Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

martedì 20 aprile 2021

PIETRO E GIOVANNI

Diversi nel carattere ma uniti nel servizio

Il Signore Gesù ha scelto i dodici discepoli con una saggezza perfetta, sapendo che avrebbero dovuto essere i Suoi compagni intimi, durante il Suo ministero sulla terra. Si può ben capire come, prima di chiamarli, Egli abbia passato una notte intera in preghiera a Dio (Luca 6:12). Anche senza parlare di Giuda Iscariota, che lo avrebbe tradito, fra quegli uomini c’erano notevoli differenze, una diversità di capacità e di caratteri in cui possiamo veder riflessa tutta l’umanità, per la cui salvezza il Signore era venuto. Alcuni di loro sono dei discepoli in ombra, dei quali non sappiamo praticamente nulla, altri invece spiccano maggiormente o sono messi in primo piano dal Signore stesso. Desideriamo occuparci ora di due discepoli di cui la Bibbia ricorda spesso i nomi: Pietro e suo fratello Giovanni.

Pietro si fa conoscere come uomo d’azione, desideroso di impegnarsi per il suo Signore. Giovanni ci attira perché è l’osservatore riflessivo che, forse più degli altri, realizzava l’amore del Signore per lui. Dopo l’ascensione di Gesù al cielo, i due hanno esercitato un ministero che testimonia una comunione e un’armonia particolari. Il loro servizio procede poi nelle parti della Bibbia che essi hanno scritto, coi loro diversi caratteri.

Tutti sanno che Pietro ha sbagliato, ma la Parola non riporta niente di simile a proposito di Giovanni, salvo forse un’eccezione, sulla quale torneremo. Questo ha fatto sì che Pietro sia considerato un uomo impetuoso o temerario, ma solo chi non fa nulla non sbaglia mai; in fondo, è più facile starsene in uno stato di contemplazione tranquilla piuttosto che agire. È vero che in certe delicate circostanze dobbiamo affidarci completamente al Signore, ma questo non deve diventare un manto che serva a coprire la nostra indecisione o una mancanza d’energia. Non è certo un caso che il Signore abbia affidato a Pietro “le chiavi del regno dei cieli”, proprio nel momento in cui quel discepolo era in evidenza con la sua confessione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16:16-19). Quando Pietro ha aperto il regno dei cieli ai Giudei, alle nazioni e ai Samaritani, lo vediamo in stretta comunione nel servizio con Giovanni.


Dalla bocca di due o tre testimoni

Pietro, Giacomo e Giovanni sono stati presi da parte parecchie volte, fra i dodici. Il punto culminante del loro cammino col Signore è stato toccato quando, “sopra un alto monte”, hanno avuto una visione della Sua gloria nel Suo regno. Dio voleva che ci fossero dei “testimoni oculari della maestà” del Suo Figlio, il Messia di Israele (2 Pietro 1:16; cfr. Matteo 17), ma il nemico ha cercato di sopprimere questa testimonianza eliminando un testimone: “Erode… fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni” (Atti 12:2). Vedendo poi che la cosa era gradita ai Giudei increduli, Erode ha cercato di uccidere anche Pietro, ma Dio è intervenuto miracolosamente. Gli ultimi due testimoni dovevano rimanere in vita.


Chi è più veloce?

Il mattino del giorno della risurrezione, quando è giunta agli orecchi di Pietro e di Giovanni la notizia del sepolcro aperto, tutti e due sono corsi al sepolcro. Giovanni è stato più veloce di Pietro (Giovanni 20:1-8), ma Pietro è entrato nel sepolcro per primo. Cosa avrà provato in quel momento? È sempre l’uomo d’azione, o lo ha spinto il suo cuore ansioso? 

È avvenuto il contrario dopo la pescata infruttuosa riportata da Giovanni al cap. 21. I sette discepoli gettano ancora una volta la rete, all’ordine di un misterioso straniero che sta sulla riva, e fanno una pescata abbondante. L’occhio esercitato di un Giovanni riflessivo lo porta a riconoscere per primo che “è il Signore”; e Pietro si tuffa immediatamente per raggiungerlo. Poco dopo, il Signore lo riabiliterà affidandogli il compito di pastore dei suoi fratelli. Dopo la Sua risurrezione, il Signore “è apparso a Simone” prima che agli altri discepoli (Luca 24:34; 1 Corinzi 15:5); gli aveva detto, nel loro ultimo incontro prima della crocifissione, “Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno” (Luca 22:32). E qui abbiamo la prova che la preghiera è stata esaudita. 


