Fedeli nell’ascoltare Dio e nel
servirlo!
Ritornando all’esempio che siamo
chiamati ad essere, sembra ovvio dirlo ma non si può trasmettere ciò che non si
è imparato, e la scuola di Dio è una scuola dove non ci sono bonus per gli
esami o scorciatoie.
Alla scuola di Dio è lui stesso,
il Signore, l’insegnante ed è anche colui che decide il programma e che
stabilisce quando devono avvenire gli esami.
Pensiamo ad Abramo, che aspettò
99 anni per la sua prova più importante.
Vogliamo stare alla scuola di
Dio?
Vogliamo imparare da questa
scuola?
Siamo pronti a sottomettere la
nostra volontà alla sua?
Siamo pronti a mettere in pratica
quello che impariamo direttamente dal Signore?
Sappiamo aspettare i tempi di
Dio, o vogliamo imporre al Signore i nostri obiettivi e la nostra tabella di
marcia, per raggiungerli?
Spesso rimaniamo ammirati dagli
esempi di uomini e di donne, di Dio che ci vengono presentati nella Scrittura,
e ci domandiamo come possiamo imitare le loro “gesta”.
In realtà se esaminiamo bene ciò
che di loro è detto scopriamo che ciò che ha fatto la differenza in loro è la
loro ubbidienza, anche nelle piccole cose.
Non ci viene detto che Abramo
discusse con Dio quando fu chiamato (Ge 12), così come Giosuè non discusse con
Mosè sul come guidare il popolo, e neppure i profeti discutevano le indicazioni
o i comandamenti di Dio, a parte delle limitate eccezioni (vedi Giona).
La loro forza era sempre e
comunque la fede che si esprimeva nell’ubbidienza a colui che era ed è
l’Onnipotente e il Fedele, colui che sa quello che fa.
Un’altra caratteristica
menzionata da Paolo di Epafra è proprio la fedeltà.
A chi e a che cosa era fedele?
Era un fedele ministro di Cristo.
Il Signore era al centro della
sua vita, egli aveva riposto la sua fede, il suo amore e la sua speranza in
colui che lo aveva salvato dall’ira a venire e che ora lo portava a praticare
il ministerio di Cristo nel servizio, nella fervente attesa del suo ritorno.
Qualcuno potrebbe chiedersi che
cosa deve fare per essere, o diventare così. Non c’è nulla di male nel
desiderare di somigliare a tali uomini, che sicuramente hanno basato la loro
vita sulla fedeltà al loro Signore, e sull’ubbidienza al mandato e alla chiamata
ricevuti da lui.
Chi desidera ciò desidera un
opera buona, e soprattutto desidera assomigliare di più al proprio Signore.
Quindi in concreto che fare?
Come diventare così, e cioè
uomini “qualunque” ma potenti nelle mani di Dio?
Situazioni problematiche da
affrontare
Ritorniamo ad Epafra, per avere
delle indicazioni sull’ambiente e sulla chiesa in cui Epafra viveva e si
muoveva.
Grazie alla Parola di Dio abbiamo
delle informazioni preziose, e possiamo dire che i problemi a Colosse non
mancavano:
• Vedi ad esempio la “grana” tra
il padrone Filemone e il suo schiavo Onesimo; in questo caso abbiamo un
bell’esempio di come il Signore ci guidi a risolvere problemi di relazione che,
se irrisolti, possono arrivare a devastare sia i rapporti personali sia le
famiglie, e in molti casi addirittura devastare intere chiese. Non mi riferisco
a principi biblici o dottrinali, su cui non è ammesso cedere, piuttosto a
diverbi o questioni pratiche o personali. Spesso accade perché siamo incapaci
di sopportare un torto e di perdonare, e per questioni di principio siamo anche
disposti a distruggere l’opera di Cristo, anche se inconsapevolmente, pur di
non cedere dalle nostre ragioni o diritti.
• Inoltre pare che i Colossesi si
erano lasciati convincere da qualche predicatore itinerante di estrazione
giudaica ad attribuire eccessiva importanza a riti, a tradizioni e a precetti
della legge Cl 2:4-23.
Dobbiamo fare attenzione al
grosso pericolo in cui possiamo incorrere, perché spesso il voler rispettare
delle regole nasconde in realtà il desiderio di sentirci a posto davanti a Dio,
sempre pronti a vedere la pagliuzza nell’occhio del nostro fratello...
Certamente noi non dobbiamo seguire o rispettare riti, tradizioni, ma piuttosto
dobbiamo essere pronti a chiederci chi e che cosa vogliamo seguire.
È il Signore la nostra via?
È la sua Parola la nostra guida?
Posso in qualche modo guadagnare
il mio fratello in modo “amabile” piuttosto che criticarlo forse per la sua
giovane età, o immaturità spirituale?
• Un altro errore di quei
credenti consisteva nel credere che bisognava ricorrere a riti speciali per
difendersi dalle potenze ultraterrene, o propiziarsene l’aiuto (culto degli
angeli, v.18). Questo errore non dovrebbe riguardarci, eppure nelle nostre realtà
quotidiane quante volte facciamo nostri piccoli “rituali”, come ad esempio
indossare quell’abito che quella volta ci ha portato “bene”? E che dire di
alcuni che sono sempre presenti solo al culto della domenica (la nostra “grande
messa”) ed invece trascurano gli incontri settimanali? Anche questo è un rito!
Qualcuno potrebbe sorridere, ma la Scrittura invece ci invita a “vegliare” per
vedere se noi siamo indenni da ciò che condanniamo.
• Un quarto errore del loro
comportamento era quello di voler mortificare il corpo con pratiche ascetiche
(2:23). Le pratiche di austerità corporale, osserva Paolo, pur servendo ad
umiliare il nostro fisico, non ci fanno in realtà mutare nell’intimo. Peggio
ancora, potrebbero inorgoglirci (servono solo a soddisfare la carne), come
fanno molti nel mondo ancora oggi.
Cosa fare allora per diventare
uomini e donne nelle mani di Dio, esattamente come un Epafra che si dava da
fare per sostenere i suoi fratelli che correvano questi pericoli?
Se siamo giovani abbiamo
l’esempio di Giuseppe, che nonostante le grandi difficoltà affrontate, poteva
dire che era Dio alla guida della sua vita e che lo faceva prosperare. (Ge 39).
E Giuseppe sicuramente è un campione di fede da seguire nella mansuetudine,
nella fede in Dio, nella speranza che Dio opera nelle vite di coloro che gli
appartengono e che mai dimentica coloro che egli ama, nonostante abbia
attraversato prove incredibili. Il Signore è fedele, vi renderà saldi (2Te
3:3)!
Se siamo uomini o donne maturi,
seguiamo l’esempio di Aquila e Priscilla che furono “flessibili” nell’impostare
la loro vita depositandola sull’altare della volontà di Dio, che non solo li
benedisse ma si servì potentemente di loro per la nascita di chiese, la
crescita di credenti, e l’aiuto concreto ai loro fratelli.
Se siamo in là negli anni o
anziani di età, ricordiamo l’esempio di Anna che seppur ottantenne era occupata
nelle preghiere al servizio del popolo di Dio, sempre disponibile per gli altri
nella preghiera e nel servizio.
Ciascuno di noi, nell’ubbidienza,
nella fedeltà e costanza nel proprio cammino di fede, e nella consacrazione al
Signore può trovare la gioia della propria vita, ma soprattutto può diventare
una luce per coloro che ci stanno intorno, chiedendo a Dio di mostrarci la
“nostra propria via” che lui stesso, e non un uomo, ha preparato.