In un periodo in cui molti credenti sono portati ad occuparsi di problemi che sorgono in mezzo a loro e a tenere la loro mente impegnata in queste cose, c’è il pericolo che la persona di Cristo perda il posto che gli spetta nei cuori. Lo scopo di Satana è sempre quello di distogliere l’anima da Cristo. Egli sa come fare per introdurre altre preoccupazioni che prendano il posto di Cristo e delle “cose di lassù”, le quali dovrebbero occupare i pensieri dei credenti (Col. 3:1-3). Spesso lo Spirito potrebbe dirci, come un tempo alla chiesa di Efeso in Apocalisse: “Hai abbandonato il tuo primo amore”. La fedeltà e l’energia non mancavano a quei credenti; c’erano le “opere”, la “fatica”, la “costanza”; essi non potevano “sopportare i malvagi” e avevano messo alla prova coloro che avevano preso il posto degli apostoli e li avevano trovati bugiardi. Purtroppo, però, avevano “abbandonato il loro primo amore”, e ciò era fatale! Allo stesso modo anche noi possiamo essere attivi sotto molti punti di vista, esperti nei problemi di assemblea, ma se Cristo perde il posto che gli spetta nei nostri cuori, non ci sarà altro che aridità e incapacità. Il risultato sarà l’orgoglio e una buona opinione di noi stessi. Il vero termine di paragone per ogni cosa è invece il pensiero di Cristo.
Fra credenti avvengono delle situazioni che richiedono pazienza e comprensione gli uni per gli altri, poiché siamo ancora sulla terra e commettiamo degli errori; qualche volta non riusciamo a cogliere il pensiero del Signore. Ma quando si tratta di Cristo, della verità della sua persona, o della sua opera e dei suoi risultati, la Scrittura non ammette accomodamenti; bisogna agire con decisione perché accettare compromessi significherebbe venire meno alla lealtà che ad essa è dovuta. Ma creare delle dispute su argomenti che riguardano questioni marginali o differenze di opinioni relative ad affari personali tra credenti, e mettere quelle cose allo stesso livello di un problema che riguarda Cristo, non gli rende l’onore dovuto.
Tutte le altre verità trovano la loro giusta collocazione nella misura in cui si dà a Cristo il posto che gli spetta, vale a dire il primo!.
Prendiamo come esempio le verità relative alla Chiesa o all'assemblea locale che ne è l'espressione. Se esse costituiscono l'oggetto principale dei nostri pensieri, ma le separiamo da Colui che è il Capo della Chiesa e di cui essa “è il corpo”, le svuotiamo di ogni significato e rischiamo di impostare dottrine e regole che non hanno appoggio nella Scrittura; e questo può diventare anche un modo per esaltare noi stessi. Se invece siamo occupati di ciò che la Chiesa è per Cristo e dell'amore infinito che Cristo ha per lei, e di come è impegnato a "lavarla e a purificarla" mediante la Parola, per presentarla a se stesso "senza macchia, senza ruga o altri simili difetti" (Ef. 5:26-27), allora il cuore è portato a considerare ciò che Cristo è, e quali sono i caratteri meravigliosi del suo amore. E alla presenza di quest’amore noi impariamo a capire la nostra nullità!
Parliamo di servizio. Possiamo essere impegnati e attivi nel servizio del Signore, e ciò è buono e corretto; ma se il pensiero di Cristo non è vivente nel nostro cuore, il servizio diventa un lavoro abitudinario, oppure un mezzo che usiamo per far valere noi stessi. E' un servizio per noi stessi, un’opera fatta per noi e non per il Signore.
La stessa cosa si può dire per lo studio della Parola di Dio che è sicuramente molto importante. Ma se ce ne occupiamo in modo intellettuale, esso diventa arido e inefficace; diventa uno studio che piace all’intelligenza e ci spinge a inorgoglirci perché forse acquistiamo più conoscenza di altri. Ma se nella Parola si cerca e si trova Cristo, se ci si impegna ad imparare ciò che piace a Lui, allora l’anima trova nutrimento, e alla presenza della sua grazia ci si rende conto di quanto poco gli assomigliamo. Così, man mano che ci liberiamo del nostro “io”, Cristo diventa sempre più prezioso per la nostra anima.
Anche riguardo all'attesa della venuta del Signore, se l’attaccamento a Cristo non è realmente vivo, essa, che pure è una verità benedetta, diventa una semplice dottrina, una teoria fredda, che non produce alcun effetto pratico nella vita e nel cammino del credente. Solo nel momento in cui Colui che viene è posto davanti al cuore in maniera vivente, sentendolo dire “Sì, vengo presto” l’anima può rispondere “Amen! Vieni, Signore Gesù” (Apoc. 22:20). Se i sentimenti del cuore non sono rivolti a Lui, la mano non sarà sulla maniglia della porta per aprirgli quando verrà!
