“Quando Gesù fu entrato in Capernaum, un centurione venne a lui pregandolo, e dicendo: Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre grandemente. E Gesù gli disse: Io verrò e lo guarirò. Il centurione, rispondendo, disse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; ma di' soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito. Perché io sono un uomo sotto l'autorità di altri e ho sotto di me dei soldati; e se dico all'uno: Va', egli va; e se dico all'altro: Vieni, egli viene; e se dico al mio servo: Fa' questo, egli lo fa” Matteo 8:5-9.
La fede del centurione pagano contrasta con la mancata disponibilità dei Giudei ad accogliere il Salvatore. Se Israele non era disposto a riconoscere il loro Re, i disprezzati pagani, invece, lo erano.
Il centurione non si pone il problema se un ebreo possa o no entrare nella sua casa: La sua fede lo rende sicuro di questo. La fede non ha barriere ne di razza ne di popolo.
Egli non solo ha compreso l'autorità e la onnipotenza del Signore ma è anche consapevole della propria inadeguatezza a stare alla Sua presenza. Infatti dirà: “io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto” e “Dì solo una parola”.
La sua concezione del potere del Signore Gesù sulla malattia è espressa con termini dell'autorità assoluta propria di un ordine militare. E' come se dicesse: so cosa significa avere autorità, io ricevo degli ordini dai miei superiori e dò ordini a quelli che mi sono sottoposti e i miei ordini sono eseguiti senza discussioni. La fede del centurione è superiore a quella di qualsiasi Israelita.
Questa fede eccezionale stupisce e rallegra il Signore il quale vorrebbe che tutti coloro che lo seguono facessero altrettanto.
“E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” v.11.
Il regno dei cieli non è un luogo riservato ai soli ebrei, ma è aperto in ogni direzione ed è quindi la fede e non la razza a stabilire l'accesso a tale regno.