Voi… non avete, perché non domandate; domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri.
Giacomo 4:2, 3
Pregare Dio
“Non
ci resta che pregare”, diceva una persona che si trovava in una situazione
difficile. Aveva bussato a tutte le porte, e nessuno era stato in grado di
aiutarla. Le restava solo Dio. Come ultima risorsa, si sarebbe dunque rivolta a lui.
A
volte non ci comportiamo anche noi così? Impegniamo tutte le nostre forze per
uscire da soli dalla difficoltà, e quando ci accorgiamo che tutto ciò non
basta, chiediamo aiuto ad un’amico; forse è ricco, intelligente, ha una buona
posizione e potrà raccomandarci a sua volta presso qualche personaggio
influente. E alla fine, se tutti i mezzi umani non ci hanno aiutato a trovare
una via d’uscita, ci rivolgiamo a Dio. Ma a Dio dobbiamo rivolgerci per primo,
e pregarlo non come si fa con gli uomini dicendo: “Tu potresti aiutarmi, per
favore intervieni”. A Dio bisogna dire: “Ecco la
mia situazione; tu sai ciò di cui ho bisogno. Dammi ciò che è bene per me. Sottometti il mio cuore alla tua volontà”. Non si
può forzare la mano di Dio.
Ascoltiamo
la preghiera di Gesù in Getsemani; preghiera fervente, fatta “con alte grida e
con lacrime” (Ebrei 5:7). Che esempio di sottomissione! Gesù dice: “Padre…
allontana da me questo calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu
vuoi” (Marco 14:36). La volontà del
Padre aveva priorità sulla sua richiesta; e pensare che Lui era il santo
Figlio di Dio! Le sofferenze della croce non potevano essere allontanate: il
Signore doveva conoscere il terribile giudizio che i nostri peccati meritavano.