Quando vogliamo spiegare la parte immateriale del nostro essere ci addentriamo in un campo abbastanza misterioso, tant’è che ricorriamo a simboli, allegorie, metafore; basti pensare al significato che viene dato al cuore, non soltanto nella Bibbia, ma in tutta la letteratura e anche nel linguaggio comune. Ed è anche difficile stabilire la differenza esatta che c’è tra anima e spirito, tanto più che in qualche caso, anche nella Parola, i due termini appaiono intercambiabili. Sarà per questo che in Ebrei 4, dove la Parola di Dio è raffigurata ad una spada a doppio taglio, è detto che essa “penetra fino a dividere l’anima dallo spirito”; probabilmente un modo per dire che è soltanto la Parola che sa stabilirne la differenza, che sa fare la distinzione fra queste due parti incorporee e invisibili dell’essere umano.
Si pone poi il problema della coscienza. Fa parte dello spirito? E’ una facoltà dell’anima? Ce l’ha data Dio all’atto creativo? Gli animali, che non hanno lo spirito, non hanno nemmeno la coscienza. Ma credo di poter dire che mentre lo spirito è stato dato dal Creatore quando “gli soffiò nelle narici un alito vitale” (Gen. 1:79), la coscienza l’uomo l’ha ottenuta con un atto di disubbidienza quando ha mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Tant’è che la consapevolezza di aver agito male Adamo ed Eva l’hanno avuta dopo la trasgressione. Perché i pensieri “si accusino e anche si scusino”, come scrive Paolo in Romani 2:14-15, bisogna avere la conoscenza del bene e del male.
Ora, da quando i nostri progenitori hanno peccato, diffidando di Dio e dando fiducia a Satana, questa “conoscenza” si è aggiunta come una nuova facoltà dell’anima, facoltà che il Creatore avrebbe voluto risparmiarci. La semplice e fiduciosa ubbidienza a Lui ci avrebbe condotti sulla via del bene e ci avrebbe tenuti lontani dalle vie del male. Invece, purtroppo, ora tutti noi abbiamo la capacità di conoscere il bene senza essere sempre capaci di farlo, e il male senza essere sempre capaci di evitarlo; e questo ci ha reso tutti peccatori e ha portato alla tragedia nella quale l’umanità si dibatte. Però, come sappiamo, Dio ha fatto fronte a questa tragica situazione con un atto di amore infinito: il dono di Suo Figlio, il Signore Gesù. Il valore eterno del Suo sacrificio alla croce, il potere del Suo sangue di cancellare il peccato, l’accesso alla grazia mediante la fede, sono alcuni aspetti di questa straordinaria opera di salvezza che dà la pace al credente e fa di lui un essere libero e felice, pronto per entrare nel cielo.
A. Apicella