"Il frutto della giustizia si semina nella pace per coloro che si adoperano per la pace"
Giacomo 3:18.
“Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”
Giovanni 15:16
Così diceva il Signore intrattenendosi coi suoi discepoli poco prima di annunciare loro che, dopo la sua morte e la sua risurrezione, avrebbe mandato lo Spirito Santo il quale, oltre a consolarli, li avrebbe ammaestrati, diretti, fortificati. Ma lo dice anche ai credenti di tutti i tempi; anche a noi, oggi.
Queste parole del Signore ci interpellano, individualmente e collettivamente. Anche noi siamo di quelli che l’apostolo Paolo chiamava “i nostri”, a proposito dei quali scriveva: “Imparino anche i nostri a dedicarsi a buone opere… affinché non stiano senza portar frutto” (Tito 3:14).
È certamente vero che il frutto in tutti i suoi aspetti (amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo) non proviene da noi stessi, ma è lo Spirito Santo, che abita in tutti i veri credenti, a produrlo (Galati 5:22). Ma è altrettanto vero che nessun frutto si vedrà nella nostra vita se la nostra volontà non è in gioco, se non decidiamo di metterci a disposizione del Signore e se non permettiamo al suo Spirito di agire in noi; e questa decisione non può essere presa una volta sola per tutte, ma dev’essere rinnovata, giorno dopo giorno. Il Signore si aspetta da noi un impegno perseverante per portare molto frutto.
Impegno
“Mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza l’autocontrollo, all’autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore” (2 Pietro 1:5, 10).
Qui c’è qualcosa di più di un consiglio o di un’esortazione, si tratta di un ordine: “Aggiungete”. Un ordine da eseguire non alla leggera, ma “mettendoci ogni impegno”. All’anello iniziale della fede siamo chiamati ad aggiungere una serie di altri anelli per formare una catena che si conclude con l’amore, che è ancora più alto dell’affetto fraterno. E questo amore è, nello stesso tempo, sia il primo aspetto del “frutto dello Spirito” (Galati 5:22) sia l’anello che rende compiuto il nostro progresso spirituale. Alle volte siamo portati a seguire la nostra inclinazione naturale, a dire, riferendoci a qualcuno: Non mi sento di amarlo. L’amore, che pur viene dallo Spirito e non da noi (cfr. Romani 5:5), è da ricercare, da coltivare da parte nostra; con impegno, forse proprio perché non sorge spontaneo in noi.
Ma lo stesso impegno ci è richiesto se desideriamo che nella nostra vita si vedano tutti gli aspetti del frutto che lo Spirito produce: “Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini” (Romani 12:17). Fare il bene è un’espressione che ci apre un ampio ventaglio di possibilità: “Finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti; ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10). Quindi, pur tenendo conto delle precedenze indicate, non possiamo escludere nessuno. Perché “davanti a tutti gli uomini?” Perché la testimonianza palese porti gloria a Dio. Non è per metterci in evidenza ed essere ammirati. Se così fosse, non si tratterebbe del frutto dello Spirito. Chiediamo al Signore di saper vegliare anche su ciò che ci spinge al ben operare.
L’impegno ci è richiesto anche per ricercare e mantenere la pace nelle nostre relazioni non solo fraterne ma con tutti, senza dimenticare però la purezza: “Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione” (Ebrei 12:14). Anche la pace nelle nostre relazioni reciproche, che va perseguita con impegno, non può essere realizzata venendo meno a ciò che il Signore ci chiede: “Siate santi in tutta la vostra condotta” (1 Pietro 1:16). Non c’è momento della nostra vita in cui ci è consentito di convivere con il male.
Perseveranza
In una notissima parabola, il Signore Gesù parla del seme “che è caduto in un buon terreno”, e ci spiega che si tratta di “coloro i quali, dopo aver udito la parola… portano frutto con perseveranza” (Luca 8:15). La pianta è germogliata, è cresciuta, ha messo foglie e forse fiori; questo è il lavoro di Dio, che non dipende da noi. E poi è venuta la stagione dei frutti. Ma c’è un segreto perché la pianta si sviluppi, prosperi e i frutti maturino: il terreno deve essere annaffiato, e questo dipende da chi coltiva.
