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sabato 11 ottobre 2014

“La pagliuzza e la trave” - Luca 6:37/42


Sfuggito al giudizio ed alla condanna il discepolo non si erge a giudice per condannare gli altri (Ro 14:4). Come potrebbe, dopo aver gustato l’amore divino, avere uno spirito critico verso gli altri? Questo, tuttavia, non vuol dire indifferenza e insensibilità verso il fratello che sbaglia (Mt 18:15).

Tutto ciò che noi daremo agli altri ci sarà ridato e la misura che Dio usa sarà talmente abbondante che, in cambio del nostro modesto contributo, riceveremo una “buona misura, pigiata scossa e traboccante” (38). Paolo, dal canto suo, esprime lo stesso principio (2 Co 9:6).

&  L’ipocrisia
Al termine della vita di ogni uomo naturale c’è un fosso; se non riceve il Signore nel cuore e riceve così la luce che è venuto a portare in questo mondo e che permette di vedere l’abisso che è davanti, inevitabilmente vi cadrà dentro per l’eternità.
Il colmo per un cieco è quello di voler pretendere di fare la guida ad altri (39). È lo stesso oggi di quelle guide, spesso religiose, che pretendono di insegnare agli altri, ma senza avere, prima, trovato per loro stessi Cristo come personale Salvatore facendo assegnamento solo sulla loro propria saggezza.
Ma non sono da meno quelle persone che vedono, ma la cui sensibilità è alterata da un corpo estraneo. Una “trave” non giudicata in se stessi li porta a giudicare “la pagliuzza” nell’occhio dell’altro.
L’ipocrisia di questo gesto sta nel fatto che quest’uomo pretende, in un gesto di bontà apparente, di pulire l’occhio del suo vicino.

Per essere un vero discepolo bisogna vedere chiaro nel sentiero, bisogna avere Cristo, la vera luce che illumina ogni uomo (Gv 1:9), davanti a noi per paragonarci a Lui. Allora vedremo i nostri difetti in tutta la loro gravità, potremo giudicarci per esserne liberati. Se, al contrario, ci esaminiamo alla “nostra luce”, saremo disposti a vedere il male nel nostro fratello ed a volerlo aiutare a  liberarsene, senza renderci conto che tolleriamo in noi stessi cose ben peggiori.

Se la conoscenza, che possiamo avere della verità, la usiamo solo per giudicare i nostri fratelli, dimostreremo di essere ipocriti e senza  cuore.

Esaminiamo, dunque, noi stessi (1 Co 11:31) per togliere, prima di tutto dai nostri occhi, tutto ciò che ci potrà impedire di vedere ogni cosa al meglio ed essere “misericordiosi come è misericordioso il Padre” (36).


 D.C.