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sabato 28 ottobre 2023

Gran male

“Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?” Gen.39:9.

Come verrebbe valutato, oggi, nel mondo che si dice cristiano, l'atteggiamento di Giuseppe verso la moglie di Potifar? Come si reagirebbe? Viviamo in un epoca in cui le nozioni del bene e del male sono tanto sconvolte che anche noi credenti corriamo il rischio di adottare segretamente concetti tolleranti verso la gravità del peccato e di avere un giudizio falsato, perché non fondato sulla Parola di Dio.

Indubbiamente il mondo è cambiato molto di più in questi ultimi cinquant'anni che nei cinquecento precedenti. L'instabilità, la contestazione e il peccato, sotto tutte le sue forme, non sono mai stati tanto evidenti e diffusi come oggi. Di fronte alla violenza e alla corruzione, ci è di conforto ricordare la fermezza e la purezza di Giuseppe in presenza della tentazione.

Realizzando il pericolo e la complessità di tante situazioni in cui ci possiamo trovare, vorrei fare alcune riflessioni sulla figura di Giuseppe, per incoraggiamento ai giovani cristiani, come esempio da seguire perché “Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione” Romani 15:4.

Giuseppe era esposto a una tentazione terribile, che è sempre esistita, ma che nel suo caso e nella sua particolare posizione era ancora più terribile da vincere. Egli era molto giovane, forse aveva poco meno di vent'anni. E questa è ancora l'età in cui si corrono i rischi più gravi, perché le passioni sono forti e non ancora bilanciate dalla riflessione e dal senso di responsabilità. “Giuseppe era avvenente e di bell'aspetto” (ver.6). Le ragazze e i ragazzi sono facilmente portati ad approfittare di questi vantaggi. Giuseppe godeva di una fiducia illimitata da parte del suo padrone, ed era libero di agire come meglio gli pareva nell'amministrazione dei suoi beni. La moglie di Potifar cercava di sedurlo e ogni giorno rinnovava la sua pretesa di avere delle relazioni con lui.

E' abbastanza facile resistere una o due volte, ma quando la tentazione si rinnova insidiosamente dieci, venti volte e persino ogni giorno, quando l'insistenza tende a minare la fermezza, sovente le difese si allentano e il peccato trionfa.

Giuseppe era assolutamente solo e questa solitudine doveva pesargli. Non soltanto era lontano dalla sua famiglia e da suo padre, che lo credeva morto, ma viveva in un paese idolatra, senza principi morali. Inoltre al momento dell'ultima prova era solo in quella parte di casa; non lo poteva seguire nessuno sguardo umano.

Sovente quando ci si crede sicuri dell'impunità, quando si sa che nessuno ci può vedere, si è portati a fare cose riprovevoli. Però, anche se i nostri genitori o amici cristiani non ci vedono, noi credenti abbiamo una certezza: Dio ci vede. 

“Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?”.

I suoi sogni gli avevano rivelato che un giorno sarebbe stato grande e poteva anche pensare: Forse cedendo a questa proposta potrei anticipare il momento della mia ascesa.

Ma non fu questo il ragionamento che fece anzi fuggi dinanzi alla tentazione. Che lezione ci da questo giovane, messo così a dura prova. Quali erano le armi che gli avevano permesso di riportare la vittoria? Erano il timore di Dio e il suo orrore del male. La sua fermezza per sfuggire “alle passioni giovanili” (2 Tim. 2:22) che fanno guerra all'anima (1 Pietro 2:11) lo aveva portato a “Aborrire il male e attenersi fermamente al bene" (Rom. 12:9.

Da questo profondo timore di Dio, Giuseppe attingeva la sua forza. In un modo o nell'altro, ognuno di noi può essere assalito dalla tentazione. Simile ad acqua che penetra nei minimi interstizi, il “gran male” come lo definisce Giuseppe tenta di insinuarsi nell'anima se trova anche dei minimi varchi aperti. Il diavolo saprà trovare una “moglie di Potofar” che farà luccicare davanti a noi tutte le attrazioni della seduzione e che tornerà alla carica, ogni giorno. Le delizie del peccato lasciano sempre un amaro sapore e delle dolorose conseguenze.

Il Signore ci conceda la grazia di perseverare nelle cose che abbiamo imparate (2 Tim. 3:14), senza essere trascinati dallo spirito di questo secolo malvagio.