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martedì 30 settembre 2025

Voltarsi indietro

Il peccato dei sodomiti ha superato ogni limite. E Lot lo sa. Alla sera accoglie i due forestieri per metterli al sicuro e portano un messaggio, eccolo: “Noi distruggeremo questo luogo”. Chi conosce Dio sa che è un Dio di grazia, ma sa anche che la sua pazienza ha un limite. 

Lot avverte i suoi generi, e viene deriso. Proprio come capita a noi quando diciamo che quel tipo di peccato è per Dio un’abominazione e che il suo giudizio è imminente.

All’alba bisogna fuggire dalla città, e Lot “indugia”. Gli angeli devono letteralmente trascinarlo fuori, con la moglie e le due figlie. Due cose non devono fare: voltarsi indietro e fermarsi in un luogo della pianura, ma la moglie di Lot si volta indietro e diventa una statua di sale. 

Possiamo ben capire quanto sia difficile abbandonare la propria casa, i beni, i parenti. Ma la chiamata di Dio, se è recepita nel cuore, fa comprendere che le cose che Dio dà sono di gran lunga più eccellenti di quelle che si devono lasciare. Chi risponde alla chiamata di Dio diventa automaticamente forestiero nel mondo; e Lot che, pur essendo chiamato “straniero”, è diventato un abitante di Sodoma, ora deve riprendere la sua vera posizione di forestiero. La riprende, sì, ma a malincuore perché la visione delle cose di Dio si offusca quando si vive a troppo stretto contatto col peccato, in un ambiente che non si addice a un credente. Fino alla fine della sua vita Lot porterà, infatti, l’impronta negativa che il mondo ha lasciato sul suo cuore e sulla sua coscienza, e sarà incapace di ricostruirsi una scala di valori morali in armonia col pensiero di Dio.

La moglie di Lot non si rassegna a separarsi da Sodoma; ha troppi interessi in quella città. I suoi affetti e le sue ricchezze sono là. Non c’è la fede che fa apprezzare la liberazione dal giudizio e dà la pace al cuore e una piena soddisfazione. Il Signore la dà come esempio: “In quel giorno, chi sarà sulla terrazza e avrà le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così pure chi sarà nei campi non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot” (Luca 17:31).

Il popolo d’Israele ha fatto la stessa cosa. E’ uscito dall’Egitto, finalmente liberato dalla schiavitù, ma gli affetti non sono tutti per l’Eterno. Viaggiano verso il paese promesso, ma una parte dei loro interessi è rimasta in Egitto. La parola della predicazione non giova a nulla se non è “assimilata per fede” (Ebrei 4:2). Appena partiti da Elim, tutta la comunità dei figli d’Israele mormora contro Mosè e contro Aaronne nel deserto: “Fossimo pur morti nel paese d’Egitto, quando sedevamo intorno a pentole piene di carne e mangiavamo pane a sazietà!” Esodo 16:3. Possibile che avessero già dimenticato i loro affanni di quand’erano schiavi? Non era “grande” il grido che gli strappavano i loro oppressori? (Esodo 3:7). 


Israele si volta indietro e rimpiange quel mondo sul quale si è abbattuta la giusta ira di Dio. La manna scende dal cielo, arrivano le quaglie in gran quantità; ma Dio è scontento del suo popolo e la sua ira lo colpisce “con un grandissimo flagello” Num. 11:33.

Passano i secoli e Israele continua a peccare d’incredulità e di attaccamento a cose che dispiacciono all’Eterno. “Essi non ascoltarono, non prestarono orecchio, ma camminarono seguendo i consigli e la caparbietà del loro cuore malvagio, e invece di andare avanti si sono voltati indietro” (Ger. 7:24). “Voi... siete tornati indietro e avete profanato il mio nome” (Ger. 34:16). “Nessuno che abbia messo mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio” Luca 9:57-62. Non è impossibile, “dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo”, lasciarsi di nuovo “avviluppare in quelle e vincere”. E Pietro insegna che in questi casi l’ultima condizione diventa peggiore della prima (2 Pietro 2:20).

 

Ma anche i veri credenti, se non vegliano, possono in qualche modo tornare indietro, riaffezionarsi al mondo, riprendere consuetudini e atteggiamenti che alla conversione avevano giudicato o riabbracciare dottrine già ritenute contrarie alla Parola di Dio. Così i progressi fatti sono vanificati, e il premio è perso. “Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa” (2 Giov. 8).


L’apostolo Paolo guardava avanti. Dietro a lui c’erano privilegi e vantaggi che un tempo considerava come un “guadagno”, ma che di fronte “all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù” erano diventati come “tanta spazzatura”. Se avesse guardato indietro, con nostalgia, alla sua razza, alla sua nobile discendenza, alla sua cultura religiosa, al suo zelo per la legge, alle sue tradizioni, il suo entusiasmo per il servizio del Signore si sarebbe smorzato fino a spegnersi del tutto. No; Paolo dimentica le cose che gli stanno dietro e si protende verso quelle che gli stanno davanti, così può dire: “Corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Fil. 3:7-14).


Anche i progressi che possiamo aver fatto nel corso della nostra vita di fede, il servizio che possiamo aver svolto per il Signore o gli eventuali successi, se occupano nei nostri pensieri uno spazio troppo grande diventano un ostacolo e un freno. Il corridore che si volta indietro perde secondi preziosi che possono pregiudicare la sua vittoria.

Che il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo sia ambito da tutti noi che desideriamo servire il Signore in questi tempi difficili che precedono i suoi giudizi. Anche a noi è rivolta l’esortazione di Ebrei 10:35-36: “Non abbandonate la vostra franchezza che ha una grande ricompensa! Infatti avete bisogno di costanza, affinché, fatta la volontà di Dio, otteniate quello che vi è stato promesso”.