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giovedì 4 aprile 2024

Il combattimento spirituale

Il combattimento spirituale è un argomento trattato da Paolo nelle lettere a Timoteo. Un breve sguardo a questi passi potrebbe essere istruttivo ed incoraggiante per il “nostro” buon combattimento.

“Ti affido questo incarico, Timoteo, figlio mio, in armonia con le profezie che sono state in precedenza fatte a tuo riguardo, perché tu combatta in virtù di esse la buona battaglia, conservando la fede e una buona coscienza, alla quale alcuni hanno rinunziato, e così hanno fatto naufragio quanto alla fede” (1Timoteo 1:18-19).

Timoteo, giovane aiutante di Paolo, stava fronteggiando una situazione molto difficile a Efeso. Paolo sapeva che Timoteo sarebbe stato in grado di gestire la situazione, ma che avrebbe avuto bisogno di incoraggiamento ed aiuto spirituale. Paolo quindi agisce come un allenatore che prepara un giovane pugile per l’incontro dandogli alcune istruzioni utili.

Sebbene Timoteo avesse potuto agire con l’autorità conferitagli dall’apostolo, nello svolgere questo servizio avrebbe dovuto sostenere un combattimento. La vita e il servizio cristiano non sono un parco giochi ma un campo di battaglia. Per avere la meglio in questo conflitto, Timoteo avrebbe dovuto “conservare la fede”. In questo passo la fede è intesa come la dottrina cristiana, ovvero ciò che Dio ha rivelato e abbiamo ricevuto con certezza, cioè la verità.

Non è comunque sufficiente perseguire la giusta dottrina, il cristiano dovrebbe infatti vivere in modo corretto (“fede e una buona coscienza”, la parola “coscienza” la troviamo menzionata molte volte nelle lettere di Paolo a Timoteo e Tito: vedere 1 Timoteo 1:5, 19; 3:9; 4:2; 2 Timoteo 1:3; Tito 1:15). In pratica, per un credente, è possibile rispettare la dottrina ma allo stesso tempo vivere con un peccato nascosto e non confessato e sicuramente questa è la strada per un naufragio spirituale. Una “buona coscienza” diventa una “coscienza contaminata” ed infine può diventare una “coscienza marchiata” (1Timoteo 4:2) priva di ogni sensibilità spirituale. Come è possibile mantenere la nostra coscienza pura? Lasciamoci formare dalla Parola di Dio, ogni volta che troviamo un insegnamento nella Scrittura dobbiamo seguirlo con semplicità ed obbedienza. Ogni volta che, deliberatamente rendiamo insensibile la nostra coscienza, anche il nostro cuore si indurisce e con il passare del tempo viene persa la capacità di distinguere il bene dal male.

“Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose, e ricerca la giustizia, la pietà, la fede, l’amore, la costanza e la mansuetudine. Combatti il buon combattimento della fede” (1Timoteo 6:11-12).

Quanto è incoraggiante che Paolo chiami questo giovane servitore “uomo di Dio!”, nel Nuovo Testamento questa espressione la troviamo solo nell’epistola a Timoteo. Qui è riferita specificatamente a Timoteo stesso; in 2 Timoteo 3:17 si applica a tutti coloro che conducono una vita cristiana in completa obbedienza alla Parola di Dio.

L’apostolo ha tre esortazioni per Timoteo: fuggire, ricercare e combattere.

Le cose da fuggire sono state menzionate in precedenza e specialmente la cupidigia. A volte la cosa migliore da fare per il soldato cristiano è fuggire. Paolo gli comanda: “Fuggi le passioni giovanili” (2Timoteo 2:22), ai Corinzi aveva comandato “fuggite la fornicazione” (1Corinzi 6:18) e “fuggite l’idolatria” (1Corinzi 10:14). Un buon esempio è ciò che Giuseppe fece quando fu tentato dalla moglie di Potifar (Genesi 39). Spesso, il nostro problema come cristiani è che proviamo a combattere quando ci è stato detto di fuggire e fuggiamo quando abbiamo ricevuto istruzioni di combattere.

Ma fuggire non è sufficiente, siamo anche chiamati a ricercare. Camminare avendo una buona condotta non è sufficiente per evitare il male; dobbiamo impegnarci a ricercare ciò che è positivo e buono.

Dobbiamo anche combattere. Il tempo del verbo nell’originale greco implica che questo combattimento è una lotta continua che richiede disciplina e saggezza. Non possiamo forse dire che Timoteo stesse continuando un combattimento iniziato prima da altri? Così, allo stesso modo, oggi noi siamo chiamati a continuare il combattimento per il quale Timoteo e Paolo hanno usato le loro vite.