Quando, alla domenica, ci raduniamo per il culto di adorazione, se i nostri pensieri non sono umilmente e con sincerità occupati di Cristo in tutta la gloria della sua Persona, la lode diventerà un rituale vuoto e abitudinario. Ma se lo amiamo veramente, potremo contemplarlo come Figlio eterno del Padre, e allo stesso tempo come Uomo, pieno di grazia e di verità, perfetta espressione dell'amore di Dio, rivelato in un mondo di peccato e di peccatori. E allora la lode sarà accompagnata da un sentimento di sincera riconoscenza, e il cuore non potrà far altro che spandersi in adorazione davanti a Lui e davanti al Padre che lo ha mandato.
Lo Spirito Santo, del resto, è stato dato con lo scopo di glorificare il nostro Signore, perché il credente comprenda meglio, tramite la Parola, tutta la sua gloria, non solo come Figlio divino ed eterno, la "Parola", il "vero Dio" nei secoli dei secoli, ma anche come Parola diventata carne, umile "Figlio dell’uomo", uomo ubbidiente quaggiù. Per il credente, le verità che riguardano la sua Persona sono più importanti di qualsiasi altra dottrina. Lo Spirito ci porta a contemplarlo nella sua gloria personale come Figlio che è sempre stato nel seno del Padre, come la vita che era "la luce degli uomini", "l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" (Giov. 1:1-4 e 29), e come Messia re d’Israele e Figlio dell’uomo a cui Dio ha sottoposto tutte le cose (Ebrei 2:8). Ma anche a considerarlo come il nostro Sommo Sacerdote che porta sempre i suoi riscattati sul suo cuore e sulle sue spalle, come nostro Avvocato se abbiamo mancato, Egli "il Giusto", sempre presso al Padre per restaurare l’anima tramite l’applicazione della Parola, pronto a lavare i nostri piedi svolgendo in nostro favore questo servizio pieno di tenerezza e di grazia (Ebrei 4:14-16, 1 Giov. 2:1-2).
E’ così che il servizio benedetto dello Spirito Santo fa in ogni pagina della Parola qualche nuovo raggio della gloria e della perfezione del Signore Gesù. Da ciò si deduce che il cuore del credente oltre ad essere completamente attratto da Lui in quanto Salvatore, è anche attirato verso di Lui perché vi trova tutta la sua gioia. E’ ciò che fu sperimentato da Giovanni a Patmos quando passarono successivamente davanti a lui i nomi e le diverse glorie che sono associati alla Persona di Cristo. Questo ci farà apprezzare sempre di più la nostra particolare relazione con Lui che "ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue". L’anima che trova la sua gioia in Cristo non può che esprimere così la sua adorazione: “A lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (Apoc. 1:5-6).
Tale contemplazione di Cristo farebbe sparire ogni egoismo e ogni durezza nelle nostre relazioni fraterne, poiché ci terrebbe occupati di ciò che le nostre sorelle e i nostri fratelli sono per Cristo piuttosto che delle loro eventuali mancanze o dei loro difetti. Essa ci renderebbe gelosi e diligenti riguardo alla gloria di Cristo e alle verità che lo concernono, ma anche pazienti verso i nostri fratelli, come Egli stesso era paziente coi suoi discepoli per i loro errori. Notiamo con che spirito pieno di grazia, che in realtà riflette quello del Signore, l’apostolo Paolo si indirizza all’assemblea di Corinto alla quale aveva ordinato di togliere il male che avevano lasciato sussistere in mezzo a loro: ”Vi ho scritto in grande afflizione e in angoscia di cuore con molte lacrime” (2 Cor. 2:4). Osserviamo anche come parla alle assemblee della Galazia, per le quali il problema del ritorno alla legge mosaica era veramente grave: “Io temo di essermi affaticato invano per voi”, “Sono perplesso a vostro riguardo” (Gal. 4:11). Tuttavia, non potendo sopportare il pensiero che essi abbandonino la verità, aggiunge: “Riguardo a voi, io ho questa fiducia nel Signore...” (5:10).
Uno spirito di giudizio rigido e severo non è lo spirito di Cristo. Esso fa appassire gli affetti, inaridisce l’anima, genera l’orgoglio che non vuole piegarsi e rivela una mancanza di amore e di preoccupazione per le pecore più deboli del buon Pastore, qualità che sarebbero secondo il pensiero e l’esempio di Cristo. Se Egli ha lavato i nostri piedi, anche noi dobbiamo lavarci i piedi l’un l’altro, poiché Egli stesso ci ha dato l’esempio (Giov. 13:15).
Fratelli, consideriamo queste cose poiché ne abbiamo bisogno. Sopportiamo e abbiamo pazienza. Non tralasciamo mai di portarci l’un l’altro nei nostri cuori in preghiera, e ricordiamoci continuamente di ciò che Cristo è per i suoi e di ciò che i suoi sono per Lui.