Geremia ricorda le azioni malvagie ed i peccati
abominevoli compiuti nel tempo dal popolo (20/21) dopo aver preso nota
dell’oltraggiosa risposta di questo raduno di ribelli e ne trae le conclusioni:
ad eccezione di un piccolo numero (28), questo popolo perirà in Egitto sotto i
colpi e le calamità che l’attendono e dai quali “la regina del cielo” sarà
incapace di preservarli.
Ø
Sopportazione
La ricerca insistente della propria volontà aveva
portato questi uomini ad agire con un orgoglio tale che li ha portati alla
ribellione aperta contro Dio che dal canto Suo, aveva pazientato ed avvertito
il popolo attraverso i profeti ogni mattino.
Era, tuttavia, arrivato il momento in cui Dio non “ha più potuto sopportare” (22) e caccia
via il suo popolo dalla sua presenza (2 Re 17:20), perché non c’era più rimedio
(2 Cr 36:16).
Che tristezza per il cuore di Dio dover rivolgere a
coloro che amava queste parole di giudizio: “saranno consumati … finché non siano interamente scomparsi” (27).
Niente è cambiato: ancora oggi gli occhi di Dio
sono “troppo puri per sopportare la vista
del male … e tollerare lo spettacolo dell’iniquità” (Ha 1:13), ma Dio usa
ancora della pazienza nei confronti dell’uomo benché con la sua “ostinazione e con l’impenitenza” del suo
cuore si “accumuli un tesoro d’ira per il
giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio” (Ro 2:5).
Ø
Il faraone
Cofra (30)
Il popolo si era rifugiato in Egitto nella vana
speranza di scampare a Nabucco re di Babilonia, ma ora l’uomo in cui avevano
posto la loro fiducia e che aveva preso il posto di Dio nel loro cuore sarebbe
diventato un segno, con la sua morte, per la convalida delle parole di Dio.
Geremia aveva già messo in guardia il popolo dal
mettere la fiducia in un uomo e dall’allontanare il cuore dal SIGNORE perché,
così facendo, avrebbe perso di vista il proprio bene e lo aveva invitato,
piuttosto, a confidare nel SIGNORE (17:5/7).
Questo principio resta vero anche per noi oggi. Se
rimetteremo la nostra fiducia in Dio saremo “come un albero piantato vicino all’acqua … non si accorge quando viene
la calura … e non cessa di portare frutto” (17:8).
D.C.