L’altro discepolo

Rimaniamo sbalorditi da ciò che è scritto in Giovanni 18:15, 16. Quello che è chiamato “l’altro discepolo” – Giovanni, senza dubbio – aveva fatto entrare Pietro nel palazzo del sommo sacerdote, certamente con le migliori intenzioni. Ma Pietro, anche se aveva l’ardente desiderio di seguire il suo Maestro, non era all’altezza della situazione, ed è successo proprio ciò che il Signore aveva previsto. Pietro ha rinnegato per tre volte di conoscerlo. Questo incidente ci insegna a non mettere mai davanti agli altri una pietra d’inciampo. Nel caso specifico, è bello notare che in Pietro non è rimasta alcuna amarezza nei confronti di Giovanni. Egli ha capito che l’errore era soltanto suo, perciò l’armonia fra i due discepoli si è mantenuta intatta.


All’ora della preghiera

Un avvenimento particolare, nel servizio comune di Pietro e Giovanni, è la guarigione di uno zoppo alla porta del tempio detta “Bella” (Atti 3:1-11). Erano i primi tempi della predicazione del Vangelo, e gli apostoli riconoscevano ancora il tempio come “casa di preghiera”, come il Signore aveva insegnato (Luca 19:46). Non sappiamo se i due apostoli prendessero parte alle preghiere rituali dei Giudei o se cogliessero solo l’occasione per incontrare quelli che temevano Dio. Più tardi, comunque, quando hanno conosciuto “tutta la verità” sulla Chiesa di cui stavano vivendo la nascita, le cose sono cambiate. 

Nel momento in cui entrano, il malato chiede loro l’elemosina, ed è Pietro che prende la parola: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho”; poi previene la delusione dell’uomo e continua: “Ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!” (Atti 3:6). E si compie il miracolo: tutto il popolo lo vede e lo riconosce per quello che era seduto alla porta del tempio.


Trattenuti dall’uomo guarito

Nel tempio, tutti possono vedere il malato guarito che li segue “camminando, saltando e lodando Dio”. Come Davide in un’altra occasione (2 Samuele 6:14), egli non prova alcuna vergogna in presenza degli altri. La sua lode si eleva a Dio e a nessun altro, perché lui sa a chi deve la guarigione; tuttavia non lascia i suoi benefattori, ma li tiene per mano. Questo dà a Pietro l’occasione di rivolgere al popolo una predicazione simile a quella del giorno della Pentecoste. Questa predicazione contiene un’ulteriore offerta della grazia di Dio ai Giudei; li invita a pentirsi e a convertirsi affinché Dio, nuovamente, “mandi Gesù Cristo”, secondo le promesse fatte nell’Antico Testamento. Come vedremo al cap. 7, il loro rifiuto di quest’offerta toccherà il suo punto culminante più tardi con la lapidazione di Stefano.


Imprigionati dai capi del popolo

I capi religiosi erano “indignati perché essi insegnavano al popolo” (Atti 4:2). Pietro non è dunque il solo ad insegnare, anche Giovanni qui ha una parte attiva, sebbene Pietro sia in primo piano con il suo discorso. Questa partecipazione di Giovanni si vede chiaramente, perché i due apostoli sono messi in prigione fino al giorno dopo. La sera di quello stesso giorno, il numero di quelli che avevano creduto nel Signore Gesù salì a circa cinquemila.

Il giorno seguente, i due testimoni del Signore sono sottoposti, davanti a tutta l’élite religiosa dei Giudei, a un interrogatorio che parte dalla domanda: “Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?” (4:7). Non avrebbero potuto offrire a Pietro un’occasione migliore per parlare in sua difesa. Senza dubbio, il Signore ha diretto ogni cosa: c’è tutta la potenza dello Spirito Santo e la testimonianza è resa “nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti.” Nel suo discorso, breve ma energico, Pietro parla “pieno di Spirito Santo”. I due uomini rendono insieme una testimonianza potente al loro Signore. Anche se i sacerdoti li considerano dei “popolani senza istruzione”, capiscono che non sono degl’incapaci. 


