Avete udito parlare della costanza di Giobbe, e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è pieno di grazia e misericordioso.
Giacomo 4:5
Perché la prova?
Una
persona anziana, che aveva molto sofferto nella vita, mi diceva: “Chi non ha
ancora avuto delle prove è bene che si prepari”. Infatti, presto o tardi
attraversiamo tutti dei momenti difficili, delle preoccupazioni, dei dolori,
dei lutti, e queste sofferenze producono reazioni diverse da persona a persona.
Dio
permette la sofferenza, ma il credente
sa che Dio lo ama e vuole il suo bene. Il libro di Giobbe racconta di un
credente che aveva perso tutto, i figli, i beni, la salute, e nell’ultimo
capitolo capiamo, nelle sue stesse parole, ciò che Giobbe ha imparato
attraverso quelle disgrazie. Egli dice: “Io riconosco che tu puoi tutto…”
(Giobbe 42:2); dicendo così dichiara la sua piccolezza davanti alla grandezza
di Dio. Poi, messo di fronte alle meraviglie del creato, aggiunge: “Ne ho
parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose” (v. 3). E
ancora, avendo compreso di dover prestare attenzione a ciò che Dio voleva
insegnargli e, riconoscendo con umiltà la saggezza del piano divino nei suoi
confronti, dice: “Ti prego, ascoltami… Insegnami! Il mio orecchio aveva sentito
parlare di te, ma ora l’occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento…”
(v. 4-6).
Per mezzo della prova Giobbe ha imparato a conoscere realmente il Signore e a conoscere se stesso come un essere peccatore, sebbene umanamente
fosse un uomo giusto e retto. Per questo
esprime un reale pentimento.
Le
prove hanno dimostrato a Giobbe che “il Signore è pieno di grazia e
misericordioso”. Impariamo anche noi a “vedere” la mano di Dio quando il dolore
invade il nostro orizzonte. Egli vuole condurci nella Sua luce, e ricordarci
quanto siamo fragili e quanto bisogno abbiamo della Sua grazia.