“...secondo quello che avete imparato da Epafra, il nostro caro compagno di servizio, che è fedele ministro di Cristo per voi” Cl 1:7.
“Epafra, che è dei vostri ed è servo di
Cristo, vi saluta. Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate
saldi, come uomini compiuti, completamente disposti a far la volontà di Dio.
Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi, per quelli di
Laodicea e per quelli di Ierapoli” Cl 4:12-13.
“Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo
Gesù, ti saluta” Fi v. 23.
EPAFRA: chi era?
Sono stato attratto da questo
personaggio biblico “minore”, ma sicuramente importante per il piano di Dio a
favore della sua Chiesa, e che è menzionato in tre soli brevi versetti biblici.
Infatti: è forse meno importante
chi viene ricordato con una singola piccola frase come, ad esempio, quella
riportata dalla Bibbia su Enoc, e cioè che “Enoc camminò con Dio”?
In questa piccola e breve frase è
riassunta una vita intensa, una vita di ubbidienza e comunione col Signore, una
vita come poche. Dio approvò e si compiacque di Enoc al punto che fece scrivere
di lui questo breve epitaffio. Se Dio dovesse far scrivere qualcosa di me che
cosa lascerebbe detto?
Senza voler inventare storie
cercheremo di scavare a fondo nella Parola per ricercare quegli insegnamenti
spirituali che possano essere utili per ciascuno di noi affinché, lasciandoci
guidare dallo Spirito Santo, possiamo diventare anche noi degli Epafra.
Già il suo nome è ricco di
interesse, ha infatti due possibili significati, assolutamente contrastanti
l’uno con l’altro.
Nel primo caso è un abbreviativo
del nome Epaphroditus che veniva imposto in onore di Epaphus, figlio di Giove e
di Io, quindi ideale per un adoratore di idoli.
Invece l’altro significato è
“amabile”.
Sicuramente Epafra era passato
dall’essere un adoratore di idoli, al servizio del Dio vivente e vero, l’unico
veramente amabile e che trasforma i cuori degli uomini e li rende simili a sé
(1Te 1:9).
Amore espresso nel servizio
Della vita di Epafra si sa ben poco, infatti non abbiamo molte informazioni di lui dalla Bibbia. Ad esempio non ci viene detto se fosse giovane oppure anziano, neppure sappiamo se fosse sposato oppure no. Inoltre, non abbiamo idea se esercitasse un attività professionale oppure fosse un servitore a pieno tempo nell’opera del Signore.
Apparentemente, pur essendo
menzionato come un compagno d’opera di Paolo, era quello che noi definiremmo un
credente qualsiasi.
Epafra probabilmente si convertì
durante l’evangelizzazione di Paolo ad Efeso, e si suppone che sia stato il
fondatore della chiesa che si riuniva a Colosse e, se così fosse, si
giustificherebbe ancora di più il suo amore così profondo ed intenso per questa
comunità.
Pur conoscendo poco di lui alcuni
tratti della sua vita però sono molto chiari.
Era un uomo che amava grandemente
la Chiesa: il suo più profondo desiderio era quello di spingere i credenti a
conoscere sempre meglio la persona e l’opera del Signore Gesù Cristo. Solo il
Signore sa quanto bisogno la Chiesa di oggi ha di uomini (e donne, perché no?)
che sono profondamente attaccati a Dio e innamorati della sua Chiesa. Uomini
pronti al sacrificio (del proprio egoismo, dei propri interessi, della propria
vita?) per trasmettere ad altri l’amore di Dio, e l’amore per Dio.
La prima indicazione su questo
aspetto del “nostro” personaggio la troviamo all’inizio della lettera ai Colossesi: “Come avete anche imparato da Epafra, nostro caro compagno, il
quale è un fedele ministro di Cristo per voi” (Cl 1:7).
Paolo dice che c’era da imparare
da questo uomo, ed inoltre che era non solo un ministro (servo) di Cristo, ma
anche un “fedele” ministro per loro, cioè per i credenti di Colosse.
Che bel quadro di servizio che
viene dipinto di questo uomo di Dio.
È sempre opportuno e necessario
che i credenti si pongano davanti alla Scrittura e si chiedano:
“Cosa ho imparato sino ad ora dal
Signore? L’ho fatto mio? Sono io qualcuno che gli altri devono considerare un
esempio? Ho qualcosa da insegnare o trasmettere? Gli altri mi possono
considerare fedele?”
Queste domande non devono
inorgoglirci né farci “gonfiare”, piuttosto devono portarci alla riflessione e
farci mettere umilmente davanti allo specchio della Parola di Dio.
Non voglio spingere nessuno a
sentirsi in colpa, perché ciò non è mai utile, piuttosto è il Signore che ci
deve stimolare ad ubbidire alla sua Parola dopo averla ascoltata.
Quanti messaggi abbiamo ascoltato
da quando siamo credenti?
Quanta lettura della Bibbia
abbiamo fatto?
E di tutto ciò cosa è entrato
veramente nella nostra vita pratica?
Se ci sentiamo mancanti, non
scoraggiamoci, perché con il Signore c’è sempre speranza.
Penso a Pietro che dopo aver
tradito il suo Signore era tornato a fare il pescatore, ma il Signore era là ad
aspettarlo! Forse Gesù ci aspettando e ci sta chiedendo “Mi ami tu?”.
Se davvero lo amiamo, allora che
aspettiamo a servirlo?
C’è bisogno di ognuno di noi
nella sua Chiesa.
(continua)