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lunedì 3 marzo 2025

Un nome per testimoniare (1)

 Un nome per testimoniare - una triste situazione di vita (1)

 

Naomi arrivò a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo. Era accompagnata da Rut la Moabita, sua nuora.

La città fu commossa per loro, due donne che avevano percorso circa un centinaio di chilometri da Moab a Betlemme, da sole.

Le donne del paese, che non la vedevano da molti anni, si chiedevano l’un l’altra con tono incredulo: “È proprio Naomi?”.

Chissà se Naomi era stata una ragazza dolce come il suo bellissimo nome faceva presagire! Naomi significa infatti “mia dolcezza”.

Forse proprio di quella dolcezza si era innamorato suo marito Elimelec. E insieme avevano scelto di partire per Moab quando a Betlemme era cominciata la carestia.

Avevano lasciato Betlemme, che significa “casa del pane”, per andare a cercare del pane in un paese straniero. Ma a Moab, Naomi non trovò solo pane.

 

Trovò la sofferenza.

Prima perse il marito che la lasciò sola con i suoi due figli. Poi, dopo che entrambi avevano sposato donne moabite, non proprio il genere di nuore che aveva sognato, Naomi perse anche i figli.

Naomi si ritrovò vedova e priva di figli in un paese straniero, in compagnia delle sue due nuore moabite.

Quando aveva saputo che in Giuda il Signore aveva visitato il suo popolo mettendo fine alla carestia, Naomi aveva deciso di tornare a Betlemme.

Entrambe le nuore la accompagnarono ma, dopo un po’ di strada, Naomi era riuscita a convincere Orpa a tornare indietro. Rut invece non ne aveva voluto sapere di andare a cercarsi un altro marito nel suo paese ed era rimasta con Naomi.

Così Naomi era tornata a Betlemme con l’ulteriore peso di dover sistemare la nuora.

Chi, nella piccola Betlemme, si sarebbe preso in moglie quella vedova moabita?

Ecco perché non possiamo biasimarla se, quando le donne si erano rivolte a lei chiamandola Naomi, lei aveva risposto:

“Non mi chiamate Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza. Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?” Rut 1:20-21.

 

“Chiamatemi Mara”.

Nella vita di Naomi non c’era più spazio per la dolcezza. Quel nome alle sue orecchie suonava come una beffa e non voleva più sentirlo.

Mara significa, amara, triste.

In quel momento era il nome che meglio la descriveva.

Quando tutto va a rotoli

Alle orecchie di molti credenti le parole di Naomi suoneranno irrispettose nei confronti del Signore.

Ma piuttosto che biasimarla per le sue parole, se vogliamo imparare qualcosa che può essere utile anche nella nostra vita, dobbiamo provare a metterci nei suoi panni.

Dal suo punto di vista, la situazione era tragica:

• il passato le riportava alla mente i suoi cari che ora non c’erano più,

• il presente le sembrava un peso impossibile da sopportare,

• il futuro appariva senza prospettive e senza speranza.

Dopo tutto ciò che le era successo, Naomi vedeva il Signore più come un giudice che come un Padre amorevole. Più che colui al quale poteva chiedere soccorso, Dio sembrava essere il nemico, l’artefice dei suoi mali.

Si sentiva colpita da Dio e si stava rassegnando ad una vita piena d’amarezza.

Neanche la presenza di Rut sembrava essere un sollievo per lei, infatti al loro arrivo a Betlemme, Naomi dichiarava a tutti di essere tornata spoglia di tutto. Non un solo accenno positivo alla nuora. Forse in quel momento, più che una consolazione, Rut sembrava essere solo un peso che Naomi non era in grado di sopportare. Perché non se ne era tornata al suo paese a rifarsi una vita come aveva fatto Orpa?

Quando tutto va a rotoli, non è facile affrontare la vita in maniera serena e vedere le cose dalla giusta prospettiva.

Nelle sue condizioni, quanti di noi sarebbero stati tanto ottimisti da vedere il bicchiere mezzo pieno?

Non avremmo anche noi pianto sulle nostre disgrazie?

Quando il mondo sembra crollarci addosso non ci viene talvolta da gridare: “Perché proprio a me?”.

Domande come queste spesso non trovano risposta in questa vita e hanno l’unico effetto di logorarci:

“Non dire: «Come mai i giorni di prima erano migliori di questi?», poiché non è da saggio domandarsi questo”(Ec 7:10).

 Come accade a chiunque si trovi nel dolore, in quel momento i suoi occhi non riuscivano a vedere ciò che il Signore le aveva donato, una nuora che si sarebbe rivelata più preziosa di sette figli (Ru 4:15). Naomi vedeva solo ciò che le era stato tolto.

Nella sua infinita grazia, colui che a Naomi sembrava solo un giudice severo, aveva un piano per risollevarla e darle una speranza e le aveva messo vicino Rut per la sua consolazione ma, in quei momenti,  la fede di Naomi era offuscata dalla ragione che le mostrava solo i fatti nudi e crudi: suo marito e i suoi figli non c’erano più.

(segue)