Sull'incudine di Dio. Forse ci siete stati. Fusi, disfatti, colpiti. Messi sull'incudine per...essere rimodellati? Disciplinati? Provati?
Lo so. Io ci sono stato. E' duro. Si può scivolare in basso. Giù nella valle nebbiosa degli interrogativi. Nella terra arida dello scoraggiamento. Svanisce la motivazione.
Energia? E' scivolata fuori della porta.
Entusiasmo? State scherzando? E' il momento dell'incudine.
Può essere provocato da una malattia, da un incidente, un lutto. L'interruttore della luce pare essere saltato e la stanza è al buio.
Siamo sull'incudine e non possiamo fuggire.
Si può conoscere lo scoraggiamento, la rabbia, la delusione.
“O Signore, perché te ne stai lontano? Perché ti nascondi in tempo d’angoscia?” Salmo 16:1.
E’ difficile apprezzare in quei momenti quello che Dio sta facendo per noi.
Salire sull'incudine di Dio significa che Egli ritiene ancora che valga la pena di rimodellarci.
Che è utile per noi, per la nostra gioia, per la nostra pace, liberarci da tutto ciò che ce ne priverebbe.
C'è poi un lavoro paziente e continuo che il fabbro esegue con solerzia per la manutenzione degli utensili e perché conservino nel tempo la loro efficienza.
Il fabbro conosce bene il suo lavoro ed esamina con occhio attento ogni singolo pezzo.
Un lavoro di pazienza e perizia.
Conosce i metalli, conosce lo spessore, la loro consistenza, il tempo di esposizione al fuoco e la forza necessaria per eseguire un buon lavoro. Non va mai oltre quello che ogni singolo utensile può sopportare.
Potremmo dire che ogni colpo di martello può aiutarvi, oppure finirvi dipende dal modo con cui lo affronterete.
Davide lo aveva capito e ha lasciato scritto: “È stato un bene per me l'essere afflitto, ond'io imparassi i tuoi statuti.” Salmo 119:71.