Dio disse (ad Adamo): “Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell’albero, che ti avevo comandato di non mangiare?” L’uomo rispose: “La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell’albero, e io ne ho mangiato”.
Genesi 3:11-12
Confessione sincera
L’unica giusta risposta di Adamo alla
domanda di Dio avrebbe dovuto essere un semplice “sì”. Invece, lui cerca di
eludere la propria responsabilità e confessa il peccato commesso solo nella
terza parte della sua risposta. Prima dice: “La donna che tu mi hai messa
accanto…” e addossa indirettamente la colpa a Dio. Anche oggi si fa spesso
ricorso a simili scuse. Dov’era Dio? Ci si chiede di fronte alle guerre, agli
atti di terrorismo, ai crimini; ma non diciamo mai che è proprio perché l‘uomo
si è allontanato da Dio che succedono simili cose.
Poi Adamo aggiunge: “È lei che mi ha dato…”
e addossa la colpa a Eva. Anche a noi può succedere di ribaltare sugli altri la
responsabilità di una colpa: “è lui che ha cominciato”, oppure “è l’altro che
mi ha convinto ad agire così”. A volte, per giustificarci, mettiamo in primo
piano le nostre attenuanti, e se non possiamo incolpare Dio o qualcun altro o le
difficoltà della situazione, cerchiamo di banalizzare la cosa dicendo:
“Dopotutto non è poi così grave”.
Prendiamo esempio dal re Davide che,
convinto del proprio peccato, afferma senza alcuna scusa: “Ho peccato contro il
SIGNORE” (2 Samuele 12:13). Egli risale fino alla radice del male e riconosce che il peccato proviene dal suo
cuore.
Se confessiamo a Dio i nostri peccati e lo
facciamo con sincerità, “egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati” (1
Giovanni 1:9).