Questa era l’ultima delle sette feste del calendario ebraico e con
la Pasqua e la Pentecoste aveva un carattere obbligatorio (De16:16). Questa
festa prefigura lo stabilimento futuro del regno di Cristo e la benedizione finale
d’Israele; per questo il popolo avrebbe dovuto darsi interamente alla gioia (Deuteronomio 16:15).
Ma dov’è la gioia in questo capitolo? Solo l’accettazione delle
parole che il Signore pronuncerà l’ultimo giorno della festa (37) potranno
procurarla. Anche questa festa, come la Pasqua (2:13), è definita una “festa dei Giudei” (2) perché esse
avevano perso il loro vero carattere.
·
L’incredulità dei fratelli del
Signore,
è apertamente dichiarata (5). Occorrerà tutto il dramma della
croce, ed un opera potente della grazia per cambiare il loro cuore. Tutto sarà
diverso dopo l’ascensione del Signore
(Atti 1:14).
Tutto questo
non è un solenne avvertimento per noi? Potremmo essere vissuti in un ambiente
cristiano favorevole ma aver perso di vista, se non essere totalmente estranei,
alla grazia di Dio.
Solo la fede che riceve la verità
se ne appropria ed agisce di conseguenza per piacere a Dio (Ebrei 11:6).
·
“Il mio tempo” (6)
Questo tempo di cui parla il
Signore è quello in cui stabilirà il Suo regno di giustizia quando apparirà (2
Tessalonicesi 1:10) in gloria.
Quel momento è ancora futuro ed
anche il credente non può ricevere la gloria da un mondo che ha rigettato
Cristo. Per Cristo e per coloro che desiderano seguirLo, il tempo attuale non è
quello degli onori ma dell’obbrobrio.
Il Signore non si assocerà ai
Suoi fratelli nell’andare alla festa (8), resterà ancora un po’ in Galilea (9), poi vi andrà
col solo scopo di presentare un messaggio di salvezza per tutti coloro che
hanno sete (37).
·
A Gerusalemme, ma in segreto (10)
Se il Signore non fosse salito a
Gerusalemme per la festa avrebbe trasgredito la legge (De 16:16) perciò vi sale
in segreto ma non per timore di essere perseguitato, come sicuramente sarebbe
stato (1), o per ricevere gli onori come avrebbero voluto i fratelli (3), ma
per obbedire e servire il Padre e dare al popolo quella gioia che il rituale di
otto giorni di festa (Levitico 23:33/36) non avrebbero portato. I Giudei Lo cercano
(11) e non certo per amore, parlano di Lui in modo contraddittorio (12) ma con
la paura di farlo apertamente (13).
Così facendo la folla dimostra i
tratti caratteristici di un vero servitore: “nella gloria e nell’umiliazione, nella buona e nella cattiva fama”
(2 Corinzi 6:8).
D.C.