una parola li aveva circondati di barriere ampiamente sufficienti, se soltanto avessero voluto farvi caso, per evitare la corrente della contaminazione a cui erano esposti da ogni lato.
In tutto ciò vediamo evidentemente la santità di Dio; ma vi
vediamo altrettanto chiaramente la Sua grazia. Se la santità divina non poteva
sopportare nessuna contaminazione sul popolo, la grazia divina provvedeva
ampiamente alla purificazione. Queste cure si manifestano nel nostro capitolo
sotto due forme: il sangue espiatorio e l’acqua d’aspersione. Preziose risorse!
Se non conoscessimo le immense provviste della grazia divina, i diritti supremi
della santità di Dio sarebbero sufficienti per schiacciarci; mentre che essendo
accertati della grazia, possiamo rallegrarci con tutto il nostro cuore nella
santità. Un Israelita poteva fremere udendo queste parole: «Chi avrà toccato il
cadavere di una persona umana sarà impuro sette giorni». E ancora: «Chiunque tocchi
un morto, cioè il corpo di una persona umana che sia morta, e non si purifica,
contamina la dimora dell’Eterno; e quel tale sarà tolto via da Israele».
Tali parole potevano veramente terrificare il suo cuore. Ma
allora le ceneri della giovenca arsa e l’acqua d’aspersione gli presentavano il
memoriale della morte espiatoria di Cristo, applicata al cuore dalla potenza
dello Spirito di Dio: «Quando uno si sarà purificato con quell’acqua il terzo e
il settimo giorno, sarà puro; ma se non si purifica il terzo e il settimo
giorno, non sarà puro»
Notiamo che non si tratta né d’offrire un nuovo sacrificio,
né d’una nuova applicazione del sangue. È importante di vedere e di comprendere
chiaramente questo. La morte di Cristo non può essere ripetuta. «Cristo,
risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui.
Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo
vivere è un vivere a Dio» (Romani 6:9-10).
Noi siamo, per la grazia di Dio, al beneficio del pieno
valore della morte di Cristo; ma, essendo circondati da ogni parte dalle
tentazioni e dai lacci ai quali rispondono le tendenze della carne che è ancora
in noi; avendo inoltre un avversario potente, sempre all’agguato per
sorprenderci e condurci fuori del sentiero della verità e della purezza, non
potremmo avanzare un solo istante, se il nostro Dio nella sua grazia non avesse
provveduto a tutte le nostre necessità per la morte preziosa e la mediazione onnipotente
del nostro Signore Gesù Cristo. Non solo il sangue di Cristo ci ha lavati da
tutti i nostri peccati, e riconciliati con un Dio santo, ma «noi abbiamo un
avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto». Egli «vive sempre per
intercedere per loro». E «Egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo
di lui si avvicinano a Dio». Egli è sempre nella presenza di Dio per noi. È là
come il nostro rappresentante, e ci mantiene nella divina integrità della
posizione e della relazione nelle quali la sua morte espiatoria ci ha posti. La
nostra causa non può mai essere perduta fra le mani d’un tale Avvocato.
Bisognerebbe ch’Egli cessasse di vivere, prima che il più debole dei suoi santi
potesse perire. Noi siamo identificati con Lui, ed Egli con noi.
Or dunque, lettore cristiano, quale dovrebbe essere
l’effetto pratico di tutte queste grazie sui nostri cuori e sulla nostra vita?
Quando pensiamo alla morte e all’incenerimento — al sangue e alle ceneri — al
sacrificio espiatorio e all’intercessione del Sacerdote e dell’Avvocato, quale
influenza dovrebbe ciò esercitare sulle nostre anime? Come dovrebbe agire
questo pensiero sulle nostre coscienze? Ci condurrà forse a tenere in poco
conto il peccato? Avrà forse per effetto di renderci leggeri e frivoli nelle
nostre vie? Così non sia! Possiamo essere certi di questo: l’uomo che può
vedere nelle ricche risorse della grazia di Dio una scusa per la leggerezza di
condotta o la frivolezza di mente, conosce pochissimo o affatto la vera natura
della grazia, la sua influenza e le sue risorse. Potremmo immaginarci per un
solo istante che le ceneri della giovenca o l’acqua d’aspersione potessero
avere per effetto di rendere un Israelita incurante della sua condotta?
Certamente no. Anzi il fatto stesso d’una tale precauzione contro la
contaminazione doveva fargli sentire quanto fosse cosa seria il contrarre la
contaminazione. Il mucchio di ceneri deposte in un luogo netto offriva una
doppia testimonianza; testimonianza della bontà di Dio e della natura odiosa
del peccato. Dichiarava che Dio non poteva sopportare l’impurità in mezzo al
suo popolo; ma pure che Dio aveva provveduto i mezzi per togliere l’impurità. È
impossibile che la dottrina benedetta del sangue sparso, delle ceneri, e
dell’acqua d’aspersione, possa essere compresa e gustata, senza che produca un
santo orrore del peccato in tutte le sue forme corruttrici. E noi possiamo
affermare, inoltre, che chiunque ha provato l’angoscia di una coscienza
contaminata non può considerare con leggerezza la contaminazione. Una coscienza
pura è un tesoro troppo prezioso perché uno se lo lasci rapire con leggerezza;
d’altra parte una coscienza contaminata è un fardello troppo gravoso perché,
uno se lo indossi alla leggera. Ma, benedetto sia il Dio d’ogni grazia, Egli ha
provveduto per ogni nostro bisogno in modo perfetto, e non in maniera da
renderci negligenti, bensì vigilanti. «Figlioli miei, vi scrivo queste cose
perché non pecchiate». Poi aggiunge: «Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un
avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto» (1 Giovanni 1:1-2).
Ancora una parola sugli ultimi versetti di questo capitolo:
«Sarà per loro una legge perenne: colui che avrà spruzzato l’acqua di
purificazione si laverà le vesti; e chi avrà toccato l’acqua di purificazione
sarà impuro fino alla sera. E tutto quello che l’impuro avrà toccato sarà
impuro; e la persona che avrà toccato lui sarà impura fino alla sera» (vers.
21-22). Al versetto 18, abbiam veduto che occorreva una persona pura per fare
spruzzamento su quella contaminata; qui vediamo che si contraeva contaminazione
nell’atto di spruzzare un altro.
Mettendo insieme queste due cose, impariamo, come qualcuno
l’ha detto, «che contaminato è colui che ha da fare col peccato altrui, benché
vi tocchi per dovere e a fin di purificare il suo prossimo; non è punto
colpevole quanto l’altro, è vero, ma noi non possiamo avere contatto col
peccato senza essere contaminati». Impariamo ancora che per condurre un altro a
godere della virtù purificatrice dell’opera di Cristo, dobbiamo goderne noi
stessi. Chiunque aveva spruzzato altri con l’acqua di aspersione, doveva lavarsi
i vestimenti e lavare se stesso con acqua; poi la sera era netto (vers. 19).
Possano le nostre anime afferrare bene quest’insegnamento! Possiamo noi vivere
abitualmente nel sentimento della purezza perfetta in cui ci ha introdotti la
morte di Cristo e nella quale ci mantiene la Sua funzione di Sacerdote.
Non dimentichiamo mai che il contatto col male contamina.
Era così sotto la dispensazione mosaica, oggi il medesimo principio permane.