Egli (Cristo) morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.
2
Corinzi 5:15
Vivere
per il Signore
Vivere per il Signore non
dev’essere un impegno limitato nel tempo, ma deve durare tutta la vita. Non è
una costrizione o un obbligo che si deve per forza rispettare, ma un privilegio. Non comporta neppure un
isolamento dal contesto nel quale viviamo normalmente (famiglia, lavoro ecc.),
ma si tratta di servire Lui proprio nella vita di tutti i giorni e
nell’ambiente in cui ci troviamo. Anche nelle nostre attività quotidiane
dobbiamo avere in vista il Signore e agire non soltanto “nel nome del Signore
Gesù”, il che mette l’accento sulla nostra responsabilità, ma “come per il Signore”, per amore per Lui e per
servirlo (Colossesi 3:17, 23).
Certo, Dio può dare a qualcuno dei
“doni” particolari e chiamarlo a servirlo in maniera esclusiva, con una
destinazione e uno scopo specifici, come ad esempio a svolgere attività
missionaria in Paesi lontani; ma il Signore chiede a tutti noi credenti di consacrare a Lui la nostra vita, di
vivere per Lui la nostra quotidianità.
Il credente vive separato dal male,
ma non si accontenta di questo. Oltre a non
fare il male fa il bene, secondo quanto scrive l’apostolo Paolo:
“Aborrite il male e attenetevi
fermamente al bene”; “non lasciarti
vincere dal male, ma vinci il male con il
bene” (Romani 12:9, 21). La vita del credente non è una vita ascetica,
contemplativa, ma una vita attiva. Il vero cristiano non vive nell’isolamento.
Egli non è del mondo, e quindi non ne
persegue gli scopi e non ne condivide i valori, ma è nel mondo (Giovanni 17: 14, 18), e proprio in questo mondo è
chiamato a vivere per Colui che è morto e risuscitato per lui.