L’acqua da far scorrere nel buon terreno non è nascosta, ma scorre vicino a noi, è a nostra disposizione: si tratta della Parola di Dio (Efesini 5:26). L’apostolo Paolo, istruendo il giovane Timoteo per il suo ministero nella chiesa di Efeso, dopo averlo esortato ad essere d’esempio ai credenti, gli raccomanda: “Applicati, finché io venga, alla lettura…” (1 Timoteo 4:13). Applicarsi a fare qualcosa non significa farlo di tanto in tanto, ma con continuità, perseverando. E ai Colossesi scriveva: “La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente” (3:16). La Parola è un nutrimento spirituale completo, per mantenere in buona salute il nostro “uomo nuovo” (Efesini 4:24) e renderlo produttivo.
Ancora Paolo, quando parla del proprio lavoro veramente fruttifero di evangelista e di servitore della Chiesa, non paragona la propria vita a una passeggiata, ma a una corsa, una gara: “corro verso la meta per ottenere il premio”; e questo faceva “dimenticando le cose che stanno dietro” e protendendosi “verso quelle che stanno davanti” (Filippesi 3:13-14). Nessun indugio, arresto o deviazione di percorso. L’autore della Lettera agli Ebrei (forse Paolo stesso) raccomandava a se stesso e a tutti i credenti: “Corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù” (Ebrei 12:2).
Ma durante questa “corsa” non possiamo fare a meno di fermarci per la preghiera: “Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie” (Colossesi 4:2).
Abbondanza
Il Signore Gesù, il “buon pastore”, parlando delle sue pecore, affermava: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10). La vita che il Signore conferisce a chi crede in Lui è rigogliosa, esuberante; è una vita che inizia quando afferriamo per fede Cristo come Salvatore e Signore, e che si prolunga fin nell’eternità. Di conseguenza, nella nostra vita di credenti sulla terra si dovrebbe vedere un’abbondanza di frutti rigogliosi, non scarsi e malaticci.
Paolo, scrivendo ai Filippesi, si esprimeva così: “Prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori… affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di frutti di giustizia” (1:9-11). Notiamo che ancora una volta l’amore è in primo piano come movente di ciò in cui dobbiamo abbondare: una conoscenza della Parola di Dio non fine a se stessa, ma volta ad accrescere la capacità di discernere le cose “migliori”, di fare delle scelte secondo la scala di valori di Dio, senza conformarci a “questo mondo” (Romani 12:2).
Siamo quindi esortati, in vista del “giorno di Cristo” nel quale “l’opera di ognuno sarà messa in luce” (1 Corinzi 3:13), ad essere ricolmi di frutti di giustizia. Si tratta certamente non della nostra giustizia, ma “della giustizia che viene da Dio, basata sulla fede” (Filippesi 3:9). Siamo dunque tutti noi ad essere, personalmente, messi di fronte a circostanze e ambienti in cui il Signore ci chiede di essere giusti. “Praticare la giustizia e l’equità è cosa che il SIGNORE preferisce ai sacrifici” (Proverbi 21:3). Ma se pratichiamo la giustizia, anche noi saremo più felici: “Far ciò che è retto è una gioia per il giusto” (Proverbi 21:15); ed è incoraggiante ciò che Dio dice del “giusto” secondo i suoi pensieri: “Nella casa del giusto c’è grande abbondanza” (Proverbi 15:6).
Giacomo ci parla della “saggezza che viene dall’alto”. Anche in questo dobbiamo abbondare; infatti, essa è “piena di misericordia e di buoni frutti” (3:17); quindi, non una saggezza fatta soltanto di parole e atteggiamenti, come spesso vediamo, ma una saggezza che si manifesta con azioni concrete verso il nostro prossimo, usando misericordia, non intransigenza e durezza.
Non pensiamo che i frutti prodotti siano soltanto in favore degli altri; anche per noi ci saranno dei risvolti positivi: “La luce spunta nelle tenebre… per chi è misericordioso, pietoso e giusto” (Salmo 112:4). Dio non delude mai, e lo possiamo sperimentare ogni giorno!
Ferruccio Cucchi