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venerdì 21 maggio 2021

La prova

Non possiamo nè dobbiamo misurare, qui sulla terra, le conseguenze della prova, se non per fede, perché Dio non lavora per questa terra; Egli lavora per il cielo. Quando Gesù entrò nel mondo, uno dei primi effetti del Suo arrivo fu la strage degli innocenti, dopo che il coro degli angeli aveva cantato "Pace in terra". Che contraddizione! Ma Egli veniva perché il cielo fosse riempito; gli effetti della Sua venuta per la terra, per quanto meravigliosi, non dureranno che mille anni, ma il cielo accolse subito quelle vittime innocenti, che rispondevano agli scopi della venuta del Signore.  

Non possiamo giudicare da ciò che vediamo sulla terra. Questa è il laboratorio di Dio per portare a compimento i Suoi disegni celesti e gloriosi, la cui durata è eterna. In un laboratorio non si possono sempre giudicare i risultati di ciò che si è fatto. Questo mondo non è diverso, e quando tutti i disegni di Dio saranno compiuti, per la terra e per il cielo, Egli distruggerà questo laboratorio, che non avrà più ragione di esistere. Allora Egli mostrerà, nella gloria eterna, i risultati di tutto ciò che avrà fatto durante il tempo in cui ha lavorato, sia durante il nostro breve soggiorno sia durante i secoli della presenza dell'uomo sulla terra. Dio si riposerà nel Suo amore, si rallegrerà con i Suoi amati, mostrerà "nei tempi futuri l'immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù" (Efesini 2,7). E' là che Egli dirige gli sguardi della fede, per sostenerci nelle circostanze che sembrano  contrastare con  la Sua bontà, con il Suo amore, e anche con tanti passi della Parola.

La prova della fede è quella nella quale Dio non sembra essere d'accordo con quanto dice. Abraamo è l'esempio più chiaro. Dio gli fa delle promesse che hanno come base il suo unico figlio, poi gli dice di ucciderlo. Ma Abraamo aveva più fiducia nella parola di Dio che nella presenza d'Isacco, perché Isacco dipendeva da quella parola, a cui era legata la sua stessa esistenza; dunque non contava su di lui, ma sulla parola di Dio. In un esempio incomparabile, lo vediamo anche nel salmo 22 (v. 3). Nonostante tutto sembrasse contrario a quel che Dio era per Lui, Suo Figlio, Egli riconosce le Sue perfezioni: "Eppure tu sei il Santo, siedi circondato dalle lodi d'Israele".

Nulla può cambiare il carattere di Dio a nostro riguardo. Noi Lo conosciamo nel Suo amore infinito, sappiamo che ci ha posti davanti a Lui in tutte le perfezioni che Gli sono naturali, nel Suo amato Figlio, e che si compiace in noi a causa di Suo Figlio e della Sua opera perfetta. Questo non cambia. Ed è quel Dio che ci fa attraversare delle circostanze che sembrano così poco legate al Suo amore! Perché? Tutto quel che noi siamo, quanto alla nostra posizione perfetta davanti a Dio, è frutto dell'opera di Suo Figlio per noi. Ma c'è poi anche la Sua opera in noi, di cui Lui solo conosce la necessità ed i mezzi da usare per ottenere quel che Egli vuole. La nostra fede s'impossessa delle Sue perfezioni in amore e saggezza, attraversa tutto ciò che adesso è visibile e incomprensibile, e mette  nei nostri cuori la pace ed il riposo. Dio ci ama, ma ci conosce ed agisce di conseguenza, e quando sapremo come siamo stati conosciuti, quando vedremo faccia a faccia, conosceremo quel che anche adesso sappiamo, cioè "che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio" (Romani 8, 28). Allora avviene quello che, fra le cose visibili, sembra contrario al nostro bene e rende incomprensibili le vie di Dio. "Le tue vie son sante" (Salmi 77, 13): è da quelle che Dio dirige ogni cosa quaggiù. Ma in questo mondo, Dio apre la Sua "via in mezzo al mare, i suoi sentieri in mezzo alle grandi acque e le sue orme non furono visibili" (v. 19). 

Al cuore dell'uomo sembra che Dio dovrebbe manifestare il Suo amore rendendo più facile il nostro cammino, soprattutto nelle circostanze più legittime, come la vita di famiglia, la conversione dei nostri cari, la salute, tutte le cose promesse a Israele, sotto il governo di Dio, a quelli che godevano del Suo favore. Vediamo che un certo numero di figli di Dio godono di queste cose, mentre altri ne sono privati. E' proprio qui che la fede è attiva, eleva i pensieri in alto, al di sopra di ciò che è visibile e s'impadronisce delle promesse di Dio, del Suo amore perfetto, immutabile, insondabile; conta su Lui solo e sa che Egli porterà tutto a buon fine per noi. Questo mondo deve passare, noi passiamo. Dio non ci ha convertiti per la terra, ma per il cielo, per l'eternità. Quel che ha valore per noi è ciò che resta; le cose che si vedono sono per un tempo, piacevoli o no, quelle che non si vedono sono eterne. Dio c'insegna a giudicare le cose come fa Lui, c'insegna il Suo linguaggio, per così dire, e si rivela alle nostre anime per farci abbandonare quel che Lui vuole, come dice nel Salmo 66, al versetto 5 e seguenti.   

E' vero che soffriamo a non realizzare le cose come vorremmo, e che non onoriamo sempre Dio come dovremmo, non oseremmo dire il contrario, ma questo non modifica l'amore che Dio ha per noi. 

Dobbiamo pensare all'amore che Egli ha per noi, più che al nostro amore per Lui; questo ci permetterà di averne di più. I nostri cuori sono per natura attaccati alla legge, e facciamo fatica a distaccarcene quando giudichiamo, e questo ci toglie la pace dal cuore, perché ci porta a giudicare Dio. In questo giudizio non c'è gioia, se non una gioia illusoria che proviene da uno stato pericoloso, che consiste nell'essere soddisfatti di sé. Ma noi possiamo essere sempre soddisfatti di Dio, mai di noi stessi. Questo non deve renderci infelici ma umili, e farci apprezzare la grazia e l'amore immutabili di cui siamo l'oggetto ogni giorno: li apprezzeremo in tutto il loro valore nella gloria eterna, in cui possiamo entrare da un momento all'altro. Là, dopo aver sopportato il peso della prova, saremo eternamente sotto "un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria" (2 Cor. 4, 17), e tutto ciò che ci avrà fatto tanto soffrire diverrà un soggetto di lode e adorazione.


S. Prodhom