Ho trascorso un infanzia serena anche se devo ammettere che a volte ho fatto cose un po' “azzardate”, come tutti i ragazzi della mia età avevo uno spiccato senso per l'avventura.
Abitando in Toscana avevo a portata di mano un'infinità di colline e alture da esplorare.
Avevo circa quattordici anni e ricordo che con tre miei amici andavamo “in esplorazione” su delle colline poco distanti. Il territorio degli appennini durante la seconda guerra mondiale è stato teatro di aspri scontri fra i partigiani e le truppe dell'esercito invasore.
Su queste colline si trovavano con facilità bossoli e resti di fortificazioni partigiane.
Ma la scoperta più entusiasmante che facemmo fu un tunnel.
Un profondo buco nero nascosto in mezzo ad un intricato groviglio di rovi e per di più per raggiungerlo dovevamo calarci giù da una parete di terriccio che dava su di una piccola sporgenza.
Passammo molti giorni avendo un solo argomento di discussione, il tunnel. Avevamo scoperto sia l'imboccatura d'ingresso che quella d'uscita ma il tutto era solo una convinzione teorica, occorreva verificare, dimostrare la veridicità delle nostre convinzioni.
Troppo lungo? Abbastanza alto? Pieno di rocce? Insomma, era praticabile?
L'unico modo per saperlo era che un volontario ci passasse per primo. Se la memoria non mi tradisce questo volontario fu quello che all'epoca era per così dire il leader del gruppo e si chiamava Alberto.
Fu un momento di grande tensione. Noi tre eravamo in piedi mentre Alberto, dopo aver ispezionato per l'ennesima volta l'entrata del tunnel e tirato un lungo respiro accese la sua torcia elettrica e si immerse risoluto nel tunnel. Trattenemmo il respiro mentre vedevamo le sue scarpe da ginnastica sparire nel buco.
Nessuno parlò mentre aspettavamo, i nostri occhi erano puntati sull'uscita del tunnel.
Alla fine quando la testa mora e riccioluta del nostro amico emerse dall'altra parte esplodemmo tutti in un urlo di gioia. Ricordo il suo grido di vittoria con tanto di pugno alzato.
“E' sicuro, e tutta solida roccia ed è fantastico” ci urlò con il volto invaso dall'euforia.
Ora non c'era più niente da temere. Non vi erano più incognite o preoccupazioni, il tunnel era sicuro e lo si poteva attraversare.
E chi dopo una simile prova e testimonianza avrebbe temuto ad entrare?
Davanti agli occhi vedevamo vivo e vegeto colui che lo aveva attraversato.
Ci entrammo tutti.
In una testimonianza vivente c'è qualcosa che dà coraggio.
E' forse per questo che Gesù viene chiamato anche il nostro pioniere?
Forse è anche questa una delle ragioni che lo hanno portato ad entrare nello spaventoso tunnel della morte?
Forse le sue parole, benché persuasive non erano sufficienti. Le sue promesse, anche se vere, non bastavano ad allontanare le paure dei suoi. Agli occhi degli uomini la morte restava ancora un velo nero impenetrabile che gli avrebbe separati dalla gioia. I dubbi che la tetra entratura del tunnel della morte sollevava nella mente degli uomini dovevano essere sciolti. Questo compito fu lascito al Figlio di Dio. Stanco di vedere l'umanità senza speranza e piena di paure, entro nel tunnel della morte per dimostrare che c'è una via d'uscita. E mentre il mondo si oscurava e la creazione tratteneva il respiro l'attraversò vittorioso. Cristo emerse dal tunnel della morte trionfante.
“Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto.” Atti 2:24.
“e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita” Ebrei 2:15.
“ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati” 1 Corinzi 15:20-22.