Una missione particolare in Samaria

In Atti 8, troviamo ancora Pietro e Giovanni in stretta comunione nel servizio. Fra gli abitanti della Samaria, molti avevano accettato la parola di Dio predicata da Filippo ed erano stati battezzati nel nome del Signore Gesù. Quando gli apostoli a Gerusalemme lo seppero, mandarono là Pietro e Giovanni. Le tensioni secolari fra Giudei e Samaritani forse creavano una certa inquietudine, ma il Signore fa presto comprendere ai due delegati che qualcosa non funzionava: quei giovani convertiti non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo. Allora Pietro e Giovanni pregano per loro, impongono loro le mani ed essi ricevono lo Spirito Santo (v. 14-17). 

Quando il Signore Gesù imponeva le mani su qualcuno, c’era sempre un effetto percepibile. Dopo la Sua ascesa al cielo e all’inizio della Chiesa, Dio ha concesso occasionalmente la facoltà agli apostoli o agli anziani di comunicare, mediante l’imposizione delle mani, o una guarigione (Atti 9:17, 28:8) o un dono dello Spirito Santo, un “carisma” (1 Timoteo 4:14, 2 Timoteo 1:6). In senso generale, l’imposizione delle mani è un atto simbolico che esprime approvazione e comunione.

Quest’imposizione delle mani ai credenti della Samaria ha un’importanza storica: con questo atto, le vecchie tensioni fra Giudei e Samaritani sono abolite. Nel legame dell’unità dello Spirito, non si tratta più di Greci e di Giudei o di altre nazioni, ma “Cristo è tutto e in tutti” (Colossesi 3:11).


Il servizio di pastore nei diversi caratteri

Desideriamo dire qualcosa anche del ministero scritto di questi due apostoli, perché vi troviamo delle somiglianze e delle differenze.

Tutti sappiamo che Pietro è stato chiamato dal Signore per fare il servizio di pastore; basta leggere il cap. 21 del Vangelo di Giovanni. Il “pescatore di uomini” dell’inizio doveva, più tardi, dedicare tutta la sua energia come pastore del gregge del Signore, fino alla morte. Questa sollecitudine traspare dalle sue Lettere. Egli esorta gli anziani: “Pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo ma volenterosamente secondo Dio… non come dominatori… ma come esempi del gregge” (1 Pietro 5:2). 

L’apostolo Giovanni ha anche lui un cuore di pastore. Ma il suo occhio vigile scruta i credenti e si rallegra quando ne trova che “camminano nella verità” (2 Giovanni v. 4). Egli vuole sempre vedere, nel comportamento dei fratelli, delle prove dell’autenticità della loro fede. E parlando di chi non è sincero, o addirittura è malvagio, si esprime in modo molto severo (1 Giovanni 1:6; 3 Giovanni v. 10).

Pietro ci dà le istruzioni necessarie per ogni circostanza e per ogni relazione che abbiamo con quelli del mondo e nella chiesa. Egli presenta Cristo come l’esempio supremo sulle cui orme dobbiamo camminare. Il suo desiderio è che la loro ”fede, che viene messa alla prova… sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo” (1 Pietro 1:7).      

Giovanni ha ricevuto la missione di preservare la verità divina nel suo carattere più elevato. Egli ha davanti agli occhi la relazione con il Padre e con il Figlio nella quale tutti i credenti sono introdotti. Egli vigila perché la conoscenza che hanno non sia turbata o alterata dal peccato o dall’errore. Benché egli faccia parte dei dodici che il Signore ha chiamato “apostoli” (Luca 6:13), Giovanni non cita mai se stesso col suo nome.

In conclusione, il desiderio dei due apostoli è la glorificazione del Signore, e in questo si assomigliano, anche se diversi come persone e nel loro cammino sulla terra.


E. E. Hucking

Nessun commento:

Posta un commento