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giovedì 15 aprile 2021

Un servitore scoraggiato

“Izebel mandò un messaggero a Elia per dirgli: Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest'ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno di quelli...egli s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a mettersi seduto sotto una ginestra, ed espresse il desiderio di morire, dicendo: Basta! Prendi la mia anima, o SIGNORE, poiché io non valgo più dei miei padri!” 

1 Re 19:2-4.


Il profeta Elia, dopo essere fuggito dalla malvagia regina Jezebel , si siede sotto una ginestra ed invoca la morte. Eppure egli era un grande profeta che, in effetti, aveva appena manifestato la sua fede in modo ammirevole davanti a quattrocentocinquanta profeti di Baal. Questo fatto deve essere per noi un solenne avvertimento. “chi pensa di stare in piedi guardi di non cadere” 1 Cor. 10:12. Ma perché Elia è tanto spaventato dalla minaccia di una donna, che nella Bibbia è una figura della debolezza? Ha forse dimenticato le liberazioni divine ricevute al torrente Kerith e presso la vedova di Sarepta?

Seduto sotto la ginestra esclama: “Basta! Prendi la mia anima, o SIGNORE, poiché io non valgo più dei miei padri!”. Egli aveva dunque creduto di essere migliore dei suoi padri e per di più credeva di essere il solo fedele in Israele (1 Re 19:10). Elia amava definirsi servo dell'Eterno ma, si stava compiacendo di se stesso. Ora lasciamo un attimo questa figura e parliamo di noi stessi. Noi facciamo spesso affidamento sul nostro io, ma questa non è una base stabile e quando crolla, scopriamo che non abbiamo nessuna forza interiore, che siamo estremamente fragili. Non c'è bisogno di minacce, uno scherzo è sufficiente per abbatterci, una banalità per sedurci, una difficoltà per turbarci e eccoci in piena sconfitta, delusi, inaspriti, in dubbio sugli altri e su noi stessi.

Nel nostro passo avviene una cosa umanamente sorprendente. Potevamo pensare che Dio riprendesse aspramente, rimproverasse il suo servitore che aveva mancato, ma questo non è il modo di fare di Dio, le cui compassioni non vengono mai meno (Lamentazioni 3:22). L'Eterno manda un angelo per toccarlo con la sua bontà. Prepara per il servitore stanco un alimento che gli conferisca forze nuove e lo indirizza sulla via che conduce al “monte di Dio” (1Re 19:8). Poi a termine di questo cammino in una oscura spelonca, nella notte, Dio stesso, si avvicina al profeta e gli dice: “Che fai qui, Elia?”. Il profeta si aspettava di vedere il giudizio cadere sul suo popolo invece ode un suono dolce e sommesso, il suono della grazia.  Esso giunge insieme ad altre voci che proclamano giustamente la potenza, la grandezza, e la santità di Dio, ma questo suono era piacevole da ascoltare come lo è la grazia di Dio verso gli uomini. Non osa più pretendere di essere rimasto fedele lui solo. Non andrà più a sedersi oppresso e amareggiato ma si rimetterà in cammino per portare a termine il servizio che Dio gli aveva affidato. Dio agisce in grazia verso i suoi servitore  il giudizio è un opera “inconsueta” di Dio, è paziente verso tutti gli uomini preferisce agire in grazia, solo quando vi è un'ostinazione, una ribellione e un rifiuto delle sue amorevoli cure allora in armonia con la sua giustizia, Dio interverrà in giudizio.

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