“Sopporta anche tu le sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. Uno che va alla guerra non s’immischia in faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato” (2Timoteo 2:3-4).

Nella seconda lettera a Timoteo al capitolo 2 troviamo che Timoteo e, in un certo senso ogni cristiano, è rappresentato da sette figure che racchiudono il cammino della fede: “figlio mio” (1); “buon soldato di Cristo Gesù” (3); “atleta” (5); “lavoratore” (6); “operaio” (15); “vaso” (21) e “servo” (24). In questo articolo ci concentreremo solo sulla seconda: il soldato. Per questo compito vengono richieste due qualità: prima di tutto dobbiamo essere preparati alla sofferenza e non lamentarci se riceviamo “molti colpi duri e soffriamo molti disagi nel servizio per il Signore”; secondo dobbiamo essere a completa disposizione di Colui che serviamo.

Paolo esorta Timoteo a sopportare insieme le sofferenze: “sopporta anche tu le sofferenze”, questo era necessario vista la sua giovane età e che avrebbe potuto scoraggiarsi.

Rispetto a Paolo e a Timoteo, che a causa della sua fede fu anche lui imprigionato (Ebrei 13:23), la “parte” di sofferenze che potremmo essere chiamati a sopportare, potrà essere minore, ma ogni volta che ci opponiamo all’errore e testimoniamo della verità dobbiamo, in qualche misura, essere preparati ad affrontare opposizione (2Timoteo 2:25), persecuzione (2Timoteo 3:12), solitudine (2 Timoteo 4:10), malvagità (2 Timoteo 4:14). Queste cose potrebbero colpire i cristiani oggi, così come sperimentato in passato dall’apostolo Paolo.

Un buon soldato obbedisce al proprio comandante. La chiamata alle armi ha la precedenza su qualsiasi impegno della vita quotidiana, che di per sé stesso può anche non rappresentare niente di sbagliato, ma può diventare un problema qualora ci impegni così tanto fino al punto che il nostro servizio ne risenta. Questo non vuol dire che non dobbiamo impegnarci nelle responsabilità quotidiane come la famiglia e il lavoro, o che siamo chiamati a rinunciare ai nostri affari terreni, ma essi possono occupare il nostro tempo al punto di assorbire le nostre energie ed impegnare la nostra mente in modo tale che non siamo più liberi di servire il Signore. Il buon soldato di Cristo, quindi è colui che cerca, prima e al di sopra di tutto, di compiacere Colui che lo ha arruolato.

“Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (2Timoteo 4:6-8).

Qui Paolo non sta più incoraggiando Timoteo al combattimento, ma sta parlando del proprio combattimento. Egli usa tre espressioni che ci portano a pensare che fosse a conoscenza che la sua fine era vicina. Abbiamo visto in precedenza che aveva detto a Timoteo di combattere “il buon combattimento” (1Timoteo 6:12), ma il suo era giunto al termine e aveva combattuto bene.

La corsa di Paolo era al termine, il traguardo era in vista, e non dice che ha vinto la gara, ma semplicemente che l’aveva terminata. Giungere al traguardo è ciò che conta e ci parla di determinazione e costanza.

“Ho conservato la fede”. Paolo aveva detto a Timoteo “custodisci il deposito” (1Timoteo 6:20). Era rimasto fedele al messaggio che gli era stato affidato e adesso può trasmetterlo in modo intatto a coloro che lo avrebbero seguito.

Un premio lo stava aspettando: la corona di giustizia. Essa non è riservata solo ed esclusivamente per un apostolo o per un servitore dotato come Timoteo, ma per “tutti quelli che avranno amato la sua apparizione”. La Parola non ci dice che la corona è riservata solo per coloro che compiono un grande attività nel servizio per il Signore, o per uomini o donne importanti in mezzo al popolo di Dio, ma per tutti coloro che amano la Sua apparizione.

Che speciale incentivo per Timoteo, adesso che la “dipartita” di Paolo era vicina. Paolo stava per essere chiamato a lasciare il campo di battaglia e quanto era necessario che ora Timoteo prendesse parte attiva e totale nel combattimento. Anche ai nostri giorni ci sono dei fedeli testimoni del Signore che finiscono la loro corsa ma dove sono coloro che riempiono i vuoti che essi lasciano nel campo di battaglia?