"Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo" (2 Pietro 3: 18).
L'aquila alza il capo maestoso e col suo sguardo vivo e penetrante fissa a lungo l'azzurro. Ma c'è qualcosa che non va. Sembra di leggere nei suoi occhi la speranza e la tristezza insieme. Vorrebbe costruirsi il nido sulle vette delle montagne, stende persino le ali come se stesse per lanciarsi nello spazio infinito… Ma le sbarre della gabbia la trattengono. La libertà le è proibita. L'aquila, magnifico uccello creato per vivere liberamente, non può sopravvivere in cattività. Senza spazio, senza libertà di movimento, senza l'aria pura delle vette dei monti la sua fine è inevitabile.
Per molto tempo sono stato uno di quelli che rinchiudevano i loro fratelli e sorelle nella gabbia del legalismo religioso. Senza rendermene conto opprimevo quelli che mi erano vicini con un mondo di leggi, di regole, e di scoraggiamento. E tutto questo era complicato dal fatto che la mia gabbia aveva un'apparenza di pietà e di elevata spiritualità. Lo scopo era evidente: tenere certi fratelli e sorelle al loro posto, al sicuro, e… infelici!
Questo era per me uno stato di adolescenza spirituale. In cuor mio condannavo tutto quello che non era secondo il mio modo di fare. Non parlo di dottrine, certamente, dove la Parola del Signore è l'unica regola da seguire, e va seguita. Parlo di "pratiche" cristiane, di modi di vivere la propria fede, di testimoniare del Signore. Tutto quello che era fuori della consuetudine, tutto quello che mi era "nuovo" mi causava delle ansie terribili. Di fronte a quelle che per me erano "novità", non c'era che una soluzione: protestare energicamente, rigettando con forza ogni cambiamento proposto, qualunque esso fosse.
Col sincero desiderio di essere "spirituale", e di fare in modo che anche gli altri lo fossero, non osavo permettere all'aquila nemmeno di guardare tra le sbarre della sua gabbia. Non avevo ancora capito che la vera spiritualità è di camminare col Signore, nella spontaneità e nella libertà che Egli ci ha acquistata. Avevo dimenticato che all'aquila era destinato lo spazio infinito del cielo.
Era il legalismo la mia bandiera; un omicida di anime, un distruttore di spontaneità e di gioia, un angariatore di libertà. E' il grande distruttore dell'energia divina nel servizio per Cristo.
Il problema è vecchio, molto vecchio. La legge contro la grazia era già la grande guerra del tempo dell'apostolo Paolo, e dura ancora oggi fra i credenti. La libertà in Cristo era minata alla base. Non libertà per dare occasione alla carne di manifestarsi, ma libertà di "servire gli uni agli altri per mezzo dell'amore" (Galati 5:13-14) secondo come il Signore mette a cuore di fare.
La grazia è una porta aperta in fondo alla gabbia. E' quel dono immeritato che abbiamo ricevuto da Colui che ha pagato col proprio sangue. La grazia è compresa e goduta nella libertà dello Spirito, di cui abbiamo tanto bisogno per sbocciare, per crescere, per portare del frutto alla gloria del Signore. La grazia procura la libertà e la gioia di vivere. La grazia permette all'aquila di uscire dalle sbarre di ferro per librarsi in volo verso le alte cime sorretta e sospinta dalla forza del vento.
Un anziano fratello mi disse un giorno: "Che i fratelli si attacchino con tutto il cuore al Signore ed alla sua Parola. Per il resto, assicurati che siano liberi!"
La grazia si sposa con la verità. Esse formano un insieme indissolubile. E, come la grazia, anche la verità libera dalla schiavitù. "E conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Giov. 8:32). La verità rompe le sbarre del legalismo religioso e permette ad ogni credente di esprimersi secondo ciò che egli è in Cristo, con le sue caratteristiche, le sue doti, i suoi doni. La grazia e la verità, ben comprese e vissute, distruggono gli atteggiamenti di falsa spiritualità, le maschere, i comportamenti affettati, e mettono ogni credente a proprio agio nell'opera del Signore fra i suoi fratelli e fra quelli del